Dinanzi al dramma della morte e della sofferenza, Gesù manifesta la sua opera benefica, rinnovando nell’uomo l’entusiasmo per la vita. Dopo la notizia della morte della figlioletta di Giairo, capo della sinagoga, l’evangelista Marco si sofferma a considerare il contesto funebre, che abitualmente accompagna un evento così tragico, e l’ironia manifestata da alcuni circa la volontà di Gesù di voler comunque vedere la ragazza.
La durezza della morte sconvolge spesso i nostri giorni, soprattutto quando giunge nel fiore degli anni, portandosi via tanti giovani. Quante volte la morte è divenuta pietra di inciampo per la fede, motivo di maledizione e di bestemmia nei confronti di Colui che «ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece a immagine della propria natura» (Sap 2,23). Esattamente di fronte alla realtà della morte, Marco riporta le parole che ridanno la vita, pronunciate da Gesù: «Talità kum».
Lungo la strada Gesù aveva richiesto a Giairo di non lasciarsi prendere dalla paura e di perseverare nella fede proprio quando tutto sembrava essere finito. La vita emerge sempre tra le macerie della morte distruttrice solo quando l’uomo è capace di manifestare la fede in Gesù. Egli si è caricato della sofferenza umana fino alla morte, per offrire all’uomo la certezza che, rivolgendosi a Dio, mai sarà abbandonato. L’impegno è di proclamare che Gesù è la risurrezione e la vita, coltivando la speranza e alimentando la certezza che la fede, divenendo visibile, permetterà all’amore di non tramontare mai.
A cura dell’Associazione italiana guide e scouts d’Europa.
Fonte | Per gentile concessione dell’Editrice AVE