All’interno di questo capitolo evangelico, l’iniziativa di Giuda di consegnare Gesù appare quasi improvvisa. Probabilmente egli era uno di quei discepoli indignati col Maestro per lo “spreco” di profumo con cui la donna unge il capo di Gesù. Episodio di cui Matteo narra immediatamente prima. Ma può questo bastare a comprendere cosa l’abbia spinto a venderlo per trenta monete d’argento?
Forse voleva spingerlo a rivelarsi come re potente, forse credeva che dopo un confronto diretto coi capi dei sacerdoti sarebbe stato definitivamente accettato, forse aveva semplicemente bisogno di soldi per ripagare qualche debito… Ognuno di noi ha le sue motivazioni per consegnare il Maestro.
Ognuno di noi è tentato da scendere a compromessi coi valori alti, giusti e belli in un qualche momento di sconforto o delusione. Probabilmente senza nemmeno esserne consapevoli: «Rabbì, sono forse io?» appare una domanda sciocca. Ma siam sicuri che Giuda si sia reso conto di ciò che faceva?
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Noi tutti, discepoli di Cristo, siamo chiamati a dare la nostra testimonianza, eppure non sempre brilliamo in questo. Domandiamoci allora anche noi: «Sono forse io a tradire il Maestro? Con le mie parole e le mie azioni, comunico il suo messaggio e la sua salvezza?».
Per riflettere
“Tutto ha un prezzo”. È una frase che forse sentiamo ripetere solo nei film, ma che probabilmente pensiamo nei momenti in cui siamo più cinici, o che percepiamo sottesa alla mentalità consumista che caratterizza la nostra società. È davvero così? Cosa non svenderei per nulla al mondo?
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi