Card. Angelo Comastri – Commento al Vangelo del 17 Aprile 2025 – Giovedì Santo

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L’Eucaristia, se trova il cuore aperto, rende possibile il miracolo dell’Amore

Commento al Vangelo a cura del Card. Angelo Comastri – Vicario Emerito di Sua Santità per la Città del Vaticano – Arciprete Emerito della Basilica Papale di San Pietro.

L'Eucaristia, se trova il cuore aperto, rende possibile il miracolo dell'Amore - Card. A. Comastri

Il commento del Card. Comastri si incentra sull’Eucaristia e il Giovedì Santo, connettendo l’Ultima Cena all’Antico Testamento e alla distruzione del Tempio di Gerusalemme come metafora del cuore umano.

Viene sottolineata la continua tendenza umana al peccato e al tradimento, nonostante i tentativi di Dio di richiamare all’amore. Gesù, come vero agnello pasquale, offre la liberazione dalla schiavitù del peccato attraverso il dono della sua vita e il comandamento dell’amore fraterno, reso possibile dall’Eucaristia.

Quest’ultima è presentata come il mezzo per realizzare concretamente l’amore di Cristo, capace di superare l’odio e generare atti di carità eroica nella storia. Il cardinale esorta ad accogliere questo amore eucaristico con un cuore aperto per sperimentare il “miracolo dell’amore” nelle proprie vite e nelle relazioni con gli altri. Infine, si invita a prendere sul serio il comandamento di Gesù, imitando il suo gesto umile del lavaggio dei piedi e sostenendosi reciprocamente con la preghiera.

TRASCRIZIONE DEL VIDEO

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Sia lodato Gesù Cristo. Santa Messa nella Cena del Signore, Giovedì Santo. La sera del Giovedì Santo, con la fede noi entriamo nel Cenacolo e osserviamo con grande emozione gli ultimi gesti di Gesù e ascoltiamo le sue ultime parole, che sono il testamento che ha lasciato a tutti noi.

Gesù è a tavola con gli apostoli per consumare l’agnello pasquale, l’agnello che ricordava la liberazione del popolo di Dio dalla schiavitù del faraone. Gesù sapeva che, dopo la liberazione, il popolo di Dio era ricaduto nella schiavitù, nella peggiore schiavitù che è quella del peccato e dell’infedeltà ai comandamenti di Dio. Infatti, nel viaggio verso la terra della libertà, Dio aveva donato al suo popolo le regole della libertà che sono i comandamenti, ma il popolo aveva calpestato i comandamenti ed era diventato preda dei faraoni dell’orgoglio, dell’invidia, dell’egoismo, dell’impurità, della vendetta e dell’odio, che sono faraoni peggiori del faraone d’Egitto.

Gesù sapeva che il Padre aveva tentato di scuotere la coscienza del popolo di Dio che non era più popolo di Dio. Il Padre misericordioso, infatti, aveva inviato il profeta Geremia. E il profeta, in un momento di massima corruzione e di nauseante infedeltà, era entrato nell’atrio del tempio di Gerusalemme e aveva chiesto di essere ascoltato dai pellegrini che affollavano quel luogo. Si fece silenzio e il profeta, con impressionante coraggio, gridò: “Ascoltatemi bene: voi venite in questo tempio e vi sentite sicuri dicendo ‘il tempio è il luogo della presenza di Dio in mezzo a noi e pertanto non ci potrà accadere alcun male’. Stolti!” urlò il profeta, “Stolti! Il vero tempio siete voi, il vero tempio è il vostro cuore, il vero tempio sono le vostre famiglie e questo tempio è un cumulo di macerie, un groviglio di peccati e di infedeltà. Pertanto,” urlò il profeta Geremia a nome di Dio, “ho il dovere di dirvi che questo splendido tempio di pietra cadrà a pezzi per ricordarvi e farvi capire che il tempio nei vostri cuori è stato demolito, profanato e distrutto dai vostri peccati”.

E Gesù sapeva che la reazione della gente non fu il pentimento e la conversione, ma l’esecuzione nei confronti del profeta. E le parole del profeta si compirono puntualmente. Infatti, nell’anno 587 avanti Cristo, l’esercito di Nabucodonosor, re di Babilonia, entrò in Gerusalemme e distrusse totalmente il tempio e portò in esilio gli abitanti di Gerusalemme e li rese schiavi, un’esperienza terribile. Ma secondo la promessa di Dio, che ha riserve infinite di pazienza e di misericordia, il re Ciro, nell’anno 538, restituì la libertà al popolo che poté ritornare a Gerusalemme e venne ricostruito il tempio. E ai tempi di Gesù, il Nuovo Tempio ricevette gli ultimi abbellimenti per opera del re Erode. Ma Gesù, attenti bene, pochi giorni prima di mettersi a tavola con gli apostoli, si era fermato a guardare lo splendido tempio ricostruito e improvvisamente era scoppiato a piangere e, lasciando sbigottiti gli apostoli, aveva detto con tono profondamente addolorato: “Ancora una volta il vero tempio l’avete demolito nei vostri cuori. Quante volte Dio ha cercato di avvicinarvi come fa una gallina quando raccoglie i pulcini sotto le sue ali, ma non avete voluto, non avete voluto ascoltare. Ebbene, non passerà questa generazione e anche questo tempio sarà distrutto e non resterà pietra su pietra”. E da Roma partirono le potenti legioni che nell’anno 70 distrussero il Nuovo Tempio e lo resero un ammasso di macerie, e a Gerusalemme sono ancora tristemente visibili le rovine di quella distruzione e in silenzio quelle rovine parlano e gridano che staccarsi da Dio e ribellarsi a Dio e calpestare i comandamenti di Dio ha sempre conseguenze drammatiche.

Gesù sapeva tutto questo e sapeva che l’agnello della liberazione dalla schiavitù d’Egitto era soltanto un simbolo, il vero agnello era lui, era lui il liberatore dalla schiavitù della cattiveria, dell’egoismo, dell’orgoglio, del rancore, dell’odio e della vendetta. Ma come avverrà la liberazione? L’evangelista Giovanni, introducendo il racconto emozionante dell’ultima cena, si esprime così: “Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Compimento cioè fino al dono della propria vita, fino al punto oltre il quale non si può andare. Infatti sulla croce, prima di morire, Gesù disse: “Tutto è compiuto”. Cioè, ho messo in mezzo alla cattiveria umana un gesto di amore infinito che, se viene accolto, può cambiare la vita dell’umanità.

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E nell’ultima cena Gesù ha consegnato agli apostoli, e quindi anche a noi, un comandamento che ci distingue da tutti e ci mette in comunione con il gesto di infinito amore della croce. Gesù infatti disse: “Amatevi, amatevi, amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi, come io ho amato voi”. Il cuore di questo comandamento e la novità di questo comandamento sta in queste parole: “come io ho amato voi”. E per tradurre concretamente e visivamente la portata enorme di questo comandamento, Gesù si alzò da tavola e prese un asciugatoio e, preso un catino e una brocca, cominciò a lavare i piedi agli apostoli e aggiunse: “Fate così anche voi”.

Gesù sapeva che Giuda l’avrebbe tradito e tanti altri Giuda l’avrebbero tradito. Gesù sapeva che Pietro l’avrebbe rinnegato e tanti altri l’avrebbero rinnegato. Gesù sapeva che gli apostoli sarebbero fuggiti nell’ora della passione e l’avrebbero abbandonato e tanti altri nel corso dei secoli l’avrebbero abbandonato. Eppure ci ha consegnato la brocca e l’asciugatoio e il comandamento dell’amore fraterno. E per rendere possibile la realizzazione del comandamento dell’amore, ci ha regalato l’Eucaristia, la Santa Messa, cioè il miracolo dell’amore di Gesù che attraversa le cattiverie, attraverso i tradimenti e li vince, suscitando tante, tante novità e tanti miracoli di carità.

L’amore di Gesù vince la cattiveria suscitando il perdono eroico di Maria Goretti verso il suo assassino che l’aveva pugnalata 14 volte. L’amore di Gesù vince suscitando il dono spontaneo della vita di Massimiliano Kolbe per salvare un prigioniero che neppure conosceva. Diede la vita. L’amore di Gesù vince suscitando il perdono di Giovanni Paolo II nei confronti del criminale che gli sparò in piazza San Pietro e suscita tantissimi, tantissimi continui miracoli di amore. Avverrà in noi questo miracolo? L’Eucaristia, se trova il cuore aperto, rende possibile il miracolo dell’amore in tutte le direzioni, in tutte le situazioni, verso tutte le persone. Prenderemo sul serio il comandamento di Gesù? Prenderemo in mano la brocca dell’acqua dell’umiltà e ci chineremo verso le persone e le situazioni dove Gesù aspetta che noi portiamo il suo amore? In questo momento cambierà qualcosa nella nostra vita, subito da stasera.

Vergine Santa e fedele fino al Calvario, Apostolo Pietro che da rinnegato diventasti roccia, mettete la nostra povertà e la nostra debolezza a disposizione di questo amore così grande, non sciupiamolo e sosteniamoci gli uni gli altri con la preghiera vicendevole. Anche questa preghiera è un’espressione concreta del comandamento dell’amore. Sia lodato Gesù Cristo.


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