Quest’uomo vive la somma di molti mali. Innanzitutto il male fisico più estremo: la pazzia, l’autolesionismo, forse il tentativo di farla finita con una vita intollerabile. Poi il male sociale più radicale: l’impurità, l’isolamento, la solitudine, l’impossibilità di relazione con altri uomini, al punto da desiderare solo la compagnia dei morti.
Di fronte a tanto male Gesù chiede quale sia il suo nome. Lo vuole chiamare per nome, cerca il suo nome. Il nome, lo sappiamo, è la dignità dell’essere, l’unicità misteriosa per la quale siamo al mondo. Chiamare per nome è restituire dignità. E il male cerca ancora di impedire a Gesù di entrare in relazione con quest’uomo: non abbiamo un nome, “siamo legione”.
Ma niente ferma la volontà di Gesù: se siete un esercito, provvederò un esercito per un inaudito scambio di prigionieri! Se siete una legione di spiriti impuri, sarete a vostro agio in animali impuri come i porci!
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Un numero enorme di porci sacrificati, come notano i pragmatici abitanti del luogo. Come a dire, il valore della persona è incommensurabile, letteralmente non si misura.
Per riflettere
Il male esiste. L’uomo antico lo rappresenta come un diavolo, in modo da poterlo quasi vedere e temere. A noi mancano le immagini credibili, non riusciamo più a rappresentarlo. Ma il male è all’opera ogni volta che un uomo soffre ingiustamente.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi