Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 25 Maggio 2023

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Stiamo, per il terzo giorno consecutivo, pregando il capitolo 17 del Vangelo di Giovanni, Questa lunga preghiera di Gesù è da un lato un testamento, dall’altro lato un programma per i discepoli. Questa parte finale della preghiera si concentra sull’unità: l’unità di Gesù col Padre, l’unità dei discepoli con Gesù. “Perché siano una sola cosa”, dice Gesù.

L’unità invocata da Gesù, pienissima, al punto di poter dire “tutti siano una sola cosa”, non è omologazione. Lui parla ai dodici apostoli, nelle narrazioni dei Vangeli abbiamo avuto modo di scorgere i loro diversi caratteri, carismi, le loro diverse estrazioni e storie personali, i loro diversi modi di vivere la sequela di Gesù.

Non chiede loro un’omologazione opprimente, ma una sequela libera di mettere a frutto le loro differenze e peculiarità, capace non solo di trovare compromessi, ma molto più di sfruttare i propri differenti carismi per far nascere qualcosa di nuovo e più bello. Questa armonia di diverse voci si fa quindi testimonianza.

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I discepoli con la loro vita mostrano di aver conosciuto Gesù, come Gesù con la sua vita ha “mostrato il Padre” (cfr. Gv 14, 8–11); anche se ancora dovranno passare dalla prova della Passione del Maestro, anche se ancora dovranno riconoscerlo Risorto, Lui già ha questa fiducia in loro, ed esprime questa preghiera per loro.

Per riflettere

Un fraintendimento che può nascere quando si parla di unità è quello di confonderla con l’omologazione. Dall’altro lato a volte ci verrebbe voglia di fare di testa nostra, di non cercare l’armonia. Nella mia vita di fede nella chiesa, mi capita di sentirmi schiacciato dal peso di un’omologazione imposta o auto imposta? Cerco l’armonia oppure canto senza curarmi delle altre voci?

✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 17,20-26

FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi