Il Natale di Gesù non è il semplice ricordo di quella nascita unica, stupenda e irrepetibile e ormai lontana nel tempo. A Natale, come è nella natura di ogni rito liturgico, celebriamo un evento che si attua oggi, qui, per noi.
Celebriamo, infatti, la presenza di quel Dio che è entrato una volta per sempre nella nostra storia, anzi nella nostra carne in Gesù, che continua ad essere presente e che ha fatto del tempo, di questa vita terrena, il luogo del nostro incontro con lui.
Il tempo di Avvento, ritmato da quattro domeniche, attraverso la voce dei profeti, Giovanni Battista e anche Maria, intende guidarci a questo incontro con il Signore che si presenta ancora oggi a noi con le stesse dinamiche dell’incarnazione, cioè in modo umano. Non più con il volto del Bambino di Betlemme, ma con il volto dei nostri fratelli, attraverso gli eventi della vita quotidiana e in modo speciale nella materialità dei sacramenti.
La vita terrena non è inerte attesa di eventi catastrofici e spettacolari; e tanto meno attesa del nulla. Essa è, certamente, un cammino faticoso, ma anche gioioso, simile a quello dei pastori e dei magi. I pastori non sono stati pigramente nei loro giacigli; i magi non sono restati a guardare le stelle. È uscendo e mettendosi in cammino che hanno potuto incontrare e riconoscere il Signore nel fragile corpo di un bambino.
Non è rifugiandoci in una spiritualità astratta, ma è camminando sulle strade del mondo, fra la gente, guidati dalla luce del Natale, che è possibile fare quella conversione del nostro modo di vedere, di pensare e di agire che ci permette di incontrare, riconoscere e adorare il Signore nella materialità della vita e nella semplice umanità dei suoi sacramenti.
Silvano Sirboni, Liturgista – Fonte