Medita
Nella pericope di oggi, che è tratta sempre dal capitolo 21 di Luca, Gesù prosegue il suo discorso escatologico sulla fine dei tempi. Nella prima parte Gesù evoca la caduta di Gerusalemme nel contesto di guerra e massacri, eventi catastrofici e dolorosi. Luca scrive il suo vangelo dopo che questi eventi si sono verificati, ovvero dopo la caduta di Gerusalemme nelle mani dei Romani, nell’anno 70 d. C., che distrussero il tempio e profanarono il luogo sacro.
Ma la fine di Gerusalemme, la sua conquista e distruzione, vista da molti come la fine del mondo, non è la fine. È solo il compimento delle Scritture, profezia della venuta del “giorno d’ira del Signore” (Sof 1, 14–18, Am 5, 18–20), ovvero del periodo buio della nostra vita, quando tutto sembra crollarci addosso. Il tempo delle genti che deve compiersi è un tempo che finisce, limitato, per quanto noi non ne conosciamo la fine.
Tutti questi eventi fin qui evocati rappresentano il nostro quotidiano, e sono i periodi d’angoscia, di smarrimento, di sconvolgimento della nostra vita che si aprono agli eventi pasquali, all’attesa fruttuosa di colui che deve venire. “Quando sembra che la storia sfugga dalle mani di Dio, vi è più che mai una rivelazione, un’apokàlypsis, da parte di Dio, il quale agisce come Signore/Kyrios e porta a compimento il suo disegno di salvezza” (Enzo Bianchi).
Il sole, la luna e le stelle erano per i popoli antichi divinità, idoli, che verranno demitizzati dalla venuta di Cristo, unico Signore dell’universo. La venuta, improvvisa, di un Dio che per amore nostro è morto sulla croce ci sorprenderà e stravolgerà la nostra vita, le nostre certezze, se solo sapremo coglierla.
Allora comincerà il tempo della nostra liberazione che ci permetterà di alzarci e di levare il capo.
Preghiera finale
Padre delle Dieci parole, accompagna il nostro cammino nel deserto
e liberaci dalla tentazione di darci salvezza da soli.
Quando ci perdiamo nelle nostre scelte,
la tua fedeltà sia il terreno della nostra libertà.
Quando siamo offuscati dall’immagine di noi stessi,
spingi il nostro sguardo a discernere l’invisibile.
Quando ci vantiamo di averti come Dio,
ricordaci che il tuo Nome è impronunciabile.
Quando non sappiamo più riposarci,
portaci ad accogliere la benedizione del settimo giorno.
Quando contraddiciamo i nostri genitori,
fa’ che non dimentichiamo che sono le nostre radici.
Quando l’altro diventa un nemico,
la tua misericordia apra vie di pace.
Quando si raffredda o viene a mancare l’affetto,
rinnova in noi lo slancio dell’amore verso l’altro.
Quando sorge in noi il desiderio del possesso,
ricordaci che c’è più gioia nel dare che nel ricevere.
Quando siamo tentati di scrutare le colpe degli altri,
metti in noi l’audacia della vera umiltà.
Quando sentiamo il desiderio di essere altri,
rendici la gioia di essere noi stessi.
Padre delle Dieci parole, accompagna il nostro cammino nel deserto
e insegnaci la tua legge come legge di libertà.
AUTORE: Consiglio Diocesano di Azione Cattolica di Pisa, Cristina Martinelli, Chiara Martinelli
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi