Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 25 Dicembre 2021

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Il Figlio di Dio dovette nascere in una stalla perché i suoi non avevano spazio per Lui. «Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1, 11). A Betlemme si è creata una piccola apertura per quelli che hanno perso la terra, la patria, i sogni; persino per quelli che hanno ceduto all’asfissia prodotta da una vita rinchiusa. Nei passi di Giuseppe e Maria si nascondono tanti passi. Vediamo le orme di intere famiglie che oggi si vedono obbligate a partire. Vediamo le orme di milioni di persone che non scelgono di andarsene ma che sono obbligate a separarsi dai loro cari, sono espulsi dalla loro terra.

In molti casi questa partenza è carica di speranza, carica di futuro; in molti altri, questa partenza ha un nome solo: sopravvivenza. Sopravvivere agli Erode di turno che per imporre il loro potere e accrescere le loro ricchezze non hanno alcun problema a versare sangue innocente. Maria e Giuseppe, per i quali non c’era posto, sono i primi ad abbracciare Colui che viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza. La fede di questa notte ci porta a riconoscere Dio presente in tutte le situazioni in cui lo crediamo assente. Natale è tempo per trasformare la forza della paura in forza della carità, in forza per una nuova immaginazione della carità. (Papa Francesco, dall’Omelia della notte di Natale, 2017)

Per riflettere

Tra i pastori che accorsero la notte di Natale ad adorare il Bambino, narra una graziosa leggenda, ce n’era uno tanto poverello che non aveva proprio nulla da offrire e si vergognava molto. Giunti alla grotta, tutti facevano a gara a offrire i loro doni. Maria non sapeva come fare per riceverli tutti, dovendo reggere il Bambino. Allora, vedendo il pastorello con le mani libere, prende e affida a lui, per un momento, Gesù. La sua povertà, avere le mani vuote, fu la sua fortuna. (Padre Raniero Cantalamessa)

Preghiera finale

Commossi dalla gioia del dono,
piccolo Bambino di Betlemme,
ti chiediamo che il tuo pianto ci svegli dalla nostra indifferenza,
apra i nostri occhi davanti a chi soffre.
La tua tenerezza risvegli la nostra sensibilità
e ci faccia sentire invitati a riconoscerti
in tutti coloro che arrivano nelle nostre città,
nelle nostre storie, nelle nostre vite.
(Papa Francesco)