Alle ore 9 di questa mattina, nellโAula Paolo VI, il Predicatore della Casa Pontificia, lโEm.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la terza Predica di Quaresima.
Tema delle meditazioni quaresimali รจ il seguente: ยซPrendete, mangiate: questo รจ il mio corpoโ โ Una catechesi mistagogica sullโEucaristia.
Le successive prediche di Quaresima avranno luogo il 1ยฐe 8 aprile 2022.
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LA COMUNIONE AL CORPO E AL SANGUE Dl CRISTO
Nella nostra catechesi mistagogica sullโEucaristia โ dopo la Liturgia della Parola e la Consacrazione โ siamo giunti al terzo momento, quello della comunione.
Questo รจ il momento della Messa che piรน chiaramente esprime lโunitร e lโuguaglianza fondamentale di tutti i membri del popolo di Dio, al di sotto di ogni distinzione di rango e di ministero. Fino a quel momento, รจ visibile la distinzione dei ministeri: nella liturgia della Parola, la distinzione tra Chiesa docente e Chiesa discente; nella consacrazione, la distinzione tra sacerdozio ministeriale e sacerdozio universale. Nella comunione nessuna distinzione. La comunione che riceve il semplice battezzato รจ identica a quella che riceve il sacerdote o il vescovo. La comunione eucaristica รจ la proclamazione sacramentale che, nella Chiesa, la koinonia viene prima ed รจ piรน importante della gerarchia.
Riflettiamo sulla comunione eucaristica partendo da un testo di san Paolo:
Il calice della benedizione che noi benediciamo, non รจ forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non รจ forse comunione con il corpo di Cristo? Poichรฉ cโรจ un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dellโunico pane (1 Cor 10, 16-17).
La parola โcorpoโ ricorre due volte nei due versetti, ma con un significato diverso. Nel primo caso (โil pane che noi spezziamo, non รจ forse comunione con il corpo di Cristo?โ), corpo indica il corpo reale di Cristo, nato da Maria, morto e risorto; nel secondo caso (โsiamo un corpo soloโ), corpo indica il corpo mistico, la Chiesa. Non si poteva dire in maniera piรน chiara e piรน sintetica che la comunione eucaristica รจ sempre comunione con Dio e comunione con i fratelli; che cโรจ in essa una dimensione, per cosรฌ dire, verticale e una dimensione orizzontale. Partiamo dalla prima.
LโEucaristia comunione con Cristo
Cerchiamo di approfondire quale genere di comunione si stabilisce tra noi e Cristo nellโEucaristia. In Giovanni 6, 57, Gesรน dice: โCome il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, cosรฌ anche colui che mangia di me vivrร per meโ. La preposizione โperโ (in greco, diร ) ha qui valore causale e finale; indica insieme un movimento di provenienza e un movimento di destinazione. Significa che chi mangia il corpo di Cristo vive โdaโ lui, cioรจ a causa di lui, in forza della vita che proviene da lui, e vive โin vista diโ lui, cioรจ per la sua gloria, il suo amore, il suo Regno. Come Gesรน vive del Padre e per il Padre, cosรฌ, comunicandoci al santo mistero del suo corpo e del suo sangue, noi viviamo di Gesรน e per Gesรน.
Eโ infatti il principio vitale piรน forte che assimila a sรฉ quello meno forte, non viceversa. Eโ il vegetale che assimila il minerale, non viceversa; รจ lโanimale che assimila e il vegetale e il minerale, non viceversa. Cosรฌ ora, sul piano spirituale, รจ il divino che assimila a sรฉ lโumano, non viceversa. Sicchรฉ mentre in tutti gli altri casi รจ colui che mangia che assimila ciรฒ che mangia, qui รจ colui che รจ mangiato che assimila a sรฉ chi lo mangia. A colui che si accosta a riceverlo, Gesรน ripete ciรฒ che un giorno sentรฌ dirsi santโAgostino: โNon sarai tu che assimilerai me a te, ma sarรฒ io che assimilerรฒ te a meโ .
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Un filosofo ateo ha detto: โLโuomo รจ ciรฒ che mangiaโ (F. Feuerbach), intendendo dire che nellโuomo non esiste una differenza qualitativa tra materia e spirito, ma che tutto si riduce alla componente organica e materiale. Un ateo, senza saperlo, ha dato la migliore formulazione di un mistero cristiano. Grazie allโEucaristia, il cristiano รจ veramente ciรฒ che mangia! Scriveva giร , tanto tempo prima di lui, san Leone Magno: โLa nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a farci diventare quello che mangiamoโ
NellโEucaristia non cโรจ dunque solo comunione tra Cristo e noi, ma anche assimilazione; la comunione non รจ solo unione di due corpi, di due menti, di due volontร , ma รจ assimilazione allโunico corpo, lโunica mente e volontร di Cristo. โChi si unisce al Signore forma con lui un solo Spiritoโ (1 Cor 6, 17).
Quella dellโalimentazione โ del mangiare e del bere โ non รจ la sola analogia che abbiamo della comunione eucaristica, anche se insostituibile. Cโรจ qualcosa che essa non puรฒ esprimere, come non lo puรฒ lโanalogia della comunione tra la vite e il tralcio. Queste sono comunioni tra cose, non tra persone. Comunicano, ma non sanno di comunicare. Vorrei insistere su unโaltra analogia che ci puรฒ aiutare a capire la natura della comunione eucaristica in quanto comunione tra persone che sanno e vogliono essere in comunione.
La Lettera agli Efesini dice che il matrimonio umano รจ un simbolo dellโunione tra Cristo e la Chiesa: โPer questo lโuomo lascerร suo padre e sua madre e si unirร alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero รจ grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!โ (Ef 5, 31-33). LโEucaristia โ per usare unโimmagine audace ma vera โ รจ la consumazione del matrimonio tra Cristo e la Chiesa e una vita cristiana senza lโEucaristia รจ un matrimonio rato, ma non consumato. Al momento della comunione, il celebrante esclama: โBeati gli invitati alla cena dellโAgnello!โ (Beati qui ad coenam Agni vocati sunt) e lโApocalisse โ da cui la frase รจ tratta โ dice ancora piรน esplicitamente: โBeati gli invitati alla cena di nozze dellโAgnelloโ (Ap 19,9).
Ora โ sempre secondo san Paolo โ la conseguenza immediata del matrimonio รจ che il corpo (cioรจ tutta la persona) del marito diventa della moglie e, viceversa, il corpo della moglie diventa del marito (cfr. 1 Cor 7, 4). Questo significa che la carne incorruttibile e datrice di vita del Verbo incarnato diventa โmiaโ, ma anche la mia carne, la mia umanitร , diventa di Cristo, รจ fatta propria da lui. NellโEucaristia noi riceviamo il corpo e il sangue di Cristo, ma anche Cristo โriceveโ il nostro corpo e il nostro sangue! Gesรบ, scrive santโIlario di Poitiers, โassume la carne di colui che assume la suaโ . Cristo dice a noi: โPrendi, questo รจ il mio corpoโ, ma anche noi possiamo dire a lui: โPrendi, questo รจ il mio corpoโ.
Cerchiamo ora di capire le conseguenze di tutto ciรฒ. Nella sua vita terrena Gesรน non ha fatto tutte le esperienze umane possibili e immaginabili. Tanto per cominciare, รจ stato un uomo, non una donna: non ha vissuto la condizione di metร dellโumanitร ; non era sposato, non ha sperimentato cosa significa essere unito per la vita a unโaltra creatura, avere figli, o, peggio, perdere dei figli; รจ morto giovane, non ha conosciuto la vecchiaiaโฆ
Ma ora, grazie allโEucaristia, lui fa tutte queste esperienze. Vive nella donna la condizione femminile, nel malato la malattia, nellโanziano lโanzianitร , nel rifugiato la sua precarietร , nel bombardato il suo terroreโฆ Non cโรจ nulla della mia vita che non appartenga a Cristo. Nessuno dovrebbe dire: โAh, Gesรบ non sa cosa vuol dire essere sposato, essere donna, aver perso un figlio, essere malato, essere anziano, essere una persona di colore!โ
Ciรฒ che Cristo non ha potuto vivere โsecondo la carneโ, lo vive e โsperimentaโ ora da risorto โsecondo lo Spiritoโ, grazie alla comunione sponsale della Messa. Aveva compreso il motivo profondo di ciรฒ santa Elisabetta della Trinitร quando scriveva alla propria madre: โLa sposa appartiene allo sposo. Il mio (Sposo) mi ha presa. Vuole che sia per lui unโumanitร aggiuntaโ .
Quale inesauribile motivo di stupore e di consolazione al pensiero che la nostra umanitร diventa lโumanitร di Cristo! Ma anche quale responsabilitร da tutto ciรฒ! Se i miei occhi sono diventati gli occhi di Cristo, la mia bocca quella di Cristo, quale motivo per non permettere al mio sguardo di indugiare su immagini lascive, alla mia lingua di non parlare contro il fratello, al mio corpo di non servire come strumento di peccato. โPrenderรฒ dunque le membra di Cristo e ne farรฒ membra di una prostituta?โ, scriveva con orrore san Paolo ai Corinzi (1 Cor 6, 15).
E tuttavia, non รจ ancora tutto; manca la parte piรน bella. Il corpo della sposa appartiene allo sposo; ma anche il corpo dello sposo appartiene alla sposa. Dal dare si deve passare subito, nella comunione, al ricevere. Ricevere nientemeno che la santitร di Cristo! Dove mai si attuerร , concretamente, nella vita del credente, quel โmeraviglioso scambioโ (admirabile commercium) di cui parla la liturgia, se non si attua al momento della comunione?
Lรฌ abbiamo la possibilitร di dare a Gesรน i nostri stracci sporchi e ricevere da lui il โmanto della giustiziaโ (Is 61, 10). ร scritto infatti che egli โper opera di Dio รจ diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzioneโ (cf 1 Cor 1, 30). Ciรฒ che egli รจ diventato โper noiโ ci รจ destinato, ci appartiene. โPoichรฉ โ scrive il Cabasilas โ noi apparteniamo a Cristo piรน che a noi stessi, avendoci egli ricomprati a caro prezzo (1 Cor 6, 20), inversamente quello che รจ di Cristo ci appartiene piรน che se fosse nostroโ . Bisogna soltanto ricordare una cosa: noi apparteniamo a Cristo per diritto, egli appartiene a noi per grazia!
ร una scoperta capace di mettere le ali alla nostra vita spirituale. Questo รจ il colpo dโaudacia della fede e dovremmo pregare Dio di non permettere che moriamo prima di averlo realizzato.
LโEucaristia, comunione con la Trinitร
Riflettere sullโEucaristia รจ come vedersi spalancare davanti, a mano a mano che si avanza, orizzonti sempre piรน vasti che si aprono uno sullโaltro, a perdita di vista. Lโorizzonte cristologico della comunione che abbiamo contemplato fin qui si apre infatti su un orizzonte trinitario. In altre parole, attraverso la comunione con Cristo noi entriamo in comunione con tutta la Trinitร . Nella sua โpreghiera sacerdotaleโ, Gesรน dice al Padre: โChe siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in meโ (Gv 17, 23). Quelle parole: โIo in loro e tu in meโ, significano che Gesรน รจ in noi e che in Gesรน cโรจ il Padre. Non si puรฒ, perciรฒ, ricevere il Figlio, senza ricevere, con lui, anche il Padre. La parola di Cristo: โChi vede me vede il Padreโ (Gv 14, 9) significa anche โchi riceve me riceve il Padreโ.
Il motivo ultimo di ciรฒ รจ che Padre, Figlio e Spirito Santo sono unโunica e inseparabile natura divina, sono โuna cosa solaโ. Scrive, a questo proposito, santโIlario di Poitiers: โNoi siamo uniti a Cristo che รจ inseparabile dal Padre. Egli, pur rimanendo nel Padre, resta unito a noi; cosรฌ anche noi arriviamo allโunitร con il Padre. Infatti, Cristo รจ nel Padre connaturalmente, in quanto da lui generato; ma, in certo modo, anche noi attraverso Cristo, siamo connaturalmente nel Padre. Egli vive in virtรน del Padre e noi viviamo in virtรน della sua umanitร โ .
Ciรฒ che si dice del Padre vale anche dello Spirito Santo. NellโEucaristia si ha una replica sacramentale di ciรฒ che รจ avvenuto storicamente nella vita terrena di Cristo. Al momento della sua nascita terrena, รจ lo Spirito Santo che dona al mondo il Cristo (Maria, infatti, concepรฌ per opera dello Spirito Santo!); al momento della morte, รจ Cristo che dona al mondo lo Spirito Santo: morendo, egli โemise lo Spiritoโ. Similmente, nellโEucaristia, al momento della consacrazione รจ lo Spirito Santo che ci dona Gesรน, poichรฉ รจ per la sua azione che il pane si trasforma nel corpo di Cristo; al momento della comunione รจ Cristo che, venendo in noi, ci dona lo Spirito Santo.
SantโIreneo (che finalmente possiamo salutare come Dottore della Chiesa!) dice che lo Spirito Santo รจ โla nostra stessa comunione con Cristoโ . Nella comunione Gesรน viene a noi come colui che dona lo Spirito. Non come colui che un giorno, tanto tempo fa, diede lo Spirito, ma come colui che ora, consumato il suo sacrificio sullโaltare, di nuovo, โemette lo Spiritoโ (cf Gv 19, 30).
Tutto questo che ho detto sulla Trinitร e lโEucaristia รจ riassunto visivamente nellโicona ortodossa di Rublev dei tre Angeli intorno allโaltare. Tutta la Trinitร ci dona lโEucaristia e si dona a noi nellโEucaristia. LโEucaristia non รจ solo la nostra Pasqua quotidiana; รจ anche la nostra Pentecoste quotidiana!
La comunione degli uni con gli altri
Da queste altezze vertiginose, torniamo adesso sulla terra e passiamo alla seconda dimensione della comunione eucaristica: la comunione con il corpo di Cristo che รจ la Chiesa. Richiamiamo alla mente la parola dellโApostolo: โPoichรฉ cโรจ un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dellโunico paneโ.
Sviluppando un pensiero giร abbozzato nella Didachรจ, santโAgostino vede una analogia nel modo in cui si formano i due corpi di Cristo: quello eucaristico e quello ecclesiale. Nel caso dellโEucaristia, abbiamo il grano dapprima disperso sui colli, che trebbiato, macinato, impastato in acqua e cotto al fuoco diventa il pane che arriva sullโaltare; nel caso della Chiesa, abbiamo la moltitudine delle persone che riunite dalla predicazione evangelica, macinate dai digiuni e dalla penitenza, impastate in acqua nel battesimo e cotte al fuoco dello Spirito, formano il corpo che รจ la Chiesa.
Immediatamente ci viene incontro, a questo proposito, la parola di Cristo: โSe dunque tu presenti la tua offerta allโaltare e lรฌ ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lรฌ il tuo dono davanti allโaltare, vaโ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo donoโ (Mt 5, 23-24). Se tu vai a ricevere la comunione, ma hai offeso un fratello e non ti sei riconciliato, nutri rancore, tu somigli โ diceva ancora santโAgostino al popolo โ a una persona che vede arrivare un amico che non vede da anni. Corre a incontrarlo, si alza sulla punta dei piedi per baciarlo sulla fronteโฆ Ma nel fare questo non si accorge che gli sta calpestando i piedi con scarpe chiodate . I fratelli e le sorelle sono piedi di Gesรน che ancora cammina sulla terra.
Comunione con i poveri
Questo vale in modo speciale nei riguardi dei poveri, degli afflitti, degli emarginati. Colui che ha detto del pane: โQuesto รจ il mio corpoโ, lo ha detto anche del povero. Lo ha detto quando, parlando di ciรฒ che si รจ fatto per lโaffamato, lโassetato, il prigioniero e il nudo, ha dichiarato solennemente: โLo avete fatto a me!โ. Questo รจ come dire: โIo ero lโaffamato, io ero lโassetato, io ero lo straniero, il malato, il prigionieroโ (cf Mt 25, 35 ss.). Ho ricordato altre volte il momento in cui questa veritร quasi esplose dentro di me. Ero in missione in un paese molto povero. Attraversando le vie della capitale vedevo dappertutto bambini coperti da pochi stracci sporchi, che correvano dietro i camion delle immondizie per cercare qualcosa da mangiare. A un certo momento era come se Gesรน diceva a me: โGuarda bene: quello รจ il mio corpo!โ. Cโera da averne il fiato mozzo.
La sorella del grande filosofo Blaise Pascal riferisce questo fatto relativo al fratello. Nella sua ultima malattia, non riusciva a trattenere nulla di quello che mangiava e per questo non gli permettevano di ricevere il viatico che insistentemente chiedeva. Allora disse: โSe non potete darmi lโEucaristia, fate almeno entrare un povero nella mia stanza. Se non posso comunicare con il Capo, voglio almeno comunicare con il suo corpoโ .
Lโunico impedimento a ricevere la comunione che san Paolo nomina esplicitamente รจ il fatto che, nellโassemblea, โuno รจ affamato e un altro ubriacoโ: โQuando dunque vi radunate insieme, il vostro non รจ piรน un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e cosรฌ uno ha fame, lโaltro รจ ubriacoโ (1 Cor 11, 20-21). Dire โquesto non รจ un mangiare la cena del Signoreโ รจ come dire: la vostra non รจ piรน una vera Eucaristia! ร unโaffermazione forte, anche da un punto di vista teologico, alla quale non prestiamo forse abbastanza attenzione.
Al giorno dโoggi, la situazione in cui uno ha fame e un altro scoppia di cibo non รจ piรน un problema locale, ma mondiale. Non ci puรฒ essere niente in comune tra la cena del Signore e il pranzo del ricco epulone, dove il padrone banchetta lautamente, ignorando il povero che sta fuori della porta (cf Lc 16, 19 ss.). La preoccupazione di condividere ciรฒ che si ha con chi รจ nel bisogno, vicini e lontani, deve essere parte integrante della nostra vita eucaristica.
Non cโรจ nessuno che, volendo, non possa, durante la settimana, compiere uno di quei gesti di cui Gesรน dice: โLo avete fatto a meโ. Condividere non significa semplicemente โdare qualcosaโ: pane, vestito, ospitalitร ; significa anche visitare qualcuno: un prigioniero, un malato, un anziano solo. Non รจ dare solo del proprio denaro, ma anche del proprio tempo. Il povero e il sofferente hanno bisogno di solidarietร e di amore, non meno che di pane e vestito, soprattutto in questo tempo di isolamento imposto dalla pandemia.
Gesรน ha detto: โI poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete meโ (Mt 26, 11). Questo รจ vero anche nel senso che non sempre possiamo ricevere il corpo di Cristo nellโEucaristia e anche quando lo riceviamo, ciรฒ non dura che pochi minuti, mentre possiamo sempre riceverlo nei poveri. Qui non ci sono limiti, si richiede solo che lo vogliamo. I poveri li abbiamo sempre a portata di mano. Ogni volta che incontriamo qualcuno che soffre, specie se si tratta di certe forme estreme di sofferenza, se stiamo attenti, udremo, con gli orecchi della fede, la parola di Cristo: โQuesto รจ il mio corpo!โ.
Concludo con una piccola storia che ho letto da qualche parte. Un uomo vede una bambina denutrita, scalza e tremante di freddo e grida a Dio quasi con rabbia: โO Dio perchรฉ non fai qualcosa per quella bambina?โ. Dio gli risponde: โCerto che ho fatto qualcosa per quella bambina: ho fatto te!
Che Dio ci aiuti a ricordarcelo al momento giusto.
1.Cf Agostino, Confessioni, VII, 10.
2.Leone Magno, Sermone 12 sulla Passione, 7 (CCL 138A, p. 388).
3.Ilario di Poitiers, De Trinitate, 8, 16 (PL 10, 248): โEius tantum in se adsumptam habens carnem, qui suam sumpseritโ.
4.Elisabetta della Trinitร , Lettera 261, alla mamma (in Scritti, Roma 1967, p. 457).
5.N. Cabasilas, Vita in Cristo, IV, 6 (PG 150, 613).
6.Ilario, De Trinitate, VIII, 13-16 (PL 10, 246 ss).
7.Ireneo, Adversus haereses, III, 24, 1.
8.Agostino, Sermo Denis 6 (PL 46, 834 s.).
9.Cf. S. Agostino, Commento alla Prima Lettera di Giovanni, 10,8.
10.Vita di Pascal, in B. Pascal, Oeuvres complรจtes, Parigi 1954, pp. 3 ss.
Fonte: http://www.cantalamessa.org/?p=4010
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