«Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?».
Gesù di fronte alla domanda, pur onesta e sincera di Filippo, sembra voler affermare la presenza terrena del Padre; il Padre è già presente nella vita del Figlio prediletto, ed è in questo che si trova il mistero e il miracolo dell’incarnazione.
L’amore si fa carne, sangue, speranze, emozioni e pensieri umani. Dio vive ed opera nel Cristo. A chi chiede un segno prodigioso, una dimostrazione, Gesù allora non fa che mostrare se stesso, la via, la verità, la vita. Nel suo esempio e nella sua persona vi è già la presenza del Creatore.
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La traccia del segno divino, non potendo essere ammirata nella sua portata intera, accecante, è possibile che sia osservata quasi controluce; la figura dell’uomo serve per occhi che non sanno e non possono guardare direttamente quella del Padre.
Come bambini che non sono pronti ad avere la totalità di un’informazione sono guidati dal gesto amorevole di un adulto, così noi siamo accompagnati nella conoscenza del mistero. Questo si schiude a noi con un linguaggio di bene, che pur situandosi nel mondo supera le categorie umane e si propone come gergo universale d’amore.
Tutti noi siamo quel Filippo che tramite i gesti di Gesù prende conoscenza ed accoglie le logiche di un Dio che altrimenti resterebbe un principio sbalorditivo ed incomprensibile, troppo vasto per le nostre menti di creature.
Per riflettere
Dove vedo il Signore “contro luce” nella mia vita? So trovarlo nelle logiche di bene che ispirano la mia vita? Posso dirmi veramente cristiano?
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi