Il re Davide, dopo che ebbe smesso di abitare sotto una tenda per trasferirsi in una casa, manifestò il progetto di costruire una dimora stabile per l’Arca dell’Alleanza, che fino ad allora aveva viaggiato nomade insieme al popolo. Pensava infatti che non era giusto che un uomo, per quanto glorioso e potente, abitasse un palazzo mentre Dio stesse ancora ricoverato sotto una tenda. Per bocca del profeta Natan, Dio indica a Davide di non dare corso al progetto: per ora desidera stare sotto la tenda, in attesa di avere una dimora stabile da un suo discendente.
Sembra che Dio preferisca rimanere in mezzo all’accampamento del popolo, nella precarietà e nella mobilità, piuttosto che abitare una dimora fissa, ma estranea alla vita comune. Anche perché un tempio stabile rischierebbe di diventare luogo di ricchezza, magnificenza, ritualità codificata, perdendo in tal modo il suo senso più profondo di luogo di incontro fra gli uomini e Dio.
Quello che Gesù trova a Gerusalemme è proprio questo: un tempio in cui l’uomo non può entrare se non rompendo l’assedio dei mercanti e del rigore della casta sacerdotale. Questo modello di tempio rischia di essere uno scandalo (un inciampo, uno sviamento) per l’uomo semplice che cerca Dio: non stupisce che Gesù si indigni, come in pochi altri episodi evangelici (la macina al collo…).
E finalmente comprendiamo la promessa di Dio a Davide: il tempio dove l’uomo si incontrerà pienamente con Dio è Gesù, il Dio con noi. Il tempio di Gerusalemme verrà costruito e poi distrutto, il tempio rappresentato dal corpo di Gesù verrà distrutto dalla morte, ma poi resuscitato dalla potenza di Dio.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
I commenti di questo mese sono curati da Luisa Prodi