Card. Raniero Cantalamessa – Prima Predica di Quaresima in Vaticano – 23 Febbraio 2024

944

Alle ore 9 di questa mattina, nellโ€™Aula Paolo VI, il Predicatore della Casa Pontificia, lโ€™Em.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima Predica di Quaresima.

Tema delle meditazioni quaresimali รจ il seguente: โ€œMa voi, chi dite che io sia?โ€ (Matteo 16,15).

Le successive prediche di Quaresima avranno luogo venerdรฌ 1ยฐ, 8, 15, e 22 marzo.

Fonte

IO SONO IL PANE DELLA VITA

Allโ€™inizio di queste prediche di Quaresima, ripartiamo dal dialogo tra Gesรบ e gli apostoli a Cesarea di Filippo:
Gesรน, giunto nella regione di Cesarรจa di Filippo, domandรฒ ai suoi discepoli: โ€œLa gente, chi dice che sia il Figlio dellโ€™uomo?โ€. Risposero: โ€œAlcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profetiโ€. Disse loro: โ€œMa voi, chi dite che io sia?โ€. Rispose Simon Pietro: โ€œTu sei il Cristo, il Figlio del Dio viventeโ€ (Mt 16, 13-16).

Di tutto il dialogo, ci interessa, in questo momento, solo ed esclusivamente, la seconda domanda di Gesรบ: โ€œVoi chi dite che io sia?โ€ Non la prendiamo perรฒ nel senso con cui quella domanda si intende di solito; come, cioรจ, se a Gesรบ interessasse sapere cosa pensa di lui la Chiesa, o cosa i nostri studi di teologia ci dicono di lui. No! Prendiamo quella domanda come va presa ogni parola uscita dalla bocca di Gesรบ, e cioรจ come rivolta, hic et nunc, a chi lโ€™ascolta, singolarmente, personalmente.

Per realizzare questo esame, ci faremo aiutare dallโ€™evangelista Giovanni. Nel suo Vangelo troviamo tutta una serie di dichiarazioni di Gesรบ, i famosi, Ego eimi, โ€œIo Sonoโ€, con i quali egli rivela cosa pensa, lui, di se stesso, chi dice, lui, di essere: โ€œIo sono il pane della vitaโ€, โ€œIo sono la luce del mondoโ€, e cosรฌ via. Passeremo in rassegna cinque di queste auto-rivelazioni e ci domanderemo ogni volta se egli รจ davvero per noi quello che lui dice di essere e come fare perchรฉ lo sia sempre di piรน.

Sarร  un momento da vivere in modo particolare. Non, cioรจ, con lo sguardo rivolto allโ€™esterno, ai problemi del mondo e della stessa Chiesa, come si รจ costretti a fare in altri contesti, ma con uno sguardo introspettivo. Un momento, allora, intimistico e distaccato e perciรฒ, tutto sommato, egoistico? Tuttโ€™altro! รˆ un evangelizzarci per evangelizzare, un riempirci di Gesรบ per parlarne โ€œper ridondanza dโ€™amoreโ€, come le primitive Costituzioni del mio Ordine Cappuccino raccomandavano ai predicatori; cioรจ per intima convinzione, non solo per assolvere un mandato.

* * *

Iniziamo dal primo di questi โ€œIo Sonoโ€ di Gesรบ che incontriamo nel Quarto Vangelo, al capitolo sesto: โ€œIo sono il pane della vitaโ€. Ascoltiamo anzitutto la parte del brano che piรน direttamente ci interessa:
Gli dissero: โ€œQuale segno tu compi perchรฉ vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cieloโ€. Rispose loro Gesรน: โ€œIn veritร , in veritร  io vi dico: non รจ Mosรจ che vi ha dato il pane dal cielo, ma รจ il Padre mio che vi dร  il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio รจ colui che discende dal cielo e dร  la vita al mondoโ€. Allora gli dissero: โ€œSignore, dacci sempre questo paneโ€. Gesรน rispose loro: โ€œIo sono il pane della vita; chi viene a me non avrร  fame e chi crede in me non avrร  sete, mai! (Gv 6, 30-35).

Un parola sul contesto. Gesรบ ha in precedenza moltiplicato i cinque pani dโ€™orzo e i due pesci per sfamare cinque mila uomini. Poi si รจ eclissato per sfuggire allโ€™entusiasmo della gente che vuole farlo re. La folla lo cerca e lo ritrova dallโ€™altra sponda del lago.
A questo punto comincia il lungo discorso con cui Gesรบ cerca di spiegare โ€œil segno del paneโ€. Vuole far capire che cโ€™รจ un altro pane da ricercare, di cui quello materiale รจ, appunto, un โ€œsegnoโ€. รˆ lo stesso procedimento usato con la donna Samaritana nel capitolo IV del Vangelo. Lรฌ Gesรบ vuole condurre la donna a scoprire unโ€™altra acqua, oltre quella fisica che disseta solo per un breve tempo; qui vuole condurre la folla a cercare un altro pane, diverso da quello materiale che sazia per un solo giorno. Alla Sammaritana che chiede di avere quellโ€™acqua misteriosa e aspetta la venuta del Messia per ottenerla, Gesรบ risponde: โ€œSono io che ti parloโ€ (Gv 4,26). Alla folla che pone ora la stessa domanda per il pane, risponde: โ€œIo Sono il pane della vita!โ€

- Pubblicitร  -

Ci domandiamo: come e dove si mangia questo pane della vita? La risposta dei Padri della Chiesa era: in due โ€œluoghiโ€ o due modi: nel sacramento e nella Parola, cioรจ nellโ€™Eucarestia e nella Scrittura. Cโ€™erano, รจ vero, accentuazioni diverse. Qualcuno, come Origene e tra i latini Ambrogio, insistono di piรน sulla Parola di Dio. โ€œQuesto pane che Gesรน spezza โ€” scrive santโ€™Ambrogio commentando la moltiplicazione dei pani โ€” siยฌgnifica misticamente la parola di Dio che distribuita si accresce. Egli ci ha dato le sue parole come dei pani che si moltiplicano nella nostra bocca mentre li gustiamoโ€ . Altri, come Cirillo Alessandrino accentuano lโ€™interpretazione eucaristica. Nessuno di essi, perรฒ, ha inteso parlare di un modo, con esclusione dellโ€™altro. Si parla della Parola e dellโ€™Eucaristia, come delle โ€œdue menseโ€ imbandite da Cristo. Nella Imitazione di Cristo si legge:

Di due cose riconosco di avere bisogno: cioรจ di alimento e di luce. E a me, che sono tanto debole, tu hai dato, appunto come cibo il tuo santo corpo, e come lume hai posto dinanzi ai miei piedi โ€œla tua parolaโ€ (Sal 118,105). Poichรฉ la parola di Dio รจ luce dellโ€™anima e il tuo Sacramento รจ pane di vita, non potrei vivere santamente se mi mancassero queste due cose. Esse potrebbero essere intese come le โ€œdue menseโ€ poste da una parte e dallโ€™altra nel prezioso tempio della santa Chiesa.

Lโ€™affermazione unilaterale di uno di questi due modi di mangiare il pane della vita con esclusione dellโ€™altro รจ frutto della nefasta divisione avvenuta nel cristianesimo occidentale. Da parte cattolica, aveva finito per divenire talmente preponderante lโ€™interpretazione eucaristica da fare del capitolo sesto di Giovanni quasi lโ€™equivalente del racconto dellโ€™istituzione dellโ€™Eucaristia. Lutero, per reazione, affermรฒ lโ€™opposto e cioรจ che il pane della vita รจ la parola di Dio; esso viene distribuito mediante la predicazione e mangiato mediante la fede .

Il clima ecumenico che si รจ instaurato tra i credenti in Cristo ci permette di ricomporre la sintesi tradizionale presente nei Padri. Non cโ€™รจ dubbio che il pane della vita giunge a noi attraverso la parola di Dio e in particolare le parole di Gesรบ nel Vangelo. Ce lo ricorda anche la sua risposta al tentatore: โ€œNon di solo pane vive lโ€™uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dioโ€ (Mt 4, 4). Ma come non vedere nel discorso di Gesรบ nella sinagoga di Cafarnao anche un riferimento allโ€™Eucaristia? Tutto il contesto evoca un banchetto: si parla di cibo e di bevanda, di mangiare e di bere, del corpo e del sangue. Le parole: โ€œChi non mangia la mia carne e non beve il mio sangueโ€ฆโ€ ricordano troppo da vicino le parole dellโ€™istituzione (โ€œPrendete, mangiate, questo รจ il mio corpoโ€ e โ€œPrendete bevete: questo รจ il mio sangueโ€) per potere negare ogni relazione tra di esse.

Se nellโ€™esegesi e in teologia si assiste a una polarizzazione e a volte โ€“ dicevo โ€“ a una contrapposizione tra il pane della parola e quello eucaristico, nella liturgia la loro sintesi รจ stata sempre vissuta pacificamente. Fin dai tempi piรน remoti, per esempio in san Giustino Martire, la Messa comprende due momenti: la liturgia della Parola, con letture tratte dallโ€™Antico Testamento e dalle โ€œmemorie degli apostoliโ€, e la liturgia eucaristica con la consacrazione e la comunione.

Oggi possiamo ritornare, dicevo, alla sintesi originaria tra Parola e Sacramento. In questa linea dobbiamo, anzi, fare un passo avanti. Esso consiste nel non limitare il mangiare la carne e bere il sangue di Cristo alla sola Parola e al solo sacramento dellโ€™Eucaristia, ma nel vederlo attuato in ogni momento e aspetto della nostra vita di grazia.

Quando san Paolo scrive: โ€œPer me vivere รจ Cristoโ€ (Fil 1,21), non pensa a un momento particolare. Per lui, Cristo รจ davvero, in tutti i modi della sua presenza, pane della vita; lo si โ€œmangiaโ€ con la fede, la speranza e la caritร , nella preghiera e in tutto. Lโ€™essere umano รจ creato per la gioia e non puรฒ vivere senza gioia, o senza la speranza di essa. La gioia รจ il pane del cuore. E anche la vera gioia lโ€™Apostolo la cerca โ€“ed esorta i suoi a cercarla โ€“ nel Signore Gesรบ Cristo: โ€œGaudete in Domino semper, iterum dico, gaudeteโ€: โ€œSiate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lietiโ€ (Fil 4,4).

Gesรบ รจ pane di vita eterna non solo per quello che dร , ma anche โ€“ e prima di tutto โ€“ per quello che รจ. La Parola e il Sacramento sono i mezzi; vivere di lui e in lui รจ il fine: โ€œCome il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, cosรฌ anche colui che mangia me vivrร  per meโ€ (Gv 6,57). Nellโ€™inno Adoro te devote che ha alimentato per secoli la pietร  e lโ€™adorazione eucaristica dei cattolici, cโ€™รจ una strofa che รจ una parafrasi di questa parola di Gesรบ. Nellโ€™originale che molti di noi certamente ricordano, essa suona cosรฌ:

O memoriรกle mortis Dรณmini,
Panis vivus vitam praestans hรณmini,
praesta meae menti de te vรญvere,
et te illi semper dulce sรกpere.

In Italiano essa si puรฒ tradurre cosรฌ

O memoriale della morte del Signore
Pane vivo che dร  vita al mondo,
faโ€™ che di te io viva
e gusti la dolcezza che da te deriva

* * *
Tutto il discorso di Gesรน tende, dunque, a chiarire che vita รจ quella che egli dร : non vita della carne, ma vita dello Spirito, la vita eterna. Non รจ perรฒ su questa linea che vorrei proseguire la mia riflessione, nei pochi minuti che mi restano. Nei confronti del Vangelo ci sono sempre due operazioni da fare, rispettando rigorosamente il loro ordine: prima lโ€™appropriazione, poi lโ€™imitazione. Ci siamo finora appropriati del pane della vita mediante la fede e lo facciamo ogni volta che riceviamo la Comunione. Si tratta di vedere ora come tradurli in pratica nella nostra vita.

Per fare questo, ci poniamo una semplice domanda: Come รจ diventato, lui, Gesรบ, pane di vita per noi? La risposta ce lโ€™ha data lui stesso e proprio nel Vangelo di Giovanni: โ€œIn veritร , in veritร  io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto fruttoโ€ (Gv 12,24). Sappiamo bene a che cosa alludono le immagini di cadere in terra e marcire. Tutta la storia della Passione รจ racchiusa in esse. Dobbiamo cercare di vedere cosa quelle immagini significano per noi. Gesรบ infatti con lโ€™immagine sul chicco di grano non indica soltanto il suo destino personale, ma quello di ogni suo vero discepolo.

Non si puรฒ ascoltare la parola indirizzata dal vescovo Ignazio di Antiochia alla Chiesa di Roma senza commuoversi e senza rimanere stupiti, vedendo che cosa รจ capace di fare, di una creatura umana, la grazia di Cristo:
Lasciate che sia pasto delle belve per mezzo delle quali io possa raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e [devo essere] macinato dai denti delle fiere per diventare pane puro di Cristo. โ€ฆ Pregate il Signore per me perchรฉ con loro mezzo diventi vittima per Dio. Non vi comando come [facevano Pietro e Paolo]: essi erano apostoli, io un condannato .

Prima dei denti delle fiere, il vescovo Ignazio ha sperimentato altri denti che lo trituravano, non denti di fiere, ma di uomini: โ€œ Dalla Siria sino a Roma โ€“scrive โ€“ combatto con le fiere, per terra e per mare, di notte e di giorno, legato a dieci leopardi, il manipolo dei soldati che da me beneficati diventano peggioriโ€ . Questo ha qualcosa da dire anche a noi. Ognuno di noi ha, nel suo ambiente, di questi denti di fiere che lo macinano. Santโ€™Agostino diceva che noi esseri umani siamo โ€œvasi di creta, che si feriscono lโ€™uno con lโ€™altroโ€: lutea vasa quae faciunt invicem angustias. Dobbiamo imparare a fare di questa situazione un mezzo di santificazione e non di indurimento del cuore, di astio e di lamentela!

Una massima spesso ripetuta nelle nostre comunitร  religiose dice Vita communis mortificatio maxima: โ€œvivere in comunitร  รจ la piรน grande di tutte le mortificazioniโ€. Non solo la piรน grande, ma anche la piรน utile e piรน meritoria di tante altre mortificazioni di propria scelta. Questa massima non si applica solo a chi vive in comunitร  religiose, ma in ogni convivenza umana. Dove essa si realizza nel modo piรน esigente รจ, a mio parere, il matrimonio, e bisogna essere pieni di ammirazione davanti a un matrimonio portato avanti con fedeltร  fino alla morte. Passare la vita intera, giorno e notte, facendo i conti con la volontร , il carattere, la sensibilitร  e le idiosincrasie di unโ€™altra persona, specialmente in una societร  come la nostra, รจ qualcosa di grande e, se fatto con spirito di fede, andrebbe giร  qualificato come โ€œvirtรน eroicaโ€.

Noi, perรฒ, ci troviamo qui nel contesto della Curia che non รจ una comunitร  religiosa o matrimoniale, ma di servizio e di lavoro ecclesiale. Le occasioni da non sciupare, se vogliamo essere anche noi macinati per diventare farina di Dio, sono tante, e ognuno deve identificare e santificare quella che gli si offre nel suo posto di servizio. Ne nomino solo una o due che ritengo valide per tutti.

Una occasione รจ accettare di essere contraddetti, rinunciare a giustificarsi e volere aver sempre ragione, quando ciรฒ non รจ richiesto dallโ€™importanza della cosa. Unโ€™altra รจ sopportare qualcuno, il cui carattere, modo di parlare o di fare ci dร  sui nervi, e farlo senza irritarci interiormente, pensando, piuttosto, che anche noi siamo forse per qualcuno una tale persona. Lโ€™Apostolo esortava i fedeli di Colossi con queste parole: โ€œRivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontร , di umiltร , di mansuetudine, di magnanimitร , sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro (Col 3, 12-13). Ciรฒ che รจ piรน difficile da โ€œtriturareโ€ in noi non รจ la carne, ma lo spirito, cioรจ lโ€™amor proprio e lโ€™orgoglio, e questi piccoli esercizi servono magnificamente allo scopo.

Oggi esiste purtroppo nella societร  una specie di denti che triturano senza pietร , piรน crudelmente dei denti di leopardo di cui parlava il martire santโ€™Ignazio. Sono i denti dei media e dei cosiddetti social. Non quando essi rilevano le storture della societร  o della Chiesa (in ciรฒ meritano tutto il rispetto e la stima!), ma quando si accaniscono contro qualcuno per partito preso, semplicemente perchรฉ non appartiene al proprio schieramento. Con cattiveria, con intento distruttivo, non costruttivo. Povero chi finisce oggi in questo tritacarne, sia egli un laico o un ecclesiastico!

In questo caso, รจ lecito e doveroso far valere le proprie ragioni nelle sedi appropriate, e se ciรฒ non รจ possibile, oppure si vede che non serve a nulla, non resta a un credente che unirsi a Cristo flagellato, coronato di spine e a cui hanno sputato addosso. Nella Lettera agli Ebrei si legge questa esortazione ai primi cristiani che puรฒ aiutare in simili occasioni: โ€œPensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sรฉ una cosรฌ grande ostilitร  dei peccatori, perchรฉ non vi stanchiate perdendovi dโ€™animoโ€ (Ebr 12,3).

รˆ una cosa difficile e dolorosa al massimo, soprattutto se ne va di mezzo la propria famiglia naturale o religiosa, ma la grazia di Dio puรฒ fare โ€“e spesso ha fatto โ€“ di tutto ciรฒ occasione di purificazione e di santificazione. Si tratta di avere fiducia che, alla fine, come avvenne per Gesรบ, la veritร  trionferร  sulla menzogna. E trionferร  meglio, forse, con il silenzio che con le piรน agguerrite autodifese.

* * *

Lo scopo finale del lasciarsi macinare non รจ perรฒ di natura ascetica, ma mistica; non serve tanto a mortificare se stessi, quanto a creare la comunione. รˆ una veritร , questa, che ha accompagnato la catechesi eucaristica fin dai primi giorni della Chiesa. รˆ presente giร  nella Didachรฉ (IX,4), uno scritto dei tempi apostolici. Santโ€™Agostino sviluppa questo tema in modo stupendo in un suo discorso al popolo. Egli mette in parallelo il processo che porta alla formazione del pane che รจ il corpo eucaristico di Cristo e il processo che porta alla formazione del suo corpo mistico che รจ la Chiesa. Diceva:

Ricordate un istante cosa era una volta, quandโ€™era ancora nel campo, questa creatura che รจ il grano: la terra la fece germogliare, la pioggia la nutrรฌ; poi ci fu il lavoro dellโ€™uomo che la recรฒ sullโ€™aia, la trebbiรฒ, la vagliรฒ e la ripose nei granai; da qui la prelevรฒ per macinarla e cuocerla e cosรฌ, finalmente, diventรฒ pane. Adesso ripensate a voi stessi: non eravate e foste creati, siete stati recati sullโ€™aia del Signore, siete stati trebbiatiโ€ฆQuando avete dato i vostri nomi per il battesimo, cominciaste a essere macinati dai digiuni e dagli esorcismi; poi finalmente siete venuti allโ€™acqua, siete stati impastati e siete diventati una cosa sola; sopravvenendo il fuoco dello Spirito Santo, siete stati cotti e siete diventati pane del Signore. Ecco quello che avete ricevuto. Come, dunque, vedete che รจ uno il pane preparato, cosรฌ siate anche voi una cosa sola, amandovi, conservando la stessa fede, una stessa speranza e indivisa caritร โ€ .

Tra i due corpi โ€“quello eucaristico e quello mistico della Chiesa โ€“ non cโ€™รจ solo somiglianza, ma anche dipendenza. รˆ grazie al mistero pasquale di Cristo operante nellโ€™Eucaristia, che noi possiamo trovare la forza di lasciarci macinare, giorno per giorno, nelle piccole (e a volte nelle grandi!) circostanze della vita.

* * *

Termino con un episodio realmente accaduto, narrato in un libro intitolato โ€œIl prezzo da pagareโ€, scritto in Francese e tradotto in diverse lingue. Esso serve, meglio di lunghi discorsi, a rendersi conto della potenza racchiusa nei solenni โ€œIo Sonoโ€ di Gesรบ nel Vangelo e in particolare di quello che ho commentato in questa prima meditazione.

Alcuni decenni fa, in una nazione del Medio Oriente, due soldati โ€“ uno cristiano e lโ€™altro no โ€“ si trovavano insieme a fare da sentinelle a un deposito di armi. Il cristiano tirava spesso fuori, talvolta anche di notte, un piccolo libro e lo leggeva, attirando la curiositร  e lโ€™ironia del compagno dโ€™armi. Una notte, questโ€™ultimo fa un sogno. Si trova davanti a un torrente che perรฒ non riesce ad attraversare. Vede una figura avvolta di luce che gli dice: โ€œPer attraversarlo, hai bisogno del pane della vitaโ€. Fortemente impressionato dal sogno, al mattino, senza sapere perchรฉ, chiede, anzi costringe, il compagno a dargli quel suo libro misterioso. (Si trattava naturalmente dei Vangeli).

Lo apre e cade sul vangelo di Giovanni. Lโ€™amico cristiano gli consiglia di cominciare con quello di Matteo che รจ piรน facile da capire. Ma lui, senza sapere perchรฉ, insiste. Legge tutto dโ€™un fiato, finchรฉ giunge al capitolo sesto. Ma a questo punto รจ bene ascoltare direttamente il suo racconto:

Giunto al capitolo sesto mi fermo, colpito dalla forza di una frase. Per un attimo penso di essere vittima di unโ€™allucinazione, e rimetto gli occhi sul libro, nel punto dove mi sono arrestatoโ€ฆ Ho appena letto queste parole: โ€œโ€ฆil pane della vitaโ€. Le stesse parole che ho udito qualche ora fa nel mio sogno. Rileggo lentamente il passaggio nel quale Gesรบ, rivolgendosi ai discepoli, dice: โ€œIo sono il pane della vita, chi viene a me non avrร  piรน fameโ€. Si scatena in me, proprio in quellโ€™istante, qualcosa di straordinario, come unโ€™esplosione di calore e di benessereโ€ฆ Ho lโ€™impressione di venire rapito, portato in alto dalla forza di un sentimento mai provato, una passione violenta, un amore smisurato per questโ€™uomo Gesรบ di cui parlano i Vangeliโ€ .

Quello che, in seguito, questa persona ha dovuto soffrire per la sua fede conferma lโ€™autenticitร  della sua esperienza. Non sempre la parola di Dio agisce in un modo cosรฌ esplosivo, ma lโ€™esempio, ripeto, ci mostra quale forza divina รจ racchiusa nei solenni โ€œIo Sonoโ€ di Cristo che con la grazia di Dio ci ripromettiamo di commentare in questa Quaresima.

1.Ambrogio, In Lucam, VI, 86.
2.Imitazione di Cristo, IV,11.
3.Lutero, Sul Vangelo di Giovanni, 231.
4.Ignazio dโ€™Antiochia, Lettera ai Romani, IV,1.
5.Ib. V,1.
6.Agostino, Discorsi, 69,1 (PL 38, 440).
7.Agostino, Sermo 229 (Denis 6) (PL 38, 1103)
8.Joseph Fadelle, Le prix ร  payer. Les Editions de lโ€™ล’uvre, Paris 2010 (Trad. Ital. Il prezzo da pagare, San Paolo 2011; Engl. trans. The Price to Pay,
Ignatius Press, 2012.

Fonte