In questi ultimi giorni del mese di marzo, mediteremo quasi interamente l’ottavo capitolo del vangelo di Giovanni. Il brano di oggi è certamente tra i più noti e perciò commentati dell’intero Nuovo Testamento. L’episodio presenta Gesù che, da ebreo osservante, frequenta il tempio dove lo attendono i suoi avversari di sempre: ad eccezione di alcuni singoli, sono il gruppo dei farisei e degli scribi.
Conosciamo dalla Parola meditata nei giorni scorsi come quest’ultimi tramassero contro il Nazareno. Lo perseguitarono, cercarono di ucciderlo, provarono a catturarlo. La pericope mostra il tentativo di screditare il messaggio dell’Emmanuele. L’occasione è fornita da una donna trovata platealmente a commettere un peccato. Presentano una donna (Gesù, contrariamente al clima sociale e religioso dell’epoca ha frequentato molto le donne) peccatrice (quindi colpevole) posta di fronte al Maestro come Giudice.
Esiste una legge che rimanda a Mosè e che suona come una sentenza già anticipata: il Salvatore applicherà la legge e la condannerà alla lapidazione? Verrebbero meno la novità e l’originalità dell’annuncio del vangelo! Il Salvatore le perdonerà il peccato? Allora ripudierebbe clamorosamente la legge mosaica! La “perdita di tempo” nello scrivere per terra da parte del Galileo probabilmente fu inteso dagli avversari come una vittoria anticipata: finalmente Gesù si trovava in difficoltà.
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Non andò così. Le parole pronunciate dal Maestro sono un insegnamento per tutti noi e in quella scena rivolto al genere maschile: gli anziani (a loro spettava il primo lancio delle pietre) sapranno cogliere il messaggio e deporranno le pietre. Cosa avranno pensato i farisei e gli scribi? Non lo sappiamo. E la donna? Rivolgerà al Risorto due sole parole. Nessun ravvedimento, nessun ringraziamento, nessuna promessa di seguirlo. Lo apostrofa come “Signore”. Tanto basta: Gesù nasce e muore per salvarci dai nostri peccati. Nessuno escluso.
Per riflettere
Cosa avranno capito gli anziani? Sappiamo dalla frequentazione della Parola che tutti siamo peccatori. Ma conosciamo anche che Dio misericordioso non ci abbandona: conosce le nostre debolezze e chiede di affidarci a lui, praticando quanto troviamo nell’unica preghiera che ci ha insegnato: “Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi