Card. Gianfranco Ravasi – Un vello di lana e la rugiada

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C’è un curioso dato quantitativo che rivela il rilievo rivestito nelle Sacre Scritture dal tema vocazione. Nel 2007 il Centro internazionale vocazionale Rogate pubblicava un imponente Dizionario biblico della vocazione (Ed. Rogate, Roma), ove erano convocati ben 70 studiosi per approntare qualcosa come 160 voci. I personaggi e i diversi aspetti di una realtà fondamentale nell’esperienza umana e spirituale sono, quindi, molteplici e si presentano all’interno di scene eterogenee.

Questa volta noi andiamo a scovare una fi€gura minore, anzi, un giovane che così si de€finisce: «La mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo della casa di mio padre». Si tratta di Gedeone, la cui vicenda è descritta nei capitoli 6-8 del libro biblico dei Giudici. Nonostante la sua pochezza, anzi, proprio a causa della sua umiltà, sarà spinto da Dio a diventare un «giudice» in Israele, cioè un governatore-salvatore del suo popolo, minacciato dall’ostilità di un gruppo tribale agguerrito, quello dei Madianiti.

Noi, però, lasciamo al lettore di scoprire nelle pagine bibliche citate la strategia militare geniale di questo eroe semplice, e soprattutto lo invitiamo ad assistere, quasi in presa diretta, all’assalto notturno condotto a sorpresa nell’accampamento nemico da Gedeone secondo la narrazione quasi “filmica” di Giudici 7,16-25. La nostra attenzione si €fissa, invece, sulla sua chiamata che avviene mentre è al lavoro: sta macinando il grano nel frantoio per farne farina.

All’improvviso si presenta un angelo al quale subito Gedeone oppone la protesta di un popolo umiliato e oppresso, apparentemente ignorato dal suo Dio. A questo punto, l’angelo si dissolve ed entra in scena lo stesso Signore provocato dal reclamo del giovane. Lo prende in parola e gli impone una missione: «Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian! Non ti mando forse io?». Ma Gedeone è sospettoso e la sua diventa una vocazione travagliata, alla quale tenta di sottrarsi, accampando scuse e ragioni.

Dio, allora, si piega a queste resistenze per rispettare la libertà della persona e accetta di offrire prove che spingano Gedeone all’accettazione. La prima è basata sul sacrificio di un capretto con un rituale un po’ complesso: un fuoco che scende dal cielo e incenerisce la vittima attesta – attraverso l’intervento dell’angelo – che è il Signore a confermare la qualità divina della vocazione. Ma Gedeone non è ancora convinto e propone un’ulteriore prova. Si tratta di un doppio miracolo descritto in Giudici 6,36-40.

Al centro c’è un vello di lana steso sull’aia: il primo giorno esso dovrà essere impregnato di rugiada, mentre il resto del terreno rimarrà del tutto asciutto, e viceversa l’indomani. Uno strano segno legato alla cultura contadina che alla €fine convince Gedeone a impegnarsi in un’avventura più grande di lui. Curiosamente l’immagine del vello, alla €fine del Medio Evo, diverrà un simbolo della concezione verginale di Maria, fecondata dalla rugiada divina e non da seme umano. Noi, però, attraverso questa storia travagliata di vocazione, scopriamo che Dio, chiamando una persona per una missione, ne rispetta la libertà e accetta che la razionalità entri in azione a sostenere la scelta del chiamato. Non è forse vero che, pur lodando la purezza della fede totale, Cristo concede a Tommaso una verifi€ca tangibile della sua risurrezione?

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