Si legge nella prima Lettura che nell’accampamento ci sono Eldad e Medad che profetizzano oltre i 70 scelti da Mosè per il governo del popolo. Giosuè se ne lamenta con Mosè che replica: «Sei forse geloso?». Nel Vangelo troviamo una scena simile. Gesù chiama a sé i Dodici e dà loro «potere e autorità di scacciare tutti i demoni, di guarire le malattie», e poi li manda a predicare il Regno di Dio. Tra la gente c’è un tizio che scaccia i demoni nel nome di Gesù: la cosa sembra assurda, tanto che Giovanni con gli altri aveva tentato d’impedirglielo e lo riferisce a Gesù.
Ma l’invidia, come la gelosia, è un sentimento presente nell’uomo, cova contro tutti e contro tutto. La Chiesa la annovera fra i sette vizi capitali. Essa, dunque, esiste e si insinua in tanti modi, anche nella vita spirituale e religiosa dei singoli e dei gruppi. A volte si manifesta col marchio dell’esclusività, con la pretesa cioè che solo il gruppo parrocchiale, solo l’associazione d’appartenenza siano depositari della verità, possano salvare il mondo.
Ciò può accadere a chiunque, quando percepisce che qualcuno possa essere migliore di lui, riscuotere più successo, più consenso, anche nell’operare il bene per gli altri. Invece, dobbiamo credere che il Signore, oggi, vuole invitarci a non “scandalizzarci” del bene altrui, ad accettare che non siamo gli unici possessori di verità: questa, come la bontà, da chiunque provenga, anche da persone non cristiane, è generata dallo Spirito Santo. Godiamo, allora, nel constatare che ci sono persone che fanno opere buone, che praticano l’accoglienza e la solidarietà meglio di noi.
Se nel Corpo mistico ci sono membra più dotate, più vigorose, più efficaci delle nostre, ben vengano, a gloria di Dio e a salvezza nostra.
A cura dell’Unione cattolica insegnanti, dirigenti, formatori, educatori.
Fonte | Per gentile concessione dell’Editrice AVE