BOSE: Meditazione di Avvento – 15 dicembre 2015

Mt 25,31-46 (Lezionario feriale di Bose)
31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». 37Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». 40E il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato». 44Anch’essi allora risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?». 45Allora egli risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me». 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

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La pagina del giudizio escatologico (Mt 25,31-46) rivela la conseguenza più radicale dell’incarnazione: colui che si è fatto carne, lo si incontra nei poveri. “Quanto avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me”. E rivela fin dove giunge il decentramento che Gesù ha vissuto già nel suo ministero storico quando si è fatto servo dei bisognosi e ha lasciato regnare Dio sulla sua persona. Nella pagina di Matteo Gesù afferma: non io, ma i poveri, i miei fratelli più piccoli. Come se Gesù si nascondesse negli invisibili della storia e dunque fosse presente in essi e rivelato dal loro volto.

I poveri sono la carne di Cristo e i portatori, inconsapevoli, del giudizio escatologico. Portatori inconsapevoli, ma di beata inconsapevolezza, dell’inconsapevolezza che è libertà dal protagonismo e dall’egocentrismo, dal detestabile ego. E il Gesù di questa visione escatologica, il Re e il Giudice, è pienamente agape nel suo essere totalmente libero dal dispotismo dell’ego. Qui risplendono in modo sommo il suo essere senza peccato e il senso della sua resurrezione dalla morte: nel suo essere trasparenza del Padre e decentramento nei poveri vincendo la potenza mortifera dell’ego che continua invece a tiranneggiare e a ridicolizzare le nostre esistenze.

L’agape come libertà dall’ego è anche nei benedetti, in coloro che sono sorpresi dalle parole di Gesù “avevo fame e mi avete dato da mangiare”. La sorpresa, lo stupore meravigliato dice la loro libertà, il loro aver agito in semplicità, senza secondi fini: essi mai e poi mai hanno pensato di servire Cristo quando hanno compiuto umanissimi gesti di bene verso i loro compagni in umanità. La loro ignoranza è libertà, la loro inconsapevolezza è beatitudine. Mai e poi mai essi hanno servito le persone perché in esse vedevano Cristo, ma solo perché erano persone che, nel loro bisogno, li interpellavano. Essi restano stupiti e attoniti di fronte alla rivelazione del Giudice, ridiventano cioè infanti, senza parola, entrano in quella condizione di bambini a cui è spalancato l’accesso al Regno di Dio.

[ads2]Non così i maledetti, coloro che non sono vittime di chissà quale castigo o condanna, ma sono ancora prigionieri del loro ego. Essi presumono e pretendono: “Quando mai ti abbiamo visto nel bisogno e non ti abbiamo servito?”. Difesa di sé, autogiustificazione, menzogna, battaglia ingaggiata con il Giudice per difendere se stessi nel loro aver fatto sempre il bene. Difesa strenua, ossessiva, quasi patologica, del loro ego, del loro essere nel giusto, inattaccabili. Impenetrabili a ogni osservazione, immuni a ogni rimprovero, essi sono anche chiusi a ogni rivelazione: per loro non c’è rivelazione, perché essi già sanno la verità.

E così si chiudono a quella salvezza che passa attraverso l’incrinarsi della corazza dell’ego e l’apertura all’altro. In questo modo, la pagina del giudizio escatologico parla di noi e del nostro oggi. Parla della battaglia che ci resta da fare ogni giorno tra agape e filautía.

Fratel Luciano della comunità monastica di Bose

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