I farisei avvertono Gesù del pericolo che corre nel proseguire verso Gerusalemme, perché Erode vorrebbe ucciderlo, ma Egli non cede, e soprattutto non ha paura, perché nella fedele obbedienza al Padre ha messo in conto anche la morte. Non aderire alla volontà di Dio significherebbe svuotare di senso tutta la sua stessa esistenza costantemente tesa a non vivere per se stesso, ma ad offrire la sua vita per salvare quella di tutto il mondo, compresi quelli che lo condanneranno a morte.
Le scelte di Gesù trovano origine nel coraggio e nella coerenza che nascono da un cuore che ama. Gerusalemme rappresenta per Gesù la sposa per la quale vivere e morire. È una sposa ingrata e recalcitrante, ma che tuttavia è amata perdutamente da Dio. La morte paventata dai farisei non è un ostacolo alla realizzazione della sua missione, ma è il suo stesso compimento, è il sigillo d’amore che lui stesso vuole porre sulla sua scelta di servizio.
Gerusalemme, è memoria dei profeti uccisi e lapidati. Gerusalemme, Gerusalemme: è un grido straziante di amore infinito.
Vorrebbe proteggerla da se stessa, sente pena e cura e avverte il suo grido di dolore: “Guarda, Signore, quanto sono in angoscia; le mie viscere si agitano, il mio cuore è sconvolto dentro di me, poiché sono stata veramente ribelle. Di fuori la spada mi priva dei figli, dentro c’è la morte” (Lam 1, 20). “Giungendo a Gerusalemme poco prima della sua morte, guardando verso la città dall’alto del Monte degli Ulivi, Gesù piange su di essa, perché non riconobbe il tempo in cui Dio venne a visitarla” (Lc 19, 44).
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
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