Oggi leggiamo di Gesù che con i suoi discepoli si avvicina a Gerusalemme, dove devono compiersi i fatti che porteranno alla sua condanna a morte e successiva resurrezione. Fatti che oggi noi, a posteriori, conosciamo; ma che, comprensibilmente, turbano non poco gli amici del Signore nel momento in cui questi confida ciò che sta per succedere. Nessuno di noi, credo, rimarrebbe indifferente ad un amico che annuncia che sta per essere condannato a morte. E persino la nota finale sulla resurrezione dopo tre giorni, invece di portare speranza, sembra confondere ancora di più i discepoli.
Mi sembra che qui si stia in qualche modo sviluppando la stessa paura di cui parlavamo ieri: Dio mi parla di una morte seguita da una resurrezione, ma per qualche ragione la mia testa e il mio cuore non arrivano fino in fondo e si fermano alla morte. Come se, in fondo, non ci fidassimo veramente che Dio sia in grado di mantenere la promessa: e se a metà della strada lui si dimenticasse della resurrezione, e noi rimanessimo impigliati nelle maglie della morte?
Giacomo e Giovanni, per bocca della loro madre, non trovano di meglio che chiedere un titolo onorifico speciale per loro (come i farisei di ieri che si assegnavano il titolo di “rabbì”), forse con l’idea di vantarlo successivamente se questo Dio sbadato dovesse dimenticarsi delle promesse fatte. Gli altri “si sdegnarono”, dimostrando più invidia per non aver pensato a chiedere lo stesso per se stessi prima dei due figli di Zebedeo che reale fiducia nelle parole del Maestro.
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Gesù, come al solito, cerca di riportare ordine. Sa che per i discepoli è difficile capirlo, ma non importa: dolcemente, pazientemente, ricorda che la strada che lui percorre non è quella di evitare il male, ma quella della fiducia in un Dio fedele che non si scorda delle sue creature e che è in grado di accogliere e distruggere il male dall’interno, e di dare agli uomini il potere di fare altrettanto.
Per riflettere
Oggi gli eventi storici della morte e resurrezione di Gesù li conosciamo; ma noi continuamo a morire e risorgere ogni giorno, negli eventi difficili e dolorosi, piccoli o grandi che siano, della nostra vita e nella nostra disposizione, illuminati dalla Grazia, ad accoglierli, attraversarli e riempirli della presenza del Signore.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi