Chi è da molto vicino alla fede è colui che corre maggiormente il rischio dell’assuefazione e che il Signore gli passi accanto senza che egli lo riconosca. Così egli dà per scontato i Suoi segni, vive con superficialità e nella distrazione la realtà che lo circonda. Quale differenza tra un cuore che vive le cose in modo scontato e uno che vive la giornata nell’attesa di vedere come Dio si presenterà!
A chi domanda un significato del tempo, delle giornate, viene donata una grandissima intensità di vita, perché tanti accadimenti diventano segno di Qualcuno di più grande. Chi grida e cerca il significato delle cose non le vede passare con banalità e leggerezza, ma è tutto teso nel tentativo di identificarne il significato più profondo, più “alto”. Un esercizio che può aiutare a non vivere superficialmente è chiedersi “Signore, perché mi dai questo?”. La memoria della presenza di un Dio che mi ama e che mi dona le cose mi aiuta pian piano a uscire dalla dimenticanza e a riconoscere i fatti della realtà come segni della presenza e dell’amore di Cristo.
L’attenzione alle realtà richiede una posizione di umiltà, la più difficile da conservare per chi è già da molto in un cammino di fede. Allo stupore dell’incontro con qualcosa di diverso, inusuale, non possibile all’uomo e dunque eccezionale, che denuncia la presenza del Signore, si sostituisce l’orgoglio di chi già sa, chi ha capito, chi conosce. E in tal modo ci si perde la possibilità di commuoversi per il costante ritorno della presenza divina nella giornata abitudinaria e imprigionata nelle convinzioni stantie di una fede non mossa da un fatto presente, che accade ora.
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Per riflettere
Viviamo la giornata di oggi con un’attenzione speciale alla ricerca del significato di ciò che accade. Chiediamo al Signore la ragione per cui ci fa passare per le circostanze che ci si presenteranno, e che si disveli nei fatti della giornata.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi