Dalla prima pagina della Bibbia coi «cherubini dalla fiamma della spada folgorante», posti a guardia del giardino dell’Eden (Genesi 3,24) fino al coro angelico che popola l’Apocalisse, la Bibbia è animata dalla presenza di queste figure sovrumane ma non divine, la cui realtà era nota anche alle culture circostanti Israele, sia pure con modalità differenti. Il nome stesso ebraico, mal’ak, e greco, ánghelos, ne denota la funzione: significa, infatti, “messaggero”, così da salvaguardare la trascendenza di Dio, ossia il suo essere misterioso e diverso rispetto a noi, ma al tempo stesso renderlo vicino, comunicandoci la sua parola e la sua azione, proprio come fa il “messaggero” o l’ambasciatore.
Noi, però, vogliamo segnalare un aspetto abbastanza curioso nella loro rappresentazione biblica. Essi appaiono spesso come figure giovanili. Il primo esempio riguarda l’amico che accompagna il giovane Tobia nella sua missione nuziale ed economica da Ninive a Ecbatana. Il ragazzo sta per partire verso l’estero, a lui ignoto, e, uscito di casa, s’imbatte in un giovane: era «l’angelo Raffaele, ma egli non sospettava minimamente che fosse un angelo di Dio» (Tobia 5,4), anche perché si celava sotto il nome di Azaria.
Tobia junior gli aveva detto: «Aspetta, o giovane, che vada ad avvertire mio padre» (5,7). Da quel momento era iniziata l’avventura dei due compagni di viaggio. Un altro esempio di angelo giovane è coinvolto in un evento pubblico e clamoroso. Siamo nel II sec. a.C. quando sul popolo ebraico incombeva l’oppressione siro-ellenistica. Il re Seleuco IV Filopatore (187-175 a.C.) aveva inviato un suo generale, Eliodoro, a violare l’area sacra del tempio di Gerusalemme per sequestrare il tesoro e trasferirlo nell’erario del re.
Il generale avanza pomposo nel santuario di Sion per eseguire l’ordine reale. Ma ecco, all’improvviso, un colpo di scena narrato con enfasi dal Secondo Libro dei Maccabei: un cavaliere terribile con un’armatura d’oro s’avventa su Eliodoro tentando di calpestarlo col suo cavallo. A questo punto «comparvero altri due giovani dotati di grande forza, splendidi per bellezza e meravigliosi nell’abbigliamento: postisi ai due lati lo flagellavano senza posa, infliggendogli numerose percosse. In un attimo fu gettato a terra e si trovò immerso in una fitta oscurità» (3,25-27).
Dietro questi due proli giovanili si celano altrettanti angeli inviati da «colui che ha la sua dimora nei cieli e che è custode e difensore del luogo sacro» (3,39). Ed è facile accostare a questa pagina biblica il mirabile affresco che ne ha fatto Raffaello nelle Stanze Vaticane che portano il suo nome. Ma passiamo ai Vangeli ove – come scriveva il famoso teologo Hans Urs von Balthasar – «gli angeli circondano l’intera vita di Gesù, appaiono nel presepe come splendore della discesa di Dio in mezzo a noi; riappaiono nella risurrezione e nell’ascensione come splendore dell’ascesa in Dio».
Noi evochiamo solo i giovani angeli della risurrezione, come si legge nel Vangelo di Marco, quando nell’alba di Pasqua, le donne «entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca» (16,5). Sarà questa creatura angelica – come la esplicita Matteo (28,2-3), mentre Luca introduce «due uomini in abito sfolgorante» (24,4) – a proclamare il Credo cristiano che anche noi professiamo: «Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto, non è qui» (Marco 16,6). Il giovane angelico è colui che pone il suggello di Dio sulla fede della Chiesa.
Fonte: Famiglia Cristiana