Le scelte dei farisei, in tutto il Vangelo di Matteo, sono sempre criticate da Gesù, tranne che in questo brano. Essere seduti sulla cattedra di Mosè, interpretare le sue parole è ciò che essi fanno bene, e quindi quello che dicono non è sbagliato: va anzi osservato fino in fondo. Forse una tra le parole di Gesù meno osservate in assoluto.
Ciò che Gesù critica nei farisei è che non fanno ciò che predicano, vanno alla ricerca della approvazione delle folle e non mettono Dio, ma loro stessi, al primo posto. La legge antica non va abolita (come dice lo stesso evangelista nel capitolo 5), ma portata a compimento, ricondotta alle sue motivazioni originarie e impressa nell’interiorità; fin nello Spirito.
E questo lo può fare solo chi non interpreta solo le parole antiche, ma che al cospetto del Padre ne ode delle nuove; un nuovo Mosè, cosa che Matteo afferma di Gesù. Come il grande padre di Israele, Gesù scampa ad un massacro di bambini, torna dall’Egitto, va sul monte a parlare con le parole del Padre, vive la Pasqua con i suoi discepoli e, come un nuovo agnello, muore per la salvezza di tutti.
E la logica che anima la sua rivelazione è chiara: cercate l’ultimo posto, l’abbassamento e non l’esaltazione, quell’ultima sedia in cui il Signore verrà a cercarvi per dire: “Amico mio, viene accanto a me!”.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi