«Gesù fu profondamente turbato»: ma non è il suo destino a turbare Gesù. Proprio all’inizio della cena aveva dichiarato infatti: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione» (Lc 22, 15). Il suo turbamento è espressione del suo amore per i discepoli, uno dei quali lo tradirà, un altro lo rinnegherà e tutti, comunque, lo abbandoneranno. Il Maestro non è ripiegato su sé stesso, anche nel momento più doloroso il suo pensiero è tutto rivolto ai discepoli.
«Uno di voi mi tradirà»: non è facile dire queste parole. Gesù non parla dei farisei che fin dall’inizio lo hanno avversato, non si riferisce ai sommi sacerdoti che tramano contro di Lui. «Uno di voi» significa: uno che ha condiviso con Lui il ministero pubblico, ha ascoltato le sue parole, ha visto i segni da Lui compiuti. Ma non c’è traccia di sdegno nelle parole di Gesù, c’è solo una grande amarezza, perché staccandosi da Lui, Giuda rovina la sua vita. Quella sera Gesù offre a Giuda l’opportunità di fare un passo indietro: mentre Giuda si sente sempre più lontano e separato dal maestro, Gesù lo invita a una comunione profonda e familiare, attraverso il semplice gesto del “boccone”. Ma Giuda si può solo convertire alla volontà di Dio abbandonando peccato, vizio e adorazione del denaro.
«Darò la mia vita per te!» esclama appassionatamente Pietro. Già risuonano nell’orecchio di Gesù i successivi ripetuti disconoscimenti di Pietro, quel Pietro al quale Gesù aveva detto: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa» (Mt 16, 18). Ma nell’orecchio di Gesù risuona anche il suo pianto, dopo il canto del gallo che Gesù gli ha preconizzato come segnale di ravvedimento.
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Per riflettere
Cerchiamo il cuore, l’amore e lo sguardo di Gesù e facciamoci riscaldare dalla Sua carezza e dalla Sua tenerezza, come nell’immagine di Gesù che cogliamo in questo Vangelo: uno dei suoi discepoli, il “discepolo che Lui amava” che appare, con “il capo reclinato sul suo petto”. È l’immagine della dolcezza di Gesù, della sua tenerezza infinita, della sua mitezza di fronte alla storia che lo conduce alla morte.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi