Dopo aver ripreso gli scribi e i farisei, Gesù si rivolge alla folla. Questa volta con una premura diversa, che dimostra la sua infinita pazienza e la sua instancabile voglia di cercarci per far in modo che tutti possiamo trovarlo. Ci ripete in continuazione che ciò che conta davvero è il cuore, la sostanza delle cose e non la loro forma o l’apparenza.
Quello che dice Gesù è che nulla che è fuori di noi, entrando in noi, ci può corrompere. Siamo istintivamente portati a vedere la causa di tutto il male sparso nel mondo in qualcosa o in qualcuno che è al di là del nostro controllo, o che se in qualche modo ci tocca lo fa senza che noi ne siamo i diretti responsabili. Alla base però del male c’è sempre un’intenzione, un desiderio o un’ambizione malata. Un cuore ferito che vomita odio per infettare il cuore altrui, una solitudine che grida disperata per distruggere la speranza dell’umanità.
Ecco allora che ogni nostro gesto, parola o azione definisce nel bene e nel male il mondo che ci circonda. Quando Gesù si sente di nuovo interrogato, questa volta dai suoi discepoli, rimprovera anche loro, in modo più paterno rispetto ai farisei, ma sempre con fermezza e perseveranza, ribadendo il concetto e facendo un elenco di cose che escono dall’uomo e lo contaminano.
Il Signore guarda dentro: c’è un entrare in casa che precede questo dialogo tra Gesù e i discepoli, che di fatto corrisponde ad un entrare di Gesù nel nostro cuore per vedere che cosa c’è. E questo guardare dentro il Signore lo fa come sempre per guarirci, mai per giudicarci.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
I commenti sono curati da Rita e Giovanni Giordanelli