Essere suoi testimoni. Il coraggio che l’incontro con il Risorto infonde può darci la libertà di vivere la fede in lui senza ipocrisie e davanti a tutti. Liberi di obbedire a Dio, i cristiani possono essere segni autentici di rinnovamento del mondo.
Il dialogo tra Gesù e Pietro, dopo il racconto della pesca miracolosa, richiama i discepoli al loro compito nella storia: essere suoi testimoni, diventando pescatori di uomini. Per tre volte Gesù chiede a Pietro se lo ami, e per tre volte risuona l’invito di Gesù a pascere i suoi agnelli. La triplice domanda d’amore evoca allo stesso tempo il triplice tradimento di Pietro. E come lui, siamo chiamati in causa anche noi credenti di oggi: l’essere discepoli non solo ci mette a confronto con le nostre debolezze e i tradimenti, ma soprattutto con l’essenza del discepolato: l’amore.
Il vangelo ci richiama, nella sua prima parte, al significato dell’eucaristia: Gesù si presenta e si rivela come colui che dà da mangiare ai discepoli che lo seguiranno. Questo dono evoca, con la sua forza simbolica, il dono che viene fatto in ogni eucaristia, nella quale il frutto della terra e del lavoro dell’uomo si unisce con il dono che Gesù fa di sé stesso.
Ad un contesto di testimonianza invita anche la prima lettura: l’audacia con cui gli apostoli continuano a proclamare il Vangelo è segno tangibile dell’azione dello Spirito. È lui che anima e guida ogni agire missionario dei cristiani, che non si traduce in proselitismo, ma in esempio credibile di fronte al mondo, al di là di ogni ostilità.
Nella seconda lettura la liturgia celeste, che celebra il trionfo dell’Agnello, ci dona sicurezza che, lungo la storia e nonostante gli insuccessi della missione e le persecuzioni, sarà il Risorto a vincere.
Fonte: Servizio della Parola