È venuto a cercare chi era perduto. La parabola evangelica del figlio perduto e ritrovato è la più illuminante per comprendere chi è Dio per noi: un ‘padre’ che mantiene le braccia aperte, che non nega identità e dignità neppure ai figli che si allontanano da casa.
La parabola del figlio perduto e ritrovato, al centro dell’annuncio in questa domenica, fa riflettere sulla relazione fondamentale tra credente e Dio: quando lo sguardo dell’uomo si offusca e vede in Dio non un padre accogliente, ma piuttosto un antagonista, un impedimento ai suoi desideri, cercherà di fuggire da lui, perché sentito come un ostacolo alla propria libertà e realizzazione.
Allora l’uomo prende come unico riferimento se stesso e si illude di costruire l’esistenza nella ricerca del proprio arbitrio, piacere, interesse. La parabola è di grande attualità nel paradigma culturale che contraddistingue l’uomo della modernità.
L’annuncio del vangelo è alternativo ai modelli che dominano la no-stra cultura: Dio ci è padre misericordioso, ma proprio per questo vuole che siamo fratelli misericordiosi fra di noi. Sia la relazione del figlio minore sia l’atteggiamento del figlio maggiore vengono sovvertiti dalla risposta del Padre.
Tale è anche la lezione della prima lettura: il popolo uscito dall’Egitto deve ricordare la condizione d’esilio per ricominciare a vivere in modo nuovo. L’agire di Dio nella storia umana non si limita alla liberazione dal male, ma mira a costruire un’umanità nuova, mediante relazioni nuove.
Questo è anche il messaggio della seconda lettura: Dio ci ha riconciliati a sé in Cristo, ci ha resa possibile una relazione nuova con Dio e fra di noi, al di là delle colpe di cui portiamo la responsabilità.
Fonte: Servizio della Parola