Nelle Scritture sono presenti tanti animali, dal grande cammello alla pulce. Nel Creato Dio ha assegnato all’umanità un ruolo preminente, anche se a volte essa ne ha alterato l’armonia Le Sacre Scritture sono popolate da un curioso e colorato bestiario che va dal mastodontico cammello fino al tarlo nascosto nel legno e alla pulce.
Nel racconto di apertura della Genesi l’ingresso in scena degli animali coincide sostanzialmente con quello dell’uomo. È, infatti, nel sesto giorno di quella narrazione che Dio completa la creazione degli animali iniziata il quinto giorno ordinando «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici secondo la loro specie… Dio vide che era cosa buona/bella» (1,24-25). Sia nell’uomo, che verrà creato subito dopo come vertice dell’atto divino, sia nell’animale corre lo stesso spirito o «alito» vitale (1,30), ed è per questo che tutte le creature viventi sono sotto la protezione del Creatore che si cura anche dei «piccoli del corvo che gridano» (Salmo 147,9).
Infatti, «buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature… Uomini e bestie tu salvi, Signore» (Salmi 145,9; 36,7). È per questo che anche «bestie e animali domestici, rettili e uccelli alati» sono in- vitati a intonare un canto di lode al Signore (148,10). Tuttavia questa visione non sconfina in quella della tradizione religiosa indiana che considera ogni creatura vivente una manifestazione divina. L’umanità ha una funzione primaziale nel Creato, espressa attraverso una frase divina decisiva: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra» (Genesi 1,26).
L’uomo, però, può trasformarsi in un tiranno che devasta la creazione di Dio e ne altera l’armonia. Per questo Isaia dipinge l’era messianica come un mondo di pace in cui le bestie, travolte dalle opposizioni indotte dalla sopravvivenza e dallo stesso male dell’uomo, ritornano a convivere gioiosamente, e «il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso» senza nessuna paura (11,6-8). Nella Bibbia gli animali spesso portano su di sé caratteristiche impresse dall’uomo. Così, si ha una puntuale classificazione tra animali «puri e impuri» sia per l’uso sacrificale sia per quello commestibile, sulla base di tradizioni ancestrali, folcloriche e ambientali (si legga, ad esempio, Levititico 11, 1-47 o Deuteronomio 14, 3-21).
Altre volte essi ricevono funzioni simboliche alte. È il caso dell’agnello pasquale segno di Cristo. La colomba, invece, nella scena del battesimo di Gesù incarna lo Spirito Santo (Luca 3,22), mentre nell’Antico Testamento era quasi lo stemma di Israele (Osea 7,11). Gli animali, però, possono acquistare anche aspetti oscuri, divenendo espressione del male, a partire dal serpente della Genesi che forse rappresenta l’idolo dei culti pagani sessuali e che poi sarà identificato nel diavolo (Sapienza 2,24; Apocalisse 20,2).
È in questa luce che emergono dalle pagine bibliche i mostri come il drago dell’Apocalisse che tenta di divorare il bambino partorito dalla donna vestita di sole e coronata da dodici stelle (cap. 12), o come la Bestia terrestre e quella marina che lo stesso libro biblico descrive nel cap. 13 come segno del male della storia, sulla scia di immagini analoghe del profeta Daniele. La stessa funzione avevano i due mostri Behe-mot e Leviatan presentati da Dio nella sua risposta a Giobbe (cc. 40-41).
Non bisogna, infine, dimenticare che spesso l’uomo si rivela come la creatura animale più perversa, capace di nefandezze mostruose. Scriveva un importante filosofo russo, Vladimir Solov’ëv (1853-1900): «L’uomo non può mai essere uguale a un animale: o si eleva e diventa migliore, o sprofonda in basso e diventa molto peggiore».
Fonte: Famiglia Cristiana