Card. Raniero Cantalamessa โ€“ Terza Predica di Quaresima in Vaticano โ€“ 12 Marzo 2021

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Alle ore 9 di questa mattina, nellโ€™ Aula Paolo VI , il Predicatore della Casa Pontificia, lโ€™Em.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima Predica di Quaresima.

Tema delle meditazioni quaresimali รจ il seguente: ยซVoi che dite che io sia?ยป (Matteo 16,15) โ€“ Il dogma cristologico, fonte di luce e ispirazione.

La successiva e ultima predica di Quaresima avrร  luogo venerdรฌ 26 marzo.

Leggi il testo della predica

MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA? โ€“ GESUโ€™ CRISTO VERO DIO

Richiamo brevemente il tema e lo spirito di queste meditazioni quaresimali. Ci siamo proposti di reagire alla tendenza diffusissima di parlare della Chiesa โ€œetsi Christus non dareturโ€, come se Cristo non esistesse, come se si potesse capire tutto di essa, prescindendo da lui. Ci siamo proposti, perรฒ, di reagire a ciรฒ in un modo diverso dal solito: non cercando di convincere di errore il mondo e i suoi mezzi di comunicazione, ma rinnovando e intensificando la nostra fede in Cristo. Non in chiave apologetica, ma spirituale.
Per parlare di Cristo abbiamo scelto la via piรน sicura che รจ quella del dogma: Cristo vero uomo, Cristo vero Dio, Cristo una sola persona. Quella del dogma รจ una via tuttโ€™altro che vecchia e sorpassata. โ€œLa terminologia dommatica della Chiesa primitiva โ€“ ha scritto Kierkegaard, uno dei massimi rappresentanti del pensiero moderno esistenziale โ€“ รจ come un castello fatato, dove riposano in un sonno profondo i prรฌncipi e le principesse piรน leggiadre. Basta soltanto svegliarli, perchรฉ balzino in piedi in tutta la loro gloriaโ€ .
Ecco, si tratta proprio di questo: di risvegliare i dogmi, di infondere in essi vita, come quando lo Spirito entrรฒ nelle ossa inaridite viste da Ezechiele ed esse โ€œritornarono in vita e si alzarono in piediโ€ (Ez 37, 10). La volta scorsa abbiamo cercato di fare questo, nei confronti del dogma di Gesรบ โ€œvero uomoโ€; oggi vogliamo farlo con il dogma di Cristo โ€œvero Dioโ€.

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Il dogma di Cristo โ€œvero Dioโ€

Nellโ€™anno 111 o 112 dopo Cristo, Plinio il Giovane, governatore della Bitinia e del Ponto, scrisse una lettera allโ€™imperatore Traiano, chiedendogli indicazioni su come comportarsi nei processi conto i cristiani. Secondo le informazioni prese โ€“scrive allโ€™imperatore โ€“ โ€œtutta la loro colpa o errore consisteva nellโ€™essere soliti riunirsi in un giorno stabilito prima dellโ€™alba e intonare, a cori alterni, un inno a Cristo come a un Dioโ€ : carmen Christo quasi Deo dicere. Siamo in Asia Minore, a pochi anni dalla morte dellโ€™ultimo apostolo, Giovanni, e i cristiani, nella loro liturgia, proclamano giร  la divinitร  di Cristo! La fede nella divinitร  di Cristo nasce col nascere della Chiesa.
Ma che ne รจ oggi di tale fede? Facciamo, anzitutto, una ricostruzione per sommi capi della storia del dogma della divinitร  di Cristo. Esso fu sancito solennemente nel concilio di Nicea del 325 con le parole che ripetiamo nel Credo: โ€œ Credo in un solo Signore Gesรบ Cristoโ€ฆDio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padreโ€. Al di lร  dei termini usati, il senso profondo della definizione di Nicea โ€“ come si deduce da santโ€™Atanasio che ne fu il testimone e lโ€™interprete piรน autorevole โ€“ era che in ogni lingua e in ogni epoca Cristo deve essere riconosciuto Dio nel senso piรน forte e piรน alto che la parola Dio ha in tale lingua e cultura, e non in qualche altro senso derivato e secondario.
Ci volle quasi un secolo di assestamento prima che questa veritร  fosse recepita, nella sua radicalitร , dallโ€™intera cristianitร . Una volta superati i rigurgiti di arianesimo dovuti allโ€™arrivo di popoli barbari che avevano ricevuto la prima evangelizzazione dagli eretici (Goti, Visigoti e Longobardi), il dogma divenne patrimonio pacifico di tutta la cristianitร , sia orientale che occidentale.

La Riforma protestante lo mantenne intatto e anzi ne accrebbe la centralitร ; inserรฌ tuttavia in esso un elemento che piรน tardi darร  adito a sviluppi negativi. Per reagire al formalismo e al nominalismo che riduceva i dogmi a esercizi di virtuosismo speculativo, i riformatori protestanti affermano: โ€œConoscere Cristo significa riconoscere i suoi benefici, non indagare le sue nature e i modi dellโ€™incarnazioneโ€ . Il Cristo โ€œper meโ€ diventa piรน importante del Cristo โ€œin sรฉโ€. Alla conoscenza oggettiva, dommatica, si oppone una conoscenza soggettiva, intima; alla testimonianza esterna della Chiesa (e, in certi casi, delle stesse Scritture) su Gesรน, si antepone la โ€œtestimonianza internaโ€ che lo Spirito Santo rende a Gesรน nel cuore di ogni credente.

Lโ€™illuminismo e il razionalismo trovarono in ciรฒ il terreno adatto per la demolizione del dogma. Per Kant, ciรฒ che conta รจ lโ€™ideale morale proposto da Cristo, piรน che la sua persona. La teologia liberale del secolo XIX riduce praticamente il cristianesimo alla sola dimensione etica e in particolare alla esperienza della paternitร  di Dio. Si spoglia il Vangelo di tutto il soprannaturale: miracoli, visioni, risurrezione di Cristo. Il cristianesimo diventa soltanto un sublime ideale morale che puรฒ prescindere dalla divinitร  di Cristo e perfino dalla sua esistenza storica. Gandhi che, purtroppo, aveva conosciuto il cristianesimo in questa versione riduttiva, ha scritto: โ€œNon mi importerebbe nemmeno se qualcuno dimostrasse che lโ€™uomo Gesรน in realtร  non visse mai e che quanto si legge nei vangeli non รจ che frutto dellโ€™immaginazione dellโ€™autore. Perchรฉ il sermone della montagna resterebbe pur sempre vero ai miei occhiโ€ .
La versione a noi piรน vicina di questa tendenza riduttiva del cristianesimo รจ quella resa popolare da Bultmann, in nome della de-mitologizzazione: โ€œLa formula โ€˜Cristo รจ Dioโ€™ โ€“egli scrive โ€“ รจ falsa in ogni senso, quando โ€˜Dioโ€™ viene considerato come essere oggettivabile, sia essa intesa secondo Ario o secondo Nicea, in senso ortodosso o liberale. Essa รจ corretta se โ€˜Dioโ€™ viene inteso come lโ€™evento dellโ€™attuazione divinaโ€ . In parole meno velate: Cristo non รจ Dio, ma in Cristo cโ€™รจ (o opera) Dio. Siamo ben lontani, come si vede, dal dogma definito a Nicea. Si dice di volere, in questo modo, interpretare il dogma antico con categorie moderne, ma in realtร  non si fa che riproporre, a volte negli stessi termini, soluzioni arcaiche (Paolo di Samosata, Marcello di Ancira, Fotino) giร  valutate e rifiutate dalla coscienza della Chiesa.
Se dalle discussioni dei teologi si passa a ciรฒ che, della divinitร  di Cristo, stando a diverse inchieste, pensa la gente ordinaria nei paesi cristiani, si rimane senza parole. In seguito a un concilio locale dominato dagli oppositori di Nicea (Rimini, anno 359), san Girolamo scrisse: Il mondo intero โ€œemise un gemito e si stupรฌ di ritrovarsi arianoโ€ . Noi avremmo molta piรน ragione di lui di gemere e di fare nostra oggi la sua esclamazione di stupore.

Cristo โ€œvero Dioโ€ nei Vangeli

Ma adesso dobbiamo tener fede al nostro intento. Lasciamo perciรฒ da parte quello che pensa il mondo e cerchiamo di risvegliare in noi la fede nella divinitร  di Cristo. Una fede luminosa, non sfuocata, oggettiva e soggettiva insieme, cioรจ non solo creduta, ma anche vissuta. Anche oggi, a Gesรบ non interessa tanto quello che dice di lui โ€œla genteโ€, ma quello che dicono di lui i suoi discepoli. La domanda รจ perennemente nellโ€™aria: โ€œMa voi chi dite che io sia?โ€ (M 16, 15). รˆ ad essa che vogliamo cercare di rispondere in questa meditazione.
Partiamo proprio dai vangeli. Nei sinottici la divinitร  di Cristo non รจ mai dichiarata apertamente, ma รจ continuamente sottintesa. Ripensiamo ad alcuni detti di Gesรบ: โ€œIl Figlio dellโ€™uomo ha il potere in terra di rimettere i peccatiโ€ (Mt 9,6); โ€œNessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio (Mt 11, 27); โ€œI cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passerannoโ€ (un detto, questo, presente identico in tutti e tre i Sinottici) โ€œIl Figlio dellโ€™uomo รจ signore anche del sabatoโ€ (Mc 2, 28); โ€œQuando il Figlio dellโ€™uomo verrร  nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederร  sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerร  gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capreโ€ (Mt 25, 31-32). Chi, se non Dio, puรฒ rimettere i peccati in nome proprio e proclamarsi giudice finale dellโ€™umanitร  e della storia?
Come basta un capello o una goccia di saliva per ricostruire il DNA di una persona, cosรฌ basta una sola riga del Vangelo, letta senza preconcetti, per ricostruire il DNA di Gesรบ, per scoprire ciรฒ che egli pensava di se stesso, ma non poteva dire apertamente per non essere frainteso. La trascendenza divina di Cristo trasuda letteralmente da ogni pagina del Vangelo.
Ma รจ soprattutto Giovanni che ha fatto della divinitร  di Cristo lo scopo primario del suo vangelo, il tema che tutto unifica. Egli conclude il suo vangelo dicendo: โ€œ Questi [segni] sono stati scritti perchรฉ crediate che Gesรน รจ il Cristo, il Figlio di Dio, e perchรฉ, credendo, abbiate la vita nel suo nomeโ€ (Gv 20,31), e conclude la sua Prima Lettera quasi con le stesse parole: โ€œQuesto vi ho scritto perchรฉ sappiate che possedete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dioโ€ (l Gv 5,13).

Un giorno di tanti anni fa celebravo la Messa in un monastero di clausura. Il brano evangelico della liturgia era la pagina di Giovanni in cui Gesรน pronuncia ripetutamente il suo โ€œIo sono โ€œ: โ€œSe non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccatiโ€ฆ Quando avrete innalzato il Figlio dellโ€™uomo, allora saprete che Io Sono โ€ฆ Prima che Abramo fosse, Io Sonoโ€ (Gv 8,24.28.58). Il fatto che le parole โ€œIo Sono, contrariamente a ogni regola grammaticale, nel lezionario fossero scritte con due maiuscole, unito certamente a qualche altra causa piรน misteriosa, fece scoccare una scintilla. Quella parola โ€œ esploseโ€ dentro di me.

Io sapevo, dai miei studi, che nel vangelo di Giovanni cโ€™erano numerosi โ€œIo Sono โ€œ, ego eimi, pronunciati da Gesรบ. Sapevo che questo era un fatto importante per la sua cristologia; che con essi Gesรบ si attribuisce il nome che in Isaia Dio rivendica per sรฉ: โ€œPerchรฉ mi conosciate e crediate in me e comprendiate che Io sonoโ€ (Is 43, 10). Ma la mia era una conoscenza libresca e inerte e non suscitava emozioni particolari. Quel giorno era tuttโ€™unโ€™altra cosa. Si era nel tempo pasquale e sembrava che il Risorto stesso proclamasse il suo nome divino al cospetto del cielo e della terra. Il suo โ€œIo Sono! โ€œ illuminava e riempiva lโ€™universo. Io mi sentivo piccolo piccolo, come uno che assiste, per caso e in disparte, a una scena improvvisa e straordinaria, o a un grandioso spettacolo della natura. Non si trattรฒ che di una semplice emozione di fede, niente di piรน, ma di quelle che, passate, lasciano nel cuore una impronta indelebile.
Cโ€™รจ da rimanere stupiti di fronte allโ€™impresa che lo Spirito di Gesรน ha permesso a Giovanni di portare a termine. Egli ha abbracciato i temi, i simboli, le attese, tutto ciรฒ, insomma, che cโ€™era di religiosamente vivo, sia nel mondo giudaico che in quello ellenistico, facendo servire tutto questo a unโ€™unica idea, meglio, a unโ€™unica persona: Gesรน Cristo รจ il Figlio di Dio e il Salvatore del mondo. Ha imparato la lingua degli uomini del suo tempo, per gridare in essa, con tutte le proprie forze, lโ€™unica veritร  che salva, la Parola per eccellenza, โ€œ il Verbo โ€œ.
Solo una certezza rivelata, che ha dietro di sรฉ lโ€™autoritร  e la forza stessa di Dio e del suo Spirito, poteva dispiegarsi in un libro con tale insistenza e coerenza, arrivando, da mille punti diversi, sempre alla stessa conclusione: e cioรจ allโ€™identitร  totale di natura fra il Padre e il Figlio,: โ€œIo e il Padre siamo una cosa solaโ€ (Gv 10,30). Una โ€œsola cosaโ€ (neutro unum), si badi bene, non una sola persona (maschile unus)!

โ€œCorde creditur: si crede con il cuoreโ€

Come per lโ€™umanitร , anche a proposito della divinitร  di Cristo, adesso possiamo mostrare come il dogma antico, oggettivo e ontologico, รจ capace di accogliere e valorizzare il dato moderno soggettivo e funzionale, mentre, abbiamo visto, รจ stato tanto difficile il contrario. Alla logica dialettica dellโ€™ โ€aut- autโ€, opponiamo quella cattolica dellโ€™ โ€œet-etโ€.
Nessuna delle cosiddette โ€œcristologie dal bassoโ€, quelle, per intenderci, che partono dal Gesรน โ€œprofeta escatologico e sommo rivelatore del Padreโ€, oppure da Gesรบ โ€œlโ€™uomo in cui la coscienza di Dio ha attinto il suo massimo livelloโ€ (F. Schleiermacher), oppure dal Cristo โ€œpersona umana in cui sussiste la natura divinaโ€ (non persona divina che sussiste in una natura umana!): nessuna, ripeto, di queste cristologie รจ riuscita ad elevarsi fino ad abbracciare il vero mistero della fede cristiana e salvaguardare la piena divinitร  di Cristo. La ragione dellโ€™insuccesso รจ spiegata da Gesรบ e fu ben compresa da Giovanni che la riferisce: โ€œNessuno รจ mai salito al cielo, se non colui che รจ disceso dal cieloโ€ (Gv 3, 13). รˆ possibile infatti a Dio, se lo vuole, farsi uomo, ma non รจ possibile allโ€™uomo farsi Dio!
Con queste premesse possiamo tornare a valorizzare tutta la dimensione soggettiva e personalistica del dogma: il Cristo โ€œper meโ€ messo in primo piano dai Riformatori, il Cristo conosciuto dai suoi benefici e dalla interiore testimonianza dello Spirito. Questo รจ il frutto migliore dellโ€™ecumenismo, quello delle โ€œdifferenze riconciliateโ€, non contrapposte, come dice il Santo Padre. Non รจ una concessione โ€œpro bono pacisโ€, ma un bisogno e un arricchimento reciproco. Noi tutti abbiamo bisogno di dare alla nostra fede questa dimensione personale, intima, perchรฉ essa non sia morta ripetizione di formule antiche o moderne. Su questo punto, siamo tutti chiamati in causa: cattolici, ortodossi e protestanti allo stesso modo.

San Paolo dice che โ€œcon il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezzaโ€ (Rm 10,10). โ€œ รˆ dalle radici del cuore che sale la fedeโ€, commenta Agostino . Nella visione cattolica, come in quella ortodossa e anche, in seguito, in quella protestante, la professione della retta fede, cioรจ il secondo momento di questo processo, ha preso spesso tanto rilievo da lasciare nellโ€™ombra quel primo momento che si svolge nelle profonditร  recondite del cuore. Tutti i trattati De fide, scritti dopo Nicea, trattano dellโ€™ortodossia della fede; oggi si direbbe della fides quae, non della fides qua, delle cose da credere, non dellโ€™atto personale del credere.
Questo primo atto della fede, proprio perchรฉ si svolge nel cuore, รจ un atto โ€œsingolare โ€œ, che non puรฒ essere fatto che dal singolo, in totale solitudine con Dio. Nel vangelo di Giovanni sentiamo Gesรน porre ripetutamente la domanda: โ€œ Credi tu? โ€œ. (Gv 9,35; (Gv 11,26); e ogni volta questa domanda suscita dal cuore il grido della fede: โ€œ Sรฌ, Signore, io credo! โ€œ. Anche il simbolo di fede della Chiesa comincia cosรฌ, al singolare: โ€œIo credoโ€œ, non: โ€œNoi crediamoโ€œ.
Dobbiamo accettare anche noi di passare attraverso questo momento, di subire questo esame. Se alla domanda di Gesรบ: โ€œCredi tu?โ€, uno risponde subito, senza neppure pensarci: โ€œCerto che credoโ€ e trova perfino strano che venga rivolta una simile domanda a un credente, a un sacerdote o a un vescovo, probabilmente vuol dire che non ha ancora scoperto cosa significa veramente credere, non ha mai provato la grande vertigine della ragione che precede lโ€™atto di fede. La divinitร  di Cristo รจ la cima piรน alta, lโ€™Everest, della fede. Credere in un Dio nato in una stalla e morto su una croce! Questo รจ molto piรน esigente che credere in un Dio lontano che ognuno puรฒ raffigurarsi a proprio piacimento.
Bisogna cominciare con demolire in noi credenti, e in noi uomini di Chiesa, la falsa persuasione che quanto alla fede siamo a posto e che, semmai, dobbiamo lavorare ancora sulla caritร . Chissร  che non sia un bene, per un poโ€™ di tempo, non volere dimostrare niente a nessuno, ma interiorizzare la fede, riscoprire le sue radici nel cuore!

Dobbiamo ricreare le condizioni per una ripresa della fede nella divinitร  di Cristo. Riprodurre lo slancio di fede da cui nacque il dogma di Nicea. Il corpo della Chiesa ha prodotto una volta uno sforzo supremo, con cui si รจ elevato, nella fede, al di sopra di tutti i sistemi umani e di tutte le resistenze della ragione. La marea della fede ha raggiunto una volta un livello massimo e ne รจ rimasto il segno sulla roccia. Bisogna perรฒ che si ripeta la sollevazione, non basta il segno. Non basta ripetere il Credo di Nicea; occorre rinnovare lo slancio di fede che si ebbe allora nella divinitร  di Cristo e di cui non cโ€™รจ stato piรน lโ€™eguale nei secoli.
La prassi della Chiesa (e non solo della Chiesa cattolica!) prevede una professione di fede da parte del candidato, prima di ricevere il mandato di insegnare teologia. Questa professione di fede ha comportato spesso, oltre la recita del credo, lโ€™impegno a insegnare alcune cose precise โ€“ e a non insegnarne altre altrettanto precise โ€“ che in quel momento della storia erano temi particolarmente sensibili. Si pensi al giuramento antimodernista.
A me pare che si dovrebbe accertare soprattutto una cosa: che chi insegna teologia ai futuri ministri del Vangelo creda fermamente nella divinitร  di Cristo. Accertare ciรฒ mediante un franco e fraterno discernimento, meglio che con un giuramento. Con i giuramenti non si รจ ottenuto mai nulla. Cโ€™รจ stata tutta una generazione di sacerdoti dopo il concilio (non certo a causa del concilio!) che รจ uscita dal seminario e si รจ presentata allโ€™ordinazione con idee assai confuse e sfocate su chi รจ il Gesรบ che dovevano annunciare al popolo e rendere presente sullโ€™altare nella Messa. Molte crisi sacerdotali, sono convinto, sono partite, e partono, da qui.

Ecumenismo ed evangelizzazione

Quello che abbiamo messo in luce ha importanti conseguenze anche per lโ€™ecumenismo cristiano. Esistono infatti due ecumenismi possibili: quello della fede e quello dellโ€™incredulitร ; uno che riunisce tutti quelli che credono che Gesรน รจ il Figlio di Dio e che Dio รจ Padre Figlio e Spirito Santo, e uno che riunisce tutti quelli che si limitano a โ€œ interpretareโ€ (ognuno a modo proprio e secondo il proprio sistema filosofico) queste cose. Un ecumenismo in cui, al limite tutti credono le stesse cose perchรฉ nessuno crede piรน veramente a niente, nel senso forte della parola โ€œ credere โ€œ.

La fondamentale distinzione degli spiriti, nellโ€™ambito della fede, non รจ quella che distingue tra loro cattolici, ortodossi e protestanti, ma quella che distingue coloro che credono nel Cristo Figlio di Dio e coloro che non vi credono; secondo san Paolo โ€œTutti quelli che invocano il nome del Signore nostro Gesรบ Cristo, Signore nostro e loroโ€ (1 Cor 1,2) e quelli che non lo invocano.

Cโ€™รจ unโ€™unitร  nuova e invisibile che si va formando e che passa attraverso le diverse Chiese. Questa unitร  invisibile e spirituale ha vitale bisogno, a sua volta, del discernimento della teologia e del magistero, per non cadere nel pericolo del fondamentalismo o di un soggettivismo sfrenato. Ma una volta intravista e superata questa tentazione, si tratta di un fatto che non ci si puรฒ permettere piรน di ignorare.

Il vero โ€œecumenismo spiritualeโ€ non consiste soltanto nel pregare per lโ€™unitร  dei cristiani, ma nel condividere la stessa esperienza dello Spirito Santo. Consiste in quella che Agostino chiama โ€œla societas sanctorumโ€, la comunione dei santi, che a volte, dolorosamente, puรฒ non coincidere con la โ€œcommunio sacramentorumโ€, cioรจ con la condivisione degli stessi segni sacramentali.

La fede nella divinitร  รจ importante soprattutto in vista dellโ€™evangelizzazione. Esistono edifici o strutture metalliche cosรฌ fatti che se si tocca un certo punto, o si leva una certa pietra, tutto crolla. Tale รจ lโ€™edificio della fede cristiana, e questa sua โ€œpietra angolareโ€ รจ la divinitร  di Cristo. Tolta questa, tutto si sfalda e crolla, a cominciare dalla fede nella Trinitร . Da chi รจ formata la Trinitร  se Cristo non รจ Dio? Non per nulla, appena si mette tra parentesi la divinitร  di Cristo, si mette tra parentesi anche la Trinitร .

Santโ€™ Agostino diceva: โ€œNon รจ gran cosa credere che Gesรน รจ morto; questo lo credono anche i pagani e i reprobi; tutti lo credono. Ma รจ cosa veramente grande credere che egli รจ risortoโ€. E concludeva: โ€œLa fede dei cristiani รจ la risurrezione di Cristoโ€ . La stessa cosa si deve dire dellโ€™umanitร  e divinitร  di Cristo, di cui morte e risurrezione sono le rispettive manifestazioni. Tutti credono che Gesรน sia uomo; ciรฒ che fa la diversitร  fra credenti e non credenti รจ credere che egli sia anche Dio. La fede dei cristiani รจ la divinitร  di Cristo!

โ€œConoscere Cristo รจ riconoscere i suoi beneficiโ€

โ€œConoscere Cristo รจ riconoscere i suoi beneficiโ€, abbiamo sentito. Terminiamo proprio ricordando alcuni di questi benefici che sono capaci di rispondere ai bisogni profondi dellโ€™uomo dโ€™oggi e di sempre: il bisogno di senso e il rifiuto della morte.

Non รจ vero che lโ€™uomo moderno ha smesso di porsi la domanda sul senso della vita. Qualche anno fa un noto intellettuale ha scritto: โ€œLa religione morirร . Non รจ un auspicio, nรฉ tanto meno una profezia. รˆ giร  un fatto che sta attendendo il suo compimentoโ€ฆ Passata la nostra generazione e forse quella dei nostri figli, nessuno piรน considererร  il bisogno di dare un senso alla vita un problema davvero fondamentaleโ€ฆLa tecnica ha portato la religione al suo crepuscoloโ€ . Certo, non si interroga sul senso ultimo della vita chi se ne รจ dato altriโ€ฆMa quando questi altri scopi, uno dopo lโ€™altro, svaniscono โ€“giovinezza, salute, fama- molti tornano a porsi quella domanda. Se la pongono ancora di piรน in questo tempo di pandemia in cui, chiusi spesso in casa, uomini e donne hanno avuto finalmente il tempo di riflettere e interrogarsi.

Cโ€™รจ un dipinto, tra i piรน famosi dellโ€™arte moderna, che rappresenta visivamente dove porta la convinzione che la vita non ha senso. Su uno sfondo rossastro che ispira angoscia, un uomo attraversa correndo un ponte, sorpassando due individui che sembrano ignari e indifferenti a tutto; ha gli occhi sbarrati; con le mani intorno alla bocca emette un grido e si capisce che รจ un grido di disperazione. Parlo, naturalmente del dipinto โ€œlโ€™Urloโ€ di Edvard Munch.

Gesรบ ha detto: โ€œIo sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerร  nelle tenebreโ€ (Gv 8,12). Chi crede in Cristo ha la possibilitร  di resistere alla grande tentazione del non-senso della vita che porta spesso al suicidio. Chi crede in Cristo non cammina nelle tenebre: sa da dove viene, sa dove va e che cosa deve fare nel frattempo. Soprattutto sa che รจ amato da qualcuno e che questo qualcuno ha dato la vita per dimostraglielo!

Gesรบ ha detto anche: โ€œIo sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrร โ€ (Gv 11, 25). E lโ€™evangelista piรน tardi scriverร  ai cristiani: โ€œQuesto vi ho scritto perchรฉ sappiate che possedete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio [โ€ฆ] Egli รจ il vero Dio e la vita eternaโ€ (1 Gv 5,13.20). Proprio perchรฉ Cristo รจ โ€œvero Dioโ€, รจ anche โ€œvita eternaโ€ e dร  la vita eterna. Questo non ci toglie necessariamente la paura della morte, ma dร  al credente la certezza che la nostra vita non termina con essa.

Ripensiamo a qualcosa di tutto questo quando, la domenica, proclamiamo il secondo articolo del Credo che invito a ripetere ora mentalmente con me:

Credo in un solo Signore, Gesรน Cristo,
unigenito Figlio di Dio,
nato dal Padre prima di tutti i secoli:
Dio da Dio, Luce da Luce,
Dio vero da Dio vero,
generato, non creato,
della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di lui tutte le cose sono state create.

1.Sรธren Kierkegaard, Diario, II, A 110 (anno 1837).
2.Plinio il Giovane, Epistularum liber, X, 96.
3.Filippo Melantone, Loci theologici, in Corpus Reformatorum, Brunsvigae 1854, p. 85.
4.Gandhi, Buddismo, Cristianesimo, Islamismo, Tascabili Newton Compton, Roma, 1993, p. 53.
5.R. Bultmann, Glauben und Verstehen, II, Tรผbingen 1938, p. 258.
6.S. Girolamo, Dialogus contra Luciferianos, 19 (PL 23, 181): ยซ Ingemuit totus orbis et arianum se esse miratus est ยป.
7.Mc 13,31; Mt 24,35; Lc 21,33.
8.S. Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, 26,2 (PL 35,1607).
9.S. Agostino, Enarrationes in Psalmos 120, 6.
10Vedi rivista โ€œ MicroMegaโ€ 2, 2000, pp. 187s.

 

 

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