Carlo Acutis uno di noi. L’esperienza all’Istituto Leone XIII nei ricordi di chi lo ha conosciuto

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Il tempo in cui Carlo Acutis (1991-2006) ha frequentato il liceo classico presso l’Istituto Leone XIII di Milano è stato breve, poco più di un anno, ma corrisponde all’ultimo tratto della sua esistenza; dunque, contiene i passaggi più rilevanti della sua maturazione, come giovane e come testimone della fede in Cristo. Pertanto, la ricostruzione delle parole e delle vicende entro cui è maturato il suo stile di vita è attività necessaria, capace di rivelare aspetti mai sino ad ora presentati. La celebrazione della sua canonizzazione (27 aprile 2025) rappresenta uno stimolo per ricercare le tracce che ha lasciato, in ascolto dei suoi compagni e dei suoi docenti, per scoprire sempre di più una santità contemporanea, che si colloca nella normalità di una vita come quella di tanti giovani ed, insieme, apre a scenari straordinari, che interrogano la coscienza di ciascuno.

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Introduzione

Carlo Acutis è stato uno studente del Liceo Classico dell’Istituto Leone XIII per poco più di un anno scolastico, dal settembre del 2005 al settembre del 2006, nell’ultimo periodo della sua vita terrena.

In questi mesi i giornali hanno scritto di noi come «la scuola di Carlo». La tentazione di «vantarcene», di trovare in lui i segni del «nostro» insegnamento di Gesuiti e in qualche modo di

«appropriarcene» ha potuto a tratti attraversare il nostro cuore. Ci siamo fermati allora a riflettere un poco, domandandoci: chi è stato Carlo per noi? E chi è ancora?

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Una risposta sola ci è sgorgata spontanea e vera: «un dono».

Ed è con grande senso di gratitudine a Dio per questo dono, che abbiamo pensato a questo breve scritto che riguarda un pezzo della sua vita in mezzo a noi.

Ci sono ricordi, ci sono «piccoli episodi», sguardi, sorrisi, intuizioni che spingono oltre la semplice narrazione degli eventi.

Carlo non ci appartiene, non appartiene ai Gesuiti, al Leone XIII, ma abbiamo ricevuto la sua vita e la sua testimonianza come un dono che

«discende dall’alto» (Esercizi Spirituali, n. 237), un regalo semplice che suscita riconoscenza e interpella.

E noi vogliamo raccontarlo così, senza fronzoli, abbellimenti o ricostruzioni agiografiche con l’umiltà con la quale è passato tra noi.

L’autore di questo libretto, il professor Luca Diliberto, ha raccolto le tracce di questa presenza di Carlo al Leone XIII, attraverso l’ascolto di testimonianze di chi lo incontrava quotidianamente, come i suoi professori, e l’esame di alcuni documenti.

Carlo era un ragazzo e uno studente come tanti e così si presentava. Indubbiamente però era una persona speciale, ma questo non lo mostrava ed è emerso dopo. Nessuno avrebbe detto, quando era in vita, che avesse i tratti distintivi di una persona eccezionale, come ancora oggi spesso si ha la percezione che debba essere un santo. E qualcuno che lo ha conosciuto fatica ancora a riconoscerla, questa santità. Comprensibilmente, si può aggiungere.

Credo che oggi ci interroghi e, forse, ci metta in crisi, la normalità della santità di Carlo.

Se infatti la santità è percepita come straordinaria, eccezionale, fuori misura, non per tutti, possiamo tenerla distante e non ci riteniamo né coinvolti né prescelti.

La normalità invece ci riguarda, ci chiama in causa, non ci taglia fuori, ce l’abbiamo accanto. E quindi è probabile che sia anche un po’ scomoda. La storia di Carlo ci fa capire che si può essere santi anche se si è persone normali, e quindi siamo tutti chiamati alla santità.

Sarebbe importante che nei profili di Carlo emergesse questa normalità, che fa dei santi delle persone speciali ma non eccezionali. Che la normalità fosse associata alla santità, perché, come afferma san Paolo, «In lui – Cristo – [Dio] ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,4).

È anche molto bello che questa santità attraversi la vita di un ragazzo adolescente.

A volte, osservando questa età si rischia di usare frasi fatte e immagini stereotipate, a volte trascuriamo o non prendiamo sul serio gli slanci, i sogni, le intuizioni della vita di un adolescente.

Eppure, è proprio in questa età che, in mezzo alle turbolenze della crescita, in mezzo ad alti e

bassi e a mille fragilità, qualcosa di unico e originale emerge; ed è proprio lì che qualcosa dentro di noi lotta contro un mondo che ti vuole fotocopia e può trovare la sua propria unica voce.

È proprio lì, nel cuore più giovane, che la fiducia, il sì alla fede, alla speranza e all’amore, miracolosamente vince la sfiducia, la competizione, l’egoismo, la chiusura.

E così Carlo ci insegna uno sguardo diverso su questa generazione e ci dice che «da qualunque parte la vedi la vita è un’avventura meravigliosa» come è detto nel piccolo video che ha realizzato per promuovere presso i suoi compagni il volontariato.

Ogni giorno in una scuola entrano tanti bambini e ragazzi con tante speranze e tanti sogni.

Chiediamo a Carlo che ci aiuti a vederli, ascoltarli, promuoverli.

Chiediamo a Carlo una fede giovane e ordinaria, e ringraziamo ancora per il dono di una santità giovane «della porta accanto» (Gaudete et exsultate, n. 7).

Ringraziamo per il «nostro» Carlo? No… Ma per il Carlo della Chiesa, per il Carlo di tutti, dono per tutti!

padre Vitangelo Carlo Maria Denora sj – Istituto Leone XIII

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