Giovanni con il silenzio, il digiuno e la preghiera fa spazio a Cristo. La sua autenticità e l’intransigenza attirano la gente affamata di verità. Egli indica la strada, non punta a sé stesso. Eppure, c’è chi volta lo sguardo verso Giovanni invece che guardare la strada che lui mostra, attirato non dalla verità delle sue parole ma dalla fama di cui gode.
Giovanni battezza e allo stesso momento ammonisce chi cerca una scorciatoia, un successo senza sforzo, una conversione sciatta, frettolosa e di convenienza.
I farisei e i sadducei, due gruppi in conflitto perenne, sono anche quelli che Giovanni mette in guardia su tre aspetti: 1) motivazioni ipocrite (credono di poter sfuggire con un gesto all’ira imminente), 2) arroganza morale (dicono di avere Abramo per padre); 3) circoli di malelingue (razza di vipere). Loro arrivano al Giordano e compiono una serie di gesti che hanno il potere di trasformare la loro vita oppure portarli al baratro dell’indifferenza.
Anche a noi capita di battersi il petto e non accusare alcun movimento interiore. Quel semplice gesto dovrebbe rompere la durezza dei nostri cuori. “Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne” (Ez 36, 26). Non basta compiere un gesto, ne appartenere ad un gruppo, soprattutto se scegliamo di circondarci delle persone che feriscono, che sia soltanto con la lingua.
Giovanni battezza anche i farisei, ma la conversione rimane un compito loro. Più che penitenza rigorosa propone un’apertura spirituale a ciò che Dio è pronto a donarci.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
Il commento di oggi è proposto dal Centro Diocesano per le Vocazioni di Pisa