Il capitolo si compone di due parti: nella prima Gesù parla con la folla nella Sinagoga di Cafarnao e si propone come Figlio di Dio, pane di vita, redentore dell’umanità. Nella seconda parte come Pane disceso dal Cielo. L’Eucarestia per noi non è un simbolo, ma presenza reale di Gesù.
In una omelia di qualche anno fa per il Corpus Domini, papa Benedetto XVI affermò: «Noi guardiamo l’Ostia consacrata, il tipo più semplice di pane e nutrimento, fatto soltanto di farina e acqua. Così esso appare come cibo dei poveri, ai quali in primo luogo il Signore ha destinato la sua vicinanza.
La preghiera con la quale la Chiesa durante la liturgia della Messa consegna questo pane al Signore lo qualifica come frutto della terra e del lavoro dell’uomo. In Esso è racchiusa la fatica umana, il lavoro quotidiano di chi coltiva la terra. Tuttavia il pane non è semplicemente e soltanto il prodotto nostro, è frutto della terra e quindi anche dono; perché il fatto che la terra porti frutto, non è merito nostro solo il Creatore poteva conferirle la fertilità».
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Per riflettere
Guardando più da vicino questo piccolo pezzo di Ostia bianca, questo pane dei poveri, ci appare come una sintesi della creazione. Infatti, al di là della sintesi di natura e spirito che in qualche modo avvertiamo nel pezzo di pane, la creazione è protesa verso la divinizzazione, verso l’unificazione con il Creatore stesso.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi