L’apostolo incontra i coniugi a Corinto e viene accolto nella loro casa, dove lavorano insieme, fabbricando tende. In questa abitazione si riunisce l’intera comunità cristiana.
Questa volta faremo salire sulla ribalta dei vari personaggi femminili presentati da Luca sia nel suo Vangelo, sia negli Atti degli Apostoli una coppia di sposi particolarmente cara a san Paolo. Essi – come vedremo – appaiono a più riprese e con affetto nell’epistolario paolino (Romani 16,3-5; 1Corinzi 16,19; 2Timoteo 4,19) e sono al centro di una pagina degli Atti degli Apostoli (c. 18). A entrambi riserveremo ora un ritratto a dittico, a testimonianza anche del rilievo che ha la famiglia nell’annuncio della fede cristiana. Il marito portava un nome latino, Aquila, grecizzato in Akylas, ma era un ebreo nativo del Ponto (regione dell’attuale Turchia).
Da quel territorio era emigrato a Roma ove si era sposato con Prisca, chiamata col diminutivo di Priscilla, nome anch’esso romano (si pensi alla mirabile catacomba romana di Priscilla sulla via Salaria). Quando l’imperatore Claudio (41-54 d.C.) espulse da Roma con un editto (49 d.C.) i giudei ivi residenti «che si agitano per istigazione di un certo Cresto», cioè Cristo, come scrive lo storico romano Svetonio, anche i due, che si erano convertiti al cristianesimo, dovettero lasciare la capitale e rifugiarsi a Corinto in Grecia. Qui incontrarono Paolo e, come scrive Luca, «poiché erano del medesimo mestiere, Paolo si stabilì nella loro casa e lavorava con loro: erano, infatti, di mestiere fabbricanti di tende» (18,3), destinate probabilmente a uso militare.
Questa amicizia con l’apostolo continuò anche quando egli si trasferì a Efeso, nell’attuale Turchia costiera: essi lo seguirono e lo aiutarono nell’attività missionaria, dedicandosi «con maggiore accuratezza» alla formazione cristiana di un convertito di nome Apollo, che sarebbe poi diventato un acclamato predicatore cristiano (18,26). Essi erano ancora con Paolo quando egli scrisse da Efeso la Prima Lettera ai Corinzi. Infatti, in finale a quel testo si legge: «Vi salutano molto nel Signore Aquila e Prisca, con la comunità che si raduna nella loro casa» (16,19). È suggestiva la menzione della loro casa nella quale i cristiani si incontravano per ascoltare la Parola di Dio e per celebrare l’Eucaristia, trasformando così quell’appartamento in una “chiesa domestica”, come accadeva nei primi anni del cristianesimo.
Cessato il divieto di Claudio, Aquila e Priscilla ritornarono a Roma e, allora, Paolo – scrivendo da Corinto ai cristiani della capitale la famosa Lettera che è anche il suo capolavoro teologico – non esita a ricordare i suoi amici, tessendo una lode e un ringraziamento per il loro amore nei suoi confronti, un amore che gli aveva salvato la vita durante un tumulto scoppiato a Efeso, quando vivevano ancora insieme: «Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù: per salvarmi la vita essi hanno rischiato la loro testa e ad essi non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese nel mondo pagano. Salutate anche la comunità che si raduna nella loro casa» (Romani 16,3-5).
Scrivendo per la seconda volta al discepolo e collaboratore Timoteo, Paolo non esiterà a menzionare ancora questi sposi: «Saluta Prisca e Aquila » (2Timoteo 4,19). Essi sono ancora oggi per le nostre coppie un vero modello di coniugi cristiani impegnati a testimoniare il Vangelo con la semplicità della loro vita e del loro lavoro, l’intensità del loro amore e con l’annuncio della parola di Cristo.
Fonte: Famiglia Cristiana