Benedetto XVI rivela gli esiti di un’indagine nella tomba dell’Apostolo delle Genti

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San Paolo, l’Apostolo del non-conformismo, della fede adulta, della verità nella carità: si è espresso così Benedetto XVI ieri sera, durante i Vespri presieduti nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, in occasione della chiusura dell’Anno Paolino. Alla celebrazione, ha partecipato anche una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Durante l’omelia, il Papa ha annunciato che è stata eseguita un’indagine scientifica sul sarcofago dell’Apostolo delle Genti: i frammenti ossei in esso contenuti, ha detto, appartengono proprio a San Paolo.

Il servizio di Isabella Piro

Un sarcofago mai aperto in tanti secoli ed ora perforato per permettere l’introduzione di una speciale sonda che ha esaminato il suo contenuto. Benedetto XVI parte dall’annuncio di questa indagine scientifica, compiuta recentemente sulla tomba di San Paolo, per tratteggiare la figura dell’Apostolo delle Genti. Un’analisi che rivelato, all’interno del sarcofago, tracce di un tessuto di lino color porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto azzurro con filamenti di lino. Riscontrata anche la presenza di grani di incenso rosso e di sostanza proteiche e calcaree. Ma non solo: “Piccolissimi frammenti ossei, sottoposti all’esame del carbonio 14 da parte di esperti ignari della loro provenienza, sono risultati appartenere a persona vissuta tra il I e il II secolo. Ciò sembra confermare l’unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti mortali dell’apostolo Paolo. Tutto questo riempie il nostro animo di profonda emozione”. L’Anno Paolino si conclude, dice il Papa, ma essere in cammino con Paolo e, grazie a lui, conoscere Gesù, essere illuminati e trasformati dal Vangelo farà sempre parte dell’esperienza cristiana. Quindi, il Pontefice si sofferma sulle Lettere di San Paolo, a partire da quella indirizzata ai Romani. In essa, sono contenute due parole decisive: “trasformare” e “rinnovare”. “Dobbiamo diventare uomini nuovi”, scrive l’Apostolo delle Genti, perché “solo se ci saranno uomini nuovi, vi sarà anche un mondo nuovo, rinnovato e migliore”. Per questo, dice il Papa, “San Paolo ci esorta ad un non-conformismo”, a “non sottomettersi allo schema dell’epoca attuale”: “Diventiamo nuovi, se ci lasciamo afferrare e plasmare dall’Uomo nuovo Gesù Cristo. Egli è l’Uomo nuovo per eccellenza. In Lui la nuova esistenza umana è diventata realtà, e noi possiamo veramente diventare nuovi se ci consegniamo alle sue mani e da Lui ci lasciamo plasmare”. Tuttavia, continua il Pontefice, si diventa uomini nuovi solo se si trasforma il modo di pensare, quel “pensiero dell’uomo vecchio”, quel “modo di pensare comune rivolto in genere verso il possesso, il benessere, il successo, la fama”. Un pensiero, afferma Benedetto XVI, che ha una portata “troppo limitata”, in cui il proprio ‘io’ resta al centro del mondo. Bisogna, invece, imparare a pensare in maniera più profonda: “Bisogna imparare a comprendere la volontà di Dio, così che questa plasmi la nostra volontà. Affinché noi stessi vogliamo ciò che vuole Dio, perché riconosciamo che ciò che Dio vuole è il bello e il buono. Si tratta dunque di una svolta nel nostro spirituale orientamento di fondo. Dio deve entrare nell’orizzonte del nostro pensiero: ciò che Egli vuole e il modo secondo cui Egli ha ideato il mondo e me”. Poi, il Santo Padre si sofferma su un passo della Lettera agli Efesini in cui Paolo parla di una “fede adulta”. Ma attenzione, dice il Papa: non si tratta di quello “slogan diffuso” negli ultimi decenni, che intende la fede adulta come la “fede fai da te”, tipica di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori e sceglie autonomamente ciò che vuol credere. Un atteggiamento simile, afferma Benedetto XVI, non richiede coraggio. Il coraggio è un’altra cosa: “Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo ‘schema’ del mondo contemporaneo. È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una ‘fede adulta’. Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo. Così fa parte della fede adulta, ad esempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi. Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo. La fede adulta non si lascia trasportare qua e là da qualsiasi corrente. Essa s’oppone ai venti della moda. Sa che questi venti non sono il soffio dello Spirito Santo; sa che lo Spirito di Dio s’esprime e si manifesta nella comunione con Gesù Cristo”. Una “fede matura, veramente adulta in maniera positiva”, continua il Papa, sarà allora “l’agire secondo verità nella carità”: “Il nuovo modo di pensare, donatoci dalla fede, si volge prima di tutto verso la verità. Il potere del male è la menzogna. Il potere della fede, il potere di Dio è la verità. La verità sul mondo e su noi stessi si rende visibile quando guardiamo a Dio. E Dio si rende visibile a noi nel volto di Gesù Cristo. Guardando a Cristo riconosciamo un’ulteriore cosa: verità e carità sono inseparabili. In Dio, ambedue sono inscindibilmente una cosa sola: è proprio questa l’essenza di Dio. Per questo, per i cristiani, verità e carità vanno insieme. La carità è la prova della verità”. “Chi insieme con Cristo serve la verità nella carità – sottolinea Benedetto XVI – contribuisce al vero progresso del mondo”, un progresso che si verifica “là dove aumenta la presenza di Cristo”. Quindi, il Santo Padre parla di uno dei grandi problemi del nostro tempo: il vuoto interiore, quella “debolezza dell’uomo interiore” che lo spinge ad aggrapparsi a “promesse e narcotici”: “Deve essere rafforzata l’interiorità – la percettività del cuore; la capacità di vedere e comprendere il mondo e l’uomo dal di dentro, con il cuore. Noi abbiamo bisogno di una ragione illuminata dal cuore, per imparare ad agire secondo la verità nella carità. Questo, tuttavia, non si realizza senza un intimo rapporto con Dio, senza la vita di preghiera. Abbiamo bisogno dell’incontro con Dio, che ci vien dato nei Sacramenti”. “L’amore vede più lontano della semplice ragione”, conclude il Papa, e ci dice che “il mistero di Cristo ha una vastità cosmica; Egli non appartiene solo ad un determinato gruppo”, ma “abbraccia l’universo in tutte le sue dimensioni”. La preghiera finale, allora, è che il Signore ci aiuti a rinascere la vastità del suo amore e della sua verità. (canto)