Gesù si commuove profondamente vedendo le folle “perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”. La parola greca “esplankhnísthē” vuol dire letteralmente il movimento interiore delle viscere, è la stessa che viene usata per descrivere la compassione del buon Samaritano e del padre del figlio prodigo. Gesù prova una compassione intima, profonda, viscerale per ogni persona, soprattutto quelle che hanno perso i riferimenti e la gioia, che soffrono.
La risposta di Gesù è quella di accorrere con un aiuto non solo concreto e tempestivo, ma soprattutto pieno di misericordia. La Chiesa che non volge lo stesso sguardo misericordioso di Gesù e non corre con la stessa prontezza non offre quello che ha ricevuto.
La messe è abbondante. I bisogni sono tanti e il rischio di scoraggiarsi da un lato e di sentirsi protagonisti dall’altro è elevato. Gesù manda i suoi operai con tutte le forze e tutto il potere che li occorre mentre chiede una sola cosa—la gratuità. L’uomo chiamato ad andare nella messe è anche chiamato a riconosce che è stato amato e risollevato per primo e che gli è stato donato gratuitamente tutto quello che ora può offrire. La generosità e la gratuità rendono anche i piccoli gesti un grande servizio. Dio che ha amato noi per primo (1 Gv 4, 10) ci invita e rende capaci ad amare. “Ci chiede tutto, ma nello stesso tempo ci offre tutto”.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
Il commento di oggi è proposto dal Centro Diocesano per le Vocazioni di Pisa