Chi va incontro a Gesù così com’è, specie se ammalato fisicamente, psicologicamente o spiritualmente, trova ristoro. Il Signore è attento a chi soffre e guarisce chi va a cercarlo perché vuole essere sanato. Gesù va anche oltre.
Non è solo un taumaturgo. Tanto meno un “mago”, che esaudisce un desiderio perché ha un rapporto “commerciale” e limitato con i “clienti”. Ciò che lo guida è la volontà di testimoniare l’amore del Padre a tutti e per ciascuno.
Perciò, dopo aver dialogato con la folla e guarito gli ammalati, vuole nutrirli, dare loro il cibo del corpo, dopo aver dato loro quello dell’anima con la Parola. È umanamente impossibile sfamare migliaia di persone. Per i discepoli, lo è. Non per Gesù, che insegna loro ad affidargli quello che hanno, non importa se poco.
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Ciò che importa è condividerlo, spezzare il nutrimento con chi ne ha bisogno per moltiplicarlo nella condivisione fraterna. Lo stesso gesto che il Signore compirà nell’ultima cena, spezzando il pane e offrendolo, assieme al vino, affinché tutti se ne nutrano.
Gesù stesso vuole essere “mangiato”, per entrare intimamente nella vita dei suoi discepoli e mostrare che il vero sacrificio gradito a Dio non è più quello rituale, puramente formale, ma quello che cambia la vita: la donazione di sé al mondo e ai poveri in particolare.
Per riflettere
Affidarsi, credere, seguire Gesù che moltiplica quel poco che i suoi discepoli possono offrirgli: quanto sono capace di rinunciare a me stesso per consegnare tutto ciò che ho a Dio?
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi