Alle ore 9 di questa mattina, nellโAula Paolo VI, il Predicatore della Casa Pontificia, lโEm.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la seconda Predica di Quaresima.
Tema delle meditazioni quaresimali รจ il seguente: ยซPrendete, mangiate: questo รจ il mio corpoโ โ Una catechesi mistagogica sullโEucaristia.
Le successive prediche di Quaresima avranno luogo venerdรฌ 25 marzo e il 1ยฐe 8 aprile 2022.

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Continuiamo le nostre riflessioni sul mistero eucaristico. Lโoggetto della catechesi mistagogica di oggi รจ la parte centrale della Messa, la Preghiera eucaristica, o Anafora, che ha al suo centro la consacrazione. Facciamo su di essa due tipi di considerazione: una liturgica e rituale, lโaltra teologica ed esistenziale.
Dal punto di vista rituale e liturgico, abbiamo oggi una risorsa nuova che non avevano i Padri della Chiesa e neppure i dottori medievali. La risorsa nuova di cui disponiamo รจ il riavvicinamento tra cristiani ed ebrei. Fin dai primissimi giorni della Chiesa, diversi fattori storici portarono ad accentuare la differenza tra cristianesimo e giudaismo, fino a contrapporli tra di loro, come fa giร Ignazio di Antiochia . Distinguersi dagli ebrei โ nella data della Pasqua, nei giorni di digiuno, e in tante altre cose โ diviene una specie di parola dโordine. Unโaccusa spesso rivolta ai propri avversari e agli eretici รจ quella di โgiudaizzareโ.
La tragedia del popolo ebraico e il nuovo clima di dialogo con lโebraismo, iniziato dal Concilio Vaticano II, hanno reso possibile una migliore conoscenza della matrice ebraica dellโEucaristia. Come non si capisce la Pasqua cristiana se non la si considera come il compimento di quello che la Pasqua ebraica preannunciava, cosรฌ non si capisce a fondo lโEucaristia se non la si vede come il compimento di quello che gli ebrei facevano e dicevano nel corso del loro pasto rituale. Un primo risultato importante di questa svolta รจ stato che oggi nessuno studioso serio avanza piรน lโipotesi che lโEucaristia cristiana si spieghi alla luce della cena in voga presso alcuni culti misterici dellโellenismo, come si รจ tentato di fare per oltre un secolo.
I Padri della Chiesa ritennero le Scritture del popolo ebraico, ma non la loro liturgia, alla quale non avevano piรน modo di accedere, dopo la separazione della Chiesa dalla Sinagoga. Essi perciรฒ utilizzarono le figure contenute nelle Scritture โ lโagnello pasquale, il sacrificio di Isacco, quello di Melchisedec, la manna -, ma non il concreto contesto liturgico in cui il popolo ebraico celebrava tutte queste memorie, e cioรจ il pasto rituale celebrato, una volta lโanno nella cena pasquale (il Seder) e settimanalmente nel culto sinagogale. Il primo nome con cui lโEucaristia รจ designata nel Nuovo Testamento da Paolo รจ quello di โpasto del Signoreโ (kuriakon deipnon) (1 Cor 11, 20), con evidente riferimento al pasto ebraico da cui si differenzia ormai per la fede in Gesรน. LโEucaristia รจ il sacramento della continuitร tra Antico e Nuovo Testamento, tra ebraismo e cristianesimo.
LโEucaristia e la Berakah ebraica
ร questa la prospettiva in cui si colloca Benedetto XVI nel capitolo dedicato allโistituzione dellโEucaristia nel suo secondo volume su Gesรน di Nazaret. Seguendo lโopinione ormai prevalente degli studiosi, egli accetta la cronologia giovannea secondo cui lโultima cena, di cui parla il Quarto Vangelo, non fu una cena pasquale, ma fu un solenne pasto di addio (appunto, lโโultima cenaโ!) e ritiene che si possa โtracciare lo sviluppo dellโeucharistia cristiana, cioรจ del canone, dalla beraka ebraicaโ .
Per varie ragioni culturali e storiche, dalla Scolastica in poi, si รจ cercato di spiegare lโEucaristia alla luce della filosofia, in particolare delle nozioni aristoteliche di sostanza e di accidenti. Era anche questo un mettere a servizio della fede le conoscenze nuove del momento e, dunque, un imitare il metodo dei Padri. Ai nostri giorni, dobbiamo fare lo stesso con le nuove conoscenze di ordine, questa volta, storiche e liturgiche piรน che filosofiche. Esse hanno il vantaggio di essere le categorie con cui pensava e parlava Gesรบ, che non erano certo i concetti aristotelici di materia e forma, sostanza e accidenti, ma quelle di segno e realtร e di memoriale.
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Sulla scorta di alcuni studi recenti, soprattutto quello di Louis Bouyer, vorrei cercare di mostrare la vivida luce che cade sullโEucaristia cristiana quando collochiamo i racconti evangelici dellโistituzione sullo sfondo di ciรฒ che sappiamo del pasto rituale ebraico. La novitร del gesto di Gesรน non risulterร diminuita, ma esaltata al massimo.
Lโanello di congiunzione tra lโantico e il nuovo rito รจ dato dalla Didachรจ, uno scritto dellโera apostolica che possiamo considerare il primo abbozzo di anafora eucaristica. Il rito sinagogale era composto da una serie di preghiere chiamate โberakahโ che in greco viene tradotto con โEucarestiaโ. Allโinizio del pasto, ciascuno a turno prendeva in mano una coppa di vino e, prima di portarla alle labbra, ripeteva una benedizione che la liturgia attuale ci fa ripetere quasi alla lettera al momento dellโoffertorio: โSii benedetto, Signore, nostro Dio, Re dei secoli, che ci hai dato questo frutto della viteโ.
Ma il pasto cominciava ufficialmente solo quando il padre di famiglia, o il capo della comunitร , aveva spezzato il pane che doveva essere distribuito tra i commensali. E, infatti, Gesรน prende il pane, recita la benedizione, lo spezza e lo distribuisce dicendo: โQuesto รจ il mio corpo che รจ dato per voi.โ E qui il rito โ che era solo una preparazione- diventa la realtร .
Dopo la benedizione del pane si servivano i piatti consueti. Quando il pranzo sta per finire, i commensali sono pronti per il grande atto rituale che conclude la celebrazione e le dร il significato piรน profondo. Tutti si lavano le mani, come allโinizio. Finito questo, avendo davanti a se una coppa di vino mescolato con acqua, colui che presiede invita a fare le tre preghiere di ringraziamento: la prima per Dio creatore, la seconda per la liberazione dallโEgitto, la terza perchรฉ continua al presente la sua opera. Conclusa la preghiera, la coppa passava di mano in mano e ciascuno beveva. Questo, il rito antico compiuto tante volte da Gesรน in vita.
Luca dice che dopo aver cenato Gesรน prese il calice dicendo: โQuesto calice รจ la nuova Alleanza nel mio Sangue che รจ sparso per voi โ. Qualcosa di decisivo avviene nel momento in cui Gesรน aggiunge queste parole alla formula delle preghiere di ringraziamento, cioรจ alla berakah ebraica. Quel rito era un banchetto sacro nel quale si celebrava e si ringraziava un Dio salvatore, che aveva redento il suo popolo per stringere con esso unโalleanza dโamore, conclusa nel sangue di un agnello. Ora, al momento cioรจ in cui Gesรน decide di dare la vita per i suoi come il vero Agnello, egli dichiara conclusa quella vecchia Alleanza che tutti insieme stavano celebrando liturgicamente. In quel momento, con poche e semplici parole, egli stringe con i suoi la nuova ed eterna Alleanza nel suo Sangue.
Aggiungendo le parole โfate questo in memoria di meโ, Gesรน conferisce una portata duratura al suo dono. Dal passato, lo sguardo si proietta verso il futuro. Tutto quanto egli ha fatto finora nella cena รจ messo nelle nostre mani. Ripetendo quello che lui ha fatto, si rinnova quellโatto centrale della storia umana che รจ la sua morte per il mondo. La figura dellโagnello pasquale che sulla croce diventa evento, nella cena ci รจ dato come sacramento, cioรจ come memoriale perenne dellโevento.
Sacerdote e vittima
Questo, dicevo, per quanto riguarda lโaspetto liturgico e rituale. Passiamo ora allโaltra considerazione, quella di tipo personale ed esistenziale, in altre parole al ruolo che ricopriamo noi, sacerdoti e fedeli, in tale momento della Messa. Per comprendere il compito del sacerdote nella consacrazione รจ di importanza vitale conoscere la natura del sacrifico e del sacerdozio di Cristo perchรฉ รจ da essi che deriva il sacerdozio cristiano, sia quello battesimale comune a tutti, sia quello dei ministri ordinati.
Noi non siamo piรน, in realtร , ยซsacerdoti secondo lโordine di Melchisedecยป; siamo sacerdoti ยซsecondo lโordine di Gesรน Cristoยป; allโaltare agiamo ยซin persona Christiยป, rappresentiamo cioรจ il Sommo Sacerdote che รจ Cristo. Su questo tema, il Simposio sul sacerdozio, tenuto in questa Aula nel mese scorso, ha detto infinitamente di piรน di quello che posso dire io in questa mia breve riflessione (preparata, tra lโaltro, prima di quella data), ma pure รจ necessario dire qualcosa qui per la comprensione dellโEucaristia.
La Lettera agli Ebrei spiega in che consiste la novitร e lโunicitร del sacerdozio di Cristo: ยซEgli entrรฒ una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtรน del proprio sangue, ottenendo cosรฌ una redenzione eternaยป (Eb 9, 12). Ogni sacerdote offre qualcosa di esterno a se stesso, Cristo offrรฌ se stesso; ogni altro sacerdote offre vittime, Cristo si offrรฌ vittima!
SantโAgostino ha racchiuso in poche parole la natura di questo nuovo genere di sacerdozio in cui sacerdote e vittima sono la stessa persona: ยซIdeo sacerdos quia sacrificiumยป, sacerdote perchรฉ vittima . Lo studioso francese Renรฉ Girard ha definito questa novitร del sacrificio di Cristo come โil fatto centrale nella storia religiosa dellโumanitร โ, che ha posto fine per sempre allโintrinseca alleanza tra il sacro e la violenza.
In Cristo, รจ Dio che si fa vittima. Non sono piรน gli esseri umani che offrono sacrifici a Dio per placarlo e renderselo favorevole; รจ Dio che sacrifica se stesso per lโumanitร , consegnando alla morte per noi il suo Figlio unigenito (cf Gv 3, 16). Gesรน non รจ venuto con il sangue altrui, ma con il proprio sangue; non ha messo i suoi peccati sulle spalle di altri โ animali o creature umane โ, ma ha messo i peccati degli altri sulle sue spalle: ยซEgli portรฒ i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croceยป (1 Pt 2, 24). Tutto questo significa che nella Messa noi dobbiamo essere nello stesso tempo sacerdoti e vittime.
Alla luce di ciรฒ, riflettiamo sulle parole della consacrazione: ยซPrendete, mangiate: questo รจ il mio corpo offerto in sacrificio per voiยป. Voglio dire, a questo proposito, la mia piccola esperienza, come, cioรจ, sono giunto a scoprire la portata ecclesiale e personale della consacrazione eucaristica. Ecco come io vivevo il momento della consacrazione nella santa Messa i primi anni del mio sacerdozio: chiudevo gli occhi, chinavo il capo, cercavo di estraniarmi da tutto ciรฒ che mi circondava per immedesimarmi in Gesรน che, nel Cenacolo, pronunciรฒ per la prima volta quelle parole: ยซAccipite et manducate: Prendete, mangiateโฆยป. La liturgia stessa inculcava questo atteggiamento, facendo pronunciare le parole della consacrazione a voce bassa e in latino, chinati sulle specie.
Poi ci fu la riforma liturgica del Vaticano II. Si cominciรฒ a celebrare la Messa guardando lโassemblea; non piรน in latino, ma nella lingua del popolo. Questo mi aiutรฒ a capire che quel mio atteggiamento, da solo, non esprimeva tutto il significato della mia partecipazione alla consacrazione. Quel Gesรน del Cenacolo non esiste piรน! Esiste ormai il Cristo risorto: il Cristo, per essere esatti, che era morto, ma ora vive per sempre (cf Ap 1, 18). Ma questo Gesรน รจ il ยซCristo totaleยป, Capo e corpo inscindibilmente uniti. Dunque, se รจ questo Cristo totale che pronuncia le parole della consacrazione, anchโio le pronuncio con lui. Le pronuncio, sรฌ, ยซin persona Christiยป, in nome di Cristo, ma anche ยซin prima personaยป, cioรจ a nome mio.
Dal giorno in cui capii questo, cominciai a non chiudere piรน gli occhi al momento della consacrazione, ma a guardare โalmeno qualche volta โ i fratelli che ho davanti, o, se celebro da solo, penso a coloro che devo incontrare nella giornata e ai quali devo dedicare il mio tempo, o penso addirittura a tutta la Chiesa e, rivolto a essi, dico con Gesรน: ยซPrendete, mangiatene tutti: questo รจ il mio corpo che voglio dare per voiโฆ Prendete, bevete: questo รจ il mio sangue che voglio versare per voiยป.
In seguito รจ venuto santโAgostino a togliermi ogni dubbio. ยซIn ciรฒ che offre, la Chiesa offre se stessaยป: ยซIn ea re quam offert, ipsa [Ecclesia] offerturยป , scrive in un famoso passo del De civitate Dei. Piรน vicino a noi, la mistica messicana Concepciรณn Cabrera de Armida, familiarmente chiamata Conchita, morta nel 1937 e beatificata da papa Francesco nel 2019, al suo figlio gesuita, in procinto di essere ordinato sacerdote, scriveva queste parole: โRicordati, figlio mio, quando terrai in mano lโOstia Santa, tu non dirai: โEcco il corpo di Gesรน, ecco il suo sangueโ, ma dirai: โQuesto รจ il mio corpo, questo รจ il mio sangueโ: cioรจ deve operarsi in te una trasformazione totale, devi perderti in lui, essere un altro Gesรนโ .
Tutto questo non si applica soltanto ai sacerdoti ordinati, ma a tutti i battezzati. Un testo famoso del Concilio cosรฌ si esprime:
I fedeli, in virtรน del regale loro sacerdozio, concorrono allโoblazione dellโEucaristiaโฆPartecipando al sacrificio eucaristico, fonte e culmine di tutta la vita cristiana, offrono a Dio la Vittima divina e se stessi con Essa; cosรฌ tutti, sia con la oblazione che con la santa comunione, compiono la propria parte nellโazione liturgica, non perรฒ ugualmente, ma chi in un modo e chi in un altro .
Ci sono due corpi di Cristo sullโaltare: cโรจ il suo corpo reale (il corpo ยซnato da Maria Vergineยป, morto, risorto e asceso al cielo) e cโรจ il suo corpo mistico che รจ la Chiesa. Ebbene, sullโaltare รจ presente realmente il suo corpo reale ed รจ presente misticamente il suo corpo mistico, dove ยซmisticamenteยป significa: in forza della sua inscindibile unione con il Capo. Nessuna confusione tra le due presenze che sono distinte, ma inseparabili.
Poichรฉ ci sono due ยซofferteยป e due ยซdoniยป sullโaltare โ quello che deve diventare il corpo e il sangue di Cristo (il pane e il vino) e quello che deve diventare il corpo mistico di Cristo โ, ecco che ci sono anche due ยซepiclesiยป nella Messa, cioรจ due invocazioni dello Spirito Santo. Nella prima si dice: ยซOra ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perchรฉ diventino il corpo e il sangue di Gesรน Cristoยป; nella seconda, che si recita dopo la consacrazione, si dice: ยซDona la pienezza dello Spirito Santo perchรฉ diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito. Lo Spirito Santo faccia di noi un sacrificio perenne a te graditoยป.
Ecco come lโEucaristia fa la Chiesa: lโEucaristia fa la Chiesa, facendo della Chiesa unโEucaristia! LโEucaristia non รจ solo, genericamente, la sorgente o la causa della santitร della Chiesa; ne รจ anche la ยซformaยป, cioรจ il modello. La santitร del cristiano deve realizzarsi secondo la ยซformaยป dellโEucaristia; deve essere una santitร eucaristica. Il cristiano non puรฒ limitarsi a celebrare lโEucaristia, deve essere Eucaristia con Gesรน.
Il corpo e il sangue
Ora possiamo tirare le conseguenze pratiche di questa dottrina per la nostra vita quotidiana. Se nella consacrazione siamo anche noi che, rivolti ai fratelli, diciamo: ยซPrendete, mangiate: questo รจ il mio corpo. Prendete, bevete: questo รจ il mio sangueยป, dobbiamo sapere cosa significano ยซcorpoยป e ยซsangueยป, per sapere ciรฒ che offriamo.
La parola ยซcorpoยป non indica, nella Bibbia, una componente, o una parte, dellโuomo che, unita alle altre componenti che sono lโanima e lo spirito, forma lโuomo completo. Nel linguaggio biblico, e quindi in quello di Gesรน e di Paolo, ยซcorpoยป indica tutto lโuomo, in quanto vive la sua vita in un corpo, in una condizione corporea e mortale. ยซCorpoยป indica, dunque, tutta la vita. Gesรน, istituendo lโEucaristia, ci ha lasciato in dono tutta la sua vita, dal primo istante dellโincarnazione allโultimo momento, con tutto ciรฒ che concretamente aveva riempito tale vita: silenzio, sudori, fatiche, preghiera, lotte, umiliazioni. Non la โvitaโ in astratto, ma il โvissutoโ.
Poi Gesรน dice: ยซQuesto รจ il mio sangueยป. Cosa aggiunge con la parola ยซsangueยป, se ci ha giร donato tutta la sua vita nel suo corpo? Aggiunge la morte! Dopo averci donato la vita, ci dona anche la parte piรน preziosa di essa, la sua morte. Il termine ยซsangueยป nella Bibbia non indica, infatti, una parte del corpo, cioรจ una parte di una parte dellโuomo; indica un evento: la morte. Se il sangue รจ la sede della vita (cosรฌ si pensava allora), il suo ยซversamentoยป รจ il segno plastico della morte. LโEucaristia รจ il mistero del corpo e del sangue del Signore, cioรจ della vita e della morte del Signore!
Ora, venendo a noi, cosa offriamo noi, offrendo il nostro corpo e il nostro sangue, insieme con Gesรน, nella Messa? Offriamo anche noi quello che offrรฌ Gesรน: la vita e la morte. Con la parola ยซcorpoยป, doniamo tutto ciรฒ che costituisce concretamente la vita che conduciamo in questo mondo, il nostro vissuto: tempo, salute, energie, capacitร , affetto, magari soltanto un sorriso. Con la parola ยซsangueยป, esprimiamo anche noi lโofferta della nostra morte. Non necessariamente la morte definitiva, il martirio per Cristo o per i fratelli. ร morte tutto ciรฒ che in noi, fin dโora, prepara e anticipa la morte: umiliazioni, insuccessi, malattie che immobilizzano, limitazioni dovute allโetร , alla salute: tutto ciรฒ, in una parola, che ci ยซmortificaยป.
Tutto ciรฒ esige, perรฒ, che noi, appena usciti dalla Messa, ci diamo da fare per realizzare ciรฒ che abbiamo detto; che realmente ci sforziamo, con tutti i nostri limiti, di offrire ai fratelli il nostro ยซcorpoยป, cioรจ il tempo, le energie, lโattenzione; in una parola, la nostra vita. Bisogna, dunque, che, dopo aver detto ai fratelli: ยซPrendete, mangiateยป, noi ci lasciamo realmente ยซmangiareยป e ci lasciamo mangiare soprattutto da chi non lo fa con tutta la delicatezza e il garbo che ci aspetteremmo. SantโIgnazio di Antiochia, andando a Roma per morirvi martire, scriveva: ยซIo sono frumento di Cristo: che io sia macinato dai denti delle fiere, per diventare pane puro per il Signoreยป . Ognuno di noi, se si guarda bene intorno, ha di questi denti acuminati di fiere che lo macinano: sono critiche, contrasti, opposizioni nascoste o palesi, divergenze di vedute con chi ci sta intorno, diversitร di carattere.
Proviamo a immaginare cosa avverrebbe se celebrassimo con questa partecipazione personale la Messa, se dicessimo veramente tutti, al momento della consacrazione, chi ad alta voce e chi silenziosamente, secondo il ministero di ognuno: ยซPrendete, mangiateยป. Un sacerdote, un parroco e, a maggior ragione, un vescovo, celebra cosรฌ la sua Messa, poi va: prega, predica, confessa, riceve gente, visita malati, ascoltaโฆ Anche la sua giornata รจ Eucaristia. Un grande maestro di spirito francese, Pierre Olivaint (1816-1871), diceva: ยซAl mattino, nella Messa, io sono sacerdote e Gesรน รจ vittima; lungo la giornata, Gesรน รจ sacerdote e io vittimaยป. Cosรฌ un sacerdote imita il ยซbuon Pastoreยป, perchรฉ realmente dร la vita per le sue pecorelle.
La nostra firma sul dono
Vorrei riassumere, con lโaiuto di un esempio umano, cosa avviene nella celebrazione eucaristica. Pensiamo a una numerosa famiglia in cui cโรจ un figlio, il primogenito, che ammira e ama oltre misura il proprio padre. Per il suo compleanno vuole fargli un regalo prezioso. Prima perรฒ di presentarglielo chiede, in segreto, a tutti i suoi fratelli e sorelle di apporre la loro firma sul dono. Questo arriva dunque nelle mani del padre come segno dellโamore di tutti i suoi figli, indistintamente, anche se, in realtร , uno solo ha pagato il prezzo di esso.
Eโ ciรฒ che avviene nel sacrificio eucaristico. Gesรน ammira ed ama sconfinatamente il Padre celeste. A lui vuol fare ogni giorno, fino alla fine del mondo, il dono piรน prezioso che si possa pensare, quello della sua stessa vita. Nella Messa, egli invita tutti i suoi fratelli e sorelle ad apporre la loro firma sul dono, di modo che esso giunge a Dio Padre come il dono indistinto di tutti i suoi figli, anche se uno solo ha pagato il prezzo di tale dono. E che prezzo!
La nostra firma sono le poche gocce dโacqua che vengono mescolate al vino nel calice. Esse non sono che acqua, ma mescolate nel calice diventano unโunica bevanda. La firma di tutti รจ lโAmen solenne che lโassemblea pronuncia, o canta, al termine della dossologia: โPer Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio Padre onnipotente nellโunitร dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoliโฆAMEN!
Sappiamo perรฒ che chi ha firmato un impegno ha poi il dovere di onorare la propria firma. Questo vuol dire che, uscendo dalla Messa, dobbiamo fare anche noi della nostra vita un dono dโamore al Padre e per i fratelli. Noi โ ripeto โ non siamo chiamati solo a celebrare lโEucaristia, ma anche ad farci eucaristia. Che Dio ci aiuti a realizzarlo questo!
1.Ignazio dโAntiochia, Lettera ai Magnesii, 10,3.
2.J. Ratzinger โ Benedetto XVI, Gesรน di Nazaret, vol .II, LEV, Roma 2011, p.132-163; cf. L. Bouyer, Eucharistie. Thรฉologie et spiritualitร de la priรจre eucharistique. Desclรฉe, Tournai 1966 (trad. ital. Eucaristia. Teologia e spiritualitร della Preghiera eucaristica, LDC, Torino 1983.
3. Agostino, Confessioni, X, 43.
4.R. Girard, Des choses cachรฉes depuis la fondation du monde, Grasset, Paris 1978.
5.Agostino, De civitate Dei, X, 6.
6.In Diario spirituale di una madre di famiglia, a cura di M.-M. Philipon, Roma, Cittร Nuova, 1985, p. 117.
7.Lumen gentium, 10-11.
8. Ignazio dโAntiochia, Ai Romani, 4, 1.
Fonte: http://www.cantalamessa.org/?p=4003
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