Fin dall’inizio, come ricorda Genesi, l’uomo vive in relazione con tutte le cose: l’ambiente, gli animali, le piante, il cosmo intero, l’altro diverso da sé. Per questo il compito che ci attende fin dall’origine non è fuggire la fatica degli affetti, ma impararne la saggezza. Da parte di Dio le relazioni si sostengono sul riconoscimento della diversità, abbandonando ogni tipo di potere sull’altro.
Da parte nostra cogliamo che è così, ma fatichiamo a riconoscere le relazioni come una benedizione. Basta un attimo per affermare “è mio, mi va bene finché ne ho bisogno”, piuttosto che dire “ti riconosco, sei diverso da me, dunque possiamo camminare insieme”. Gesù, nel confronto con i farisei, riprende il tema di Genesi: “È inevitabile che i rapporti tra gli uomini, a causa della durezza di cuore, siano complicati e ambigui.
Possono fallire e poi riprendere, o essere ricuciti in modo diverso. In ogni caso, ciò che Dio ha unito e non può essere diviso è il legame di ogni essere umano con gli altri. È questo che non devi smettere mai di cercare, con fiducia”. Sono le relazioni che ci salvano, non la solitudine. Se fin da piccoli siamo stati abituati a non essere dei narcisi onnipotenti, forse possiamo avere più strumenti interiori per custodire la faticosa benedizione degli affetti umani.
Sarà anche per questo che Gesù insiste nell’accogliere e abbracciare i bambini? Il rapporto uomo-donna è il culmine di questo segreto. Può incrinarsi o fallire, ma è questa la lieta notizia rivolta a tutti, senza distinzioni: è nella fiducia restituita da Gesù a ciascuno di noi che si possono sempre ricreare le condizioni per ritessere le fila, in modo inedito.
A cura dell’Azione cattolica italiana.
Fonte | Per gentile concessione dell’Editrice AVE