“E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare”: qui parliamo di un mutismo che non ha nulla a che vedere con una condizione fisica, bensì con un’incapacità comunicativa; si tratta dunque di un mutismo spirituale. La parola, e più in generale la comunicazione, non è soltanto ciò che sta alla base dei nostri rapporti, ma anche ciò che rende viva la nostra spiritualità ed il nostro rapporto con Dio.
Gesù viene a liberarci da quel mutismo spirituale, sia che siamo noi ad avvicinarci a lui sia che sia qualcun altro, come sottolinea Matteo, a portarci da lui. E come ci libera? Nei modi meno convenzionali, ma più amorevoli. Nel testo leggiamo che Gesù aveva compassione delle folle, stanche e sfinite e senza una direzione, senza un pastore: possiamo dire che anche loro sono cadute in un mutismo spirituale, senza relazione col Padre.
Ed allora cosa fa? Non chiede di pregare per una messe abbondante, bensì per dei nuovi operai: non chiede un miracolo, che tutto si sistemi all’improvviso, che ogni terra ritorni fertile ed ogni vita salva, chiede che ciascuno noi, con le proprie mani possa seminare e, salvandosi, aiutare anche il prossimo, in un infinito circolo virtuoso.
Per riflettere
Come reagisco dopo essermi chiuso in me? Come esco dal “mutismo spirituale” che mi allontana da Dio? Provo a rompere questo circolo vizioso, ricordandomi che sono anche io chiamato ad essere un operaio, un collaboratore del Regno di Dio.
Preghiera finale
Ti preghiamo Signore perché molti
vogliano accogliere la tua voce
e rallegrino la tua Chiesa
con la generosità e la fedeltà
delle loro risposte.
Ti preghiamo, Signore,
per coloro che stanno aprendo
il loro animo alla tua chiamata:
la tua Parola li illumini,
il tuo esempio li conquisti,
la tua grazia li guidi.
(Commissione diocesana delle Vocazioni di Lugano)
AUTORI: I commenti di questo mese sono curati da Ilaria Leonardo
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi