Card. Raniero Cantalamessa โ€“ Seconda Predica di Quaresima in Vaticano โ€“ 18 Marzo 2022

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Alle ore 9 di questa mattina, nellโ€™Aula Paolo VI, il Predicatore della Casa Pontificia, lโ€™Em.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la seconda Predica di Quaresima.

Tema delle meditazioni quaresimali รจ il seguente: ยซPrendete, mangiate: questo รจ il mio corpoโ€ โ€“ Una catechesi mistagogica sullโ€™Eucaristia.

Le successive prediche di Quaresima avranno luogo venerdรฌ 25 marzo e il 1ยฐe 8 aprile 2022.

March 18 2022, Second Lenten Sermon preached by Cardinal Raniero Cantalamessa

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Leggi il testo della predica

Continuiamo le nostre riflessioni sul mistero eucaristico. Lโ€™oggetto della catechesi mistagogica di oggi รจ la parte centrale della Messa, la Preghiera eucaristica, o Anafora, che ha al suo centro la consacrazione. Facciamo su di essa due tipi di considerazione: una liturgica e rituale, lโ€™altra teologica ed esistenziale.

Dal punto di vista rituale e liturgico, abbiamo oggi una risorsa nuova che non avevano i Padri della Chiesa e neppure i dottori medievali. La risorsa nuova di cui disponiamo รจ il riavvicinamento tra cristiani ed ebrei. Fin dai primissimi giorni della Chiesa, diversi fattori storici portarono ad accentuare la differenza tra cristianesimo e giudaismo, fino a contrapporli tra di loro, come fa giร  Ignazio di Antiochia . Distinguersi dagli ebrei โ€“ nella data della Pasqua, nei giorni di digiuno, e in tante altre cose โ€“ diviene una specie di parola dโ€™ordine. Unโ€™accusa spesso rivolta ai propri avversari e agli eretici รจ quella di โ€œgiudaizzareโ€.

La tragedia del popolo ebraico e il nuovo clima di dialogo con lโ€™ebraismo, iniziato dal Concilio Vaticano II, hanno reso possibile una migliore conoscenza della matrice ebraica dellโ€™Eucaristia. Come non si capisce la Pasqua cristiana se non la si considera come il compimento di quello che la Pasqua ebraica preannunciava, cosรฌ non si capisce a fondo lโ€™Eucaristia se non la si vede come il compimento di quello che gli ebrei facevano e dicevano nel corso del loro pasto rituale. Un primo risultato importante di questa svolta รจ stato che oggi nessuno studioso serio avanza piรน lโ€™ipotesi che lโ€™Eucaristia cristiana si spieghi alla luce della cena in voga presso alcuni culti misterici dellโ€™ellenismo, come si รจ tentato di fare per oltre un secolo.

I Padri della Chiesa ritennero le Scritture del popolo ebraico, ma non la loro liturgia, alla quale non avevano piรน modo di accedere, dopo la separazione della Chiesa dalla Sinagoga. Essi perciรฒ utilizzarono le figure contenute nelle Scritture โ€“ lโ€™agnello pasquale, il sacrificio di Isacco, quello di Melchisedec, la manna -, ma non il concreto contesto liturgico in cui il popolo ebraico celebrava tutte queste memorie, e cioรจ il pasto rituale celebrato, una volta lโ€™anno nella cena pasquale (il Seder) e settimanalmente nel culto sinagogale. Il primo nome con cui lโ€™Eucaristia รจ designata nel Nuovo Testamento da Paolo รจ quello di โ€œpasto del Signoreโ€ (kuriakon deipnon) (1 Cor 11, 20), con evidente riferimento al pasto ebraico da cui si differenzia ormai per la fede in Gesรน. Lโ€™Eucaristia รจ il sacramento della continuitร  tra Antico e Nuovo Testamento, tra ebraismo e cristianesimo.

Lโ€™Eucaristia e la Berakah ebraica

รˆ questa la prospettiva in cui si colloca Benedetto XVI nel capitolo dedicato allโ€™istituzione dellโ€™Eucaristia nel suo secondo volume su Gesรน di Nazaret. Seguendo lโ€™opinione ormai prevalente degli studiosi, egli accetta la cronologia giovannea secondo cui lโ€™ultima cena, di cui parla il Quarto Vangelo, non fu una cena pasquale, ma fu un solenne pasto di addio (appunto, lโ€™โ€ultima cenaโ€!) e ritiene che si possa โ€œtracciare lo sviluppo dellโ€™eucharistia cristiana, cioรจ del canone, dalla beraka ebraicaโ€ .
Per varie ragioni culturali e storiche, dalla Scolastica in poi, si รจ cercato di spiegare lโ€™Eucaristia alla luce della filosofia, in particolare delle nozioni aristoteliche di sostanza e di accidenti. Era anche questo un mettere a servizio della fede le conoscenze nuove del momento e, dunque, un imitare il metodo dei Padri. Ai nostri giorni, dobbiamo fare lo stesso con le nuove conoscenze di ordine, questa volta, storiche e liturgiche piรน che filosofiche. Esse hanno il vantaggio di essere le categorie con cui pensava e parlava Gesรบ, che non erano certo i concetti aristotelici di materia e forma, sostanza e accidenti, ma quelle di segno e realtร  e di memoriale.

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Sulla scorta di alcuni studi recenti, soprattutto quello di Louis Bouyer, vorrei cercare di mostrare la vivida luce che cade sullโ€™Eucaristia cristiana quando collochiamo i racconti evangelici dellโ€™istituzione sullo sfondo di ciรฒ che sappiamo del pasto rituale ebraico. La novitร  del gesto di Gesรน non risulterร  diminuita, ma esaltata al massimo.

Lโ€™anello di congiunzione tra lโ€™antico e il nuovo rito รจ dato dalla Didachรจ, uno scritto dellโ€™era apostolica che possiamo considerare il primo abbozzo di anafora eucaristica. Il rito sinagogale era composto da una serie di preghiere chiamate โ€œberakahโ€ che in greco viene tradotto con โ€œEucarestiaโ€. Allโ€™inizio del pasto, ciascuno a turno prendeva in mano una coppa di vino e, prima di portarla alle labbra, ripeteva una benedizione che la liturgia attuale ci fa ripetere quasi alla lettera al momento dellโ€™offertorio: โ€œSii benedetto, Signore, nostro Dio, Re dei secoli, che ci hai dato questo frutto della viteโ€.

Ma il pasto cominciava ufficialmente solo quando il padre di famiglia, o il capo della comunitร , aveva spezzato il pane che doveva essere distribuito tra i commensali. E, infatti, Gesรน prende il pane, recita la benedizione, lo spezza e lo distribuisce dicendo: โ€œQuesto รจ il mio corpo che รจ dato per voi.โ€ E qui il rito โ€“ che era solo una preparazione- diventa la realtร .

Dopo la benedizione del pane si servivano i piatti consueti. Quando il pranzo sta per finire, i commensali sono pronti per il grande atto rituale che conclude la celebrazione e le dร  il significato piรน profondo. Tutti si lavano le mani, come allโ€™inizio. Finito questo, avendo davanti a se una coppa di vino mescolato con acqua, colui che presiede invita a fare le tre preghiere di ringraziamento: la prima per Dio creatore, la seconda per la liberazione dallโ€™Egitto, la terza perchรฉ continua al presente la sua opera. Conclusa la preghiera, la coppa passava di mano in mano e ciascuno beveva. Questo, il rito antico compiuto tante volte da Gesรน in vita.

Luca dice che dopo aver cenato Gesรน prese il calice dicendo: โ€œQuesto calice รจ la nuova Alleanza nel mio Sangue che รจ sparso per voi โ€œ. Qualcosa di decisivo avviene nel momento in cui Gesรน aggiunge queste parole alla formula delle preghiere di ringraziamento, cioรจ alla berakah ebraica. Quel rito era un banchetto sacro nel quale si celebrava e si ringraziava un Dio salvatore, che aveva redento il suo popolo per stringere con esso unโ€™alleanza dโ€™amore, conclusa nel sangue di un agnello. Ora, al momento cioรจ in cui Gesรน decide di dare la vita per i suoi come il vero Agnello, egli dichiara conclusa quella vecchia Alleanza che tutti insieme stavano celebrando liturgicamente. In quel momento, con poche e semplici parole, egli stringe con i suoi la nuova ed eterna Alleanza nel suo Sangue.

Aggiungendo le parole โ€œfate questo in memoria di meโ€, Gesรน conferisce una portata duratura al suo dono. Dal passato, lo sguardo si proietta verso il futuro. Tutto quanto egli ha fatto finora nella cena รจ messo nelle nostre mani. Ripetendo quello che lui ha fatto, si rinnova quellโ€™atto centrale della storia umana che รจ la sua morte per il mondo. La figura dellโ€™agnello pasquale che sulla croce diventa evento, nella cena ci รจ dato come sacramento, cioรจ come memoriale perenne dellโ€™evento.

Sacerdote e vittima

Questo, dicevo, per quanto riguarda lโ€™aspetto liturgico e rituale. Passiamo ora allโ€™altra considerazione, quella di tipo personale ed esistenziale, in altre parole al ruolo che ricopriamo noi, sacerdoti e fedeli, in tale momento della Messa. Per comprendere il compito del sacerdote nella consacrazione รจ di importanza vitale conoscere la natura del sacrifico e del sacerdozio di Cristo perchรฉ รจ da essi che deriva il sacerdozio cristiano, sia quello battesimale comune a tutti, sia quello dei ministri ordinati.

Noi non siamo piรน, in realtร , ยซsacerdoti secondo lโ€™ordine di Melchisedecยป; siamo sacerdoti ยซsecondo lโ€™ordine di Gesรน Cristoยป; allโ€™altare agiamo ยซin persona Christiยป, rappresentiamo cioรจ il Sommo Sacerdote che รจ Cristo. Su questo tema, il Simposio sul sacerdozio, tenuto in questa Aula nel mese scorso, ha detto infinitamente di piรน di quello che posso dire io in questa mia breve riflessione (preparata, tra lโ€™altro, prima di quella data), ma pure รจ necessario dire qualcosa qui per la comprensione dellโ€™Eucaristia.

La Lettera agli Ebrei spiega in che consiste la novitร  e lโ€™unicitร  del sacerdozio di Cristo: ยซEgli entrรฒ una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtรน del proprio sangue, ottenendo cosรฌ una redenzione eternaยป (Eb 9, 12). Ogni sacerdote offre qualcosa di esterno a se stesso, Cristo offrรฌ se stesso; ogni altro sacerdote offre vittime, Cristo si offrรฌ vittima!

Santโ€™Agostino ha racchiuso in poche parole la natura di questo nuovo genere di sacerdozio in cui sacerdote e vittima sono la stessa persona: ยซIdeo sacerdos quia sacrificiumยป, sacerdote perchรฉ vittima . Lo studioso francese Renรฉ Girard ha definito questa novitร  del sacrificio di Cristo come โ€œil fatto centrale nella storia religiosa dellโ€™umanitร โ€, che ha posto fine per sempre allโ€™intrinseca alleanza tra il sacro e la violenza.

In Cristo, รจ Dio che si fa vittima. Non sono piรน gli esseri umani che offrono sacrifici a Dio per placarlo e renderselo favorevole; รจ Dio che sacrifica se stesso per lโ€™umanitร , consegnando alla morte per noi il suo Figlio unigenito (cf Gv 3, 16). Gesรน non รจ venuto con il sangue altrui, ma con il proprio sangue; non ha messo i suoi peccati sulle spalle di altri โ€“ animali o creature umane โ€“, ma ha messo i peccati degli altri sulle sue spalle: ยซEgli portรฒ i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croceยป (1 Pt 2, 24). Tutto questo significa che nella Messa noi dobbiamo essere nello stesso tempo sacerdoti e vittime.

Alla luce di ciรฒ, riflettiamo sulle parole della consacrazione: ยซPrendete, mangiate: questo รจ il mio corpo offerto in sacrificio per voiยป. Voglio dire, a questo proposito, la mia piccola esperienza, come, cioรจ, sono giunto a scoprire la portata ecclesiale e personale della consacrazione eucaristica. Ecco come io vivevo il momento della consacrazione nella santa Messa i primi anni del mio sacerdozio: chiudevo gli occhi, chinavo il capo, cercavo di estraniarmi da tutto ciรฒ che mi circondava per immedesimarmi in Gesรน che, nel Cenacolo, pronunciรฒ per la prima volta quelle parole: ยซAccipite et manducate: Prendete, mangiateโ€ฆยป. La liturgia stessa inculcava questo atteggiamento, facendo pronunciare le parole della consacrazione a voce bassa e in latino, chinati sulle specie.
Poi ci fu la riforma liturgica del Vaticano II. Si cominciรฒ a celebrare la Messa guardando lโ€™assemblea; non piรน in latino, ma nella lingua del popolo. Questo mi aiutรฒ a capire che quel mio atteggiamento, da solo, non esprimeva tutto il significato della mia partecipazione alla consacrazione. Quel Gesรน del Cenacolo non esiste piรน! Esiste ormai il Cristo risorto: il Cristo, per essere esatti, che era morto, ma ora vive per sempre (cf Ap 1, 18). Ma questo Gesรน รจ il ยซCristo totaleยป, Capo e corpo inscindibilmente uniti. Dunque, se รจ questo Cristo totale che pronuncia le parole della consacrazione, anchโ€™io le pronuncio con lui. Le pronuncio, sรฌ, ยซin persona Christiยป, in nome di Cristo, ma anche ยซin prima personaยป, cioรจ a nome mio.

Dal giorno in cui capii questo, cominciai a non chiudere piรน gli occhi al momento della consacrazione, ma a guardare โ€“almeno qualche volta โ€“ i fratelli che ho davanti, o, se celebro da solo, penso a coloro che devo incontrare nella giornata e ai quali devo dedicare il mio tempo, o penso addirittura a tutta la Chiesa e, rivolto a essi, dico con Gesรน: ยซPrendete, mangiatene tutti: questo รจ il mio corpo che voglio dare per voiโ€ฆ Prendete, bevete: questo รจ il mio sangue che voglio versare per voiยป.

In seguito รจ venuto santโ€™Agostino a togliermi ogni dubbio. ยซIn ciรฒ che offre, la Chiesa offre se stessaยป: ยซIn ea re quam offert, ipsa [Ecclesia] offerturยป , scrive in un famoso passo del De civitate Dei. Piรน vicino a noi, la mistica messicana Concepciรณn Cabrera de Armida, familiarmente chiamata Conchita, morta nel 1937 e beatificata da papa Francesco nel 2019, al suo figlio gesuita, in procinto di essere ordinato sacerdote, scriveva queste parole: โ€œRicordati, figlio mio, quando terrai in mano lโ€™Ostia Santa, tu non dirai: โ€˜Ecco il corpo di Gesรน, ecco il suo sangueโ€™, ma dirai: โ€˜Questo รจ il mio corpo, questo รจ il mio sangueโ€™: cioรจ deve operarsi in te una trasformazione totale, devi perderti in lui, essere un altro Gesรนโ€ .

Tutto questo non si applica soltanto ai sacerdoti ordinati, ma a tutti i battezzati. Un testo famoso del Concilio cosรฌ si esprime:
I fedeli, in virtรน del regale loro sacerdozio, concorrono allโ€™oblazione dellโ€™Eucaristiaโ€ฆPartecipando al sacrificio eucaristico, fonte e culmine di tutta la vita cristiana, offrono a Dio la Vittima divina e se stessi con Essa; cosรฌ tutti, sia con la oblazione che con la santa comunione, compiono la propria parte nellโ€™azione liturgica, non perรฒ ugualmente, ma chi in un modo e chi in un altro .
Ci sono due corpi di Cristo sullโ€™altare: cโ€™รจ il suo corpo reale (il corpo ยซnato da Maria Vergineยป, morto, risorto e asceso al cielo) e cโ€™รจ il suo corpo mistico che รจ la Chiesa. Ebbene, sullโ€™altare รจ presente realmente il suo corpo reale ed รจ presente misticamente il suo corpo mistico, dove ยซmisticamenteยป significa: in forza della sua inscindibile unione con il Capo. Nessuna confusione tra le due presenze che sono distinte, ma inseparabili.

Poichรฉ ci sono due ยซofferteยป e due ยซdoniยป sullโ€™altare โ€“ quello che deve diventare il corpo e il sangue di Cristo (il pane e il vino) e quello che deve diventare il corpo mistico di Cristo โ€“, ecco che ci sono anche due ยซepiclesiยป nella Messa, cioรจ due invocazioni dello Spirito Santo. Nella prima si dice: ยซOra ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perchรฉ diventino il corpo e il sangue di Gesรน Cristoยป; nella seconda, che si recita dopo la consacrazione, si dice: ยซDona la pienezza dello Spirito Santo perchรฉ diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito. Lo Spirito Santo faccia di noi un sacrificio perenne a te graditoยป.

Ecco come lโ€™Eucaristia fa la Chiesa: lโ€™Eucaristia fa la Chiesa, facendo della Chiesa unโ€™Eucaristia! Lโ€™Eucaristia non รจ solo, genericamente, la sorgente o la causa della santitร  della Chiesa; ne รจ anche la ยซformaยป, cioรจ il modello. La santitร  del cristiano deve realizzarsi secondo la ยซformaยป dellโ€™Eucaristia; deve essere una santitร  eucaristica. Il cristiano non puรฒ limitarsi a celebrare lโ€™Eucaristia, deve essere Eucaristia con Gesรน.

Il corpo e il sangue

Ora possiamo tirare le conseguenze pratiche di questa dottrina per la nostra vita quotidiana. Se nella consacrazione siamo anche noi che, rivolti ai fratelli, diciamo: ยซPrendete, mangiate: questo รจ il mio corpo. Prendete, bevete: questo รจ il mio sangueยป, dobbiamo sapere cosa significano ยซcorpoยป e ยซsangueยป, per sapere ciรฒ che offriamo.

La parola ยซcorpoยป non indica, nella Bibbia, una componente, o una parte, dellโ€™uomo che, unita alle altre componenti che sono lโ€™anima e lo spirito, forma lโ€™uomo completo. Nel linguaggio biblico, e quindi in quello di Gesรน e di Paolo, ยซcorpoยป indica tutto lโ€™uomo, in quanto vive la sua vita in un corpo, in una condizione corporea e mortale. ยซCorpoยป indica, dunque, tutta la vita. Gesรน, istituendo lโ€™Eucaristia, ci ha lasciato in dono tutta la sua vita, dal primo istante dellโ€™incarnazione allโ€™ultimo momento, con tutto ciรฒ che concretamente aveva riempito tale vita: silenzio, sudori, fatiche, preghiera, lotte, umiliazioni. Non la โ€œvitaโ€ in astratto, ma il โ€œvissutoโ€.

Poi Gesรน dice: ยซQuesto รจ il mio sangueยป. Cosa aggiunge con la parola ยซsangueยป, se ci ha giร  donato tutta la sua vita nel suo corpo? Aggiunge la morte! Dopo averci donato la vita, ci dona anche la parte piรน preziosa di essa, la sua morte. Il termine ยซsangueยป nella Bibbia non indica, infatti, una parte del corpo, cioรจ una parte di una parte dellโ€™uomo; indica un evento: la morte. Se il sangue รจ la sede della vita (cosรฌ si pensava allora), il suo ยซversamentoยป รจ il segno plastico della morte. Lโ€™Eucaristia รจ il mistero del corpo e del sangue del Signore, cioรจ della vita e della morte del Signore!

Ora, venendo a noi, cosa offriamo noi, offrendo il nostro corpo e il nostro sangue, insieme con Gesรน, nella Messa? Offriamo anche noi quello che offrรฌ Gesรน: la vita e la morte. Con la parola ยซcorpoยป, doniamo tutto ciรฒ che costituisce concretamente la vita che conduciamo in questo mondo, il nostro vissuto: tempo, salute, energie, capacitร , affetto, magari soltanto un sorriso. Con la parola ยซsangueยป, esprimiamo anche noi lโ€™offerta della nostra morte. Non necessariamente la morte definitiva, il martirio per Cristo o per i fratelli. รˆ morte tutto ciรฒ che in noi, fin dโ€™ora, prepara e anticipa la morte: umiliazioni, insuccessi, malattie che immobilizzano, limitazioni dovute allโ€™etร , alla salute: tutto ciรฒ, in una parola, che ci ยซmortificaยป.

Tutto ciรฒ esige, perรฒ, che noi, appena usciti dalla Messa, ci diamo da fare per realizzare ciรฒ che abbiamo detto; che realmente ci sforziamo, con tutti i nostri limiti, di offrire ai fratelli il nostro ยซcorpoยป, cioรจ il tempo, le energie, lโ€™attenzione; in una parola, la nostra vita. Bisogna, dunque, che, dopo aver detto ai fratelli: ยซPrendete, mangiateยป, noi ci lasciamo realmente ยซmangiareยป e ci lasciamo mangiare soprattutto da chi non lo fa con tutta la delicatezza e il garbo che ci aspetteremmo. Santโ€™Ignazio di Antiochia, andando a Roma per morirvi martire, scriveva: ยซIo sono frumento di Cristo: che io sia macinato dai denti delle fiere, per diventare pane puro per il Signoreยป . Ognuno di noi, se si guarda bene intorno, ha di questi denti acuminati di fiere che lo macinano: sono critiche, contrasti, opposizioni nascoste o palesi, divergenze di vedute con chi ci sta intorno, diversitร  di carattere.

Proviamo a immaginare cosa avverrebbe se celebrassimo con questa partecipazione personale la Messa, se dicessimo veramente tutti, al momento della consacrazione, chi ad alta voce e chi silenziosamente, secondo il ministero di ognuno: ยซPrendete, mangiateยป. Un sacerdote, un parroco e, a maggior ragione, un vescovo, celebra cosรฌ la sua Messa, poi va: prega, predica, confessa, riceve gente, visita malati, ascoltaโ€ฆ Anche la sua giornata รจ Eucaristia. Un grande maestro di spirito francese, Pierre Olivaint (1816-1871), diceva: ยซAl mattino, nella Messa, io sono sacerdote e Gesรน รจ vittima; lungo la giornata, Gesรน รจ sacerdote e io vittimaยป. Cosรฌ un sacerdote imita il ยซbuon Pastoreยป, perchรฉ realmente dร  la vita per le sue pecorelle.

La nostra firma sul dono

Vorrei riassumere, con lโ€™aiuto di un esempio umano, cosa avviene nella celebrazione eucaristica. Pensiamo a una numerosa famiglia in cui cโ€™รจ un figlio, il primogenito, che ammira e ama oltre misura il proprio padre. Per il suo compleanno vuole fargli un regalo prezioso. Prima perรฒ di presentarglielo chiede, in segreto, a tutti i suoi fratelli e sorelle di apporre la loro firma sul dono. Questo arriva dunque nelle mani del padre come segno dellโ€™amore di tutti i suoi figli, indistintamente, anche se, in realtร , uno solo ha pagato il prezzo di esso.

Eโ€™ ciรฒ che avviene nel sacrificio eucaristico. Gesรน ammira ed ama sconfinatamente il Padre celeste. A lui vuol fare ogni giorno, fino alla fine del mondo, il dono piรน prezioso che si possa pensare, quello della sua stessa vita. Nella Messa, egli invita tutti i suoi fratelli e sorelle ad apporre la loro firma sul dono, di modo che esso giunge a Dio Padre come il dono indistinto di tutti i suoi figli, anche se uno solo ha pagato il prezzo di tale dono. E che prezzo!

La nostra firma sono le poche gocce dโ€™acqua che vengono mescolate al vino nel calice. Esse non sono che acqua, ma mescolate nel calice diventano unโ€™unica bevanda. La firma di tutti รจ lโ€™Amen solenne che lโ€™assemblea pronuncia, o canta, al termine della dossologia: โ€œPer Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio Padre onnipotente nellโ€™unitร  dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoliโ€ฆAMEN!

Sappiamo perรฒ che chi ha firmato un impegno ha poi il dovere di onorare la propria firma. Questo vuol dire che, uscendo dalla Messa, dobbiamo fare anche noi della nostra vita un dono dโ€™amore al Padre e per i fratelli. Noi โ€“ ripeto โ€“ non siamo chiamati solo a celebrare lโ€™Eucaristia, ma anche ad farci eucaristia. Che Dio ci aiuti a realizzarlo questo!

1.Ignazio dโ€™Antiochia, Lettera ai Magnesii, 10,3.
2.J. Ratzinger โ€“ Benedetto XVI, Gesรน di Nazaret, vol .II, LEV, Roma 2011, p.132-163; cf. L. Bouyer, Eucharistie. Thรฉologie et spiritualitร  de la priรจre eucharistique. Desclรฉe, Tournai 1966 (trad. ital. Eucaristia. Teologia e spiritualitร  della Preghiera eucaristica, LDC, Torino 1983.
3. Agostino, Confessioni, X, 43.
4.R. Girard, Des choses cachรฉes depuis la fondation du monde, Grasset, Paris 1978.
5.Agostino, De civitate Dei, X, 6.
6.In Diario spirituale di una madre di famiglia, a cura di M.-M. Philipon, Roma, Cittร  Nuova, 1985, p. 117.
7.Lumen gentium, 10-11.
8. Ignazio dโ€™Antiochia, Ai Romani, 4, 1.

Fonte: http://www.cantalamessa.org/?p=4003

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