Questo è l’ultimo miracolo, il dodicesimo nel Vangelo di Marco, il punto d’arrivo di tutta l’attività di Gesù. La prima parte del Vangelo finisce con la guarigione, in due rate, di un cieco, e qui la ripete con Bartimèo; sembra che non basti.
Mentre con i discepoli si dirigeva verso Gerusalemme, Gesù parla di quello che sta per accadere. Sono partiti al mattino, arriva la sera e quel giorno non era ancora finito al momento della guarigione del cieco. Quando Gesù parla della sua passione, subito Giacomo e Giovanni gli sbarrano il cammino: “Noi vogliamo che tu faccia ciò che ti chiediamo: sedere uno alla tua destra, l’altro alla tua sinistra, nella tua gloria”.
“Voi non sapete cosa chiedete”. Gli apostoli sono ciechi e non sanno cosa chiedono, in quel contesto avviene la guarigione del cieco. Mentre entrano in Gerico finisce il giorno, il primo dei sei giorni, e guarire la vista è il miracolo definitivo, significa nascere, venire alla luce.
Fino a quando uno non nasce, anche se ha i piedi non gli servono, anche se ha mani non gli servono, anche se ha bocca non gli serve, anche se ha occhi e naso non gli servono. C’è una cecità interiore, che è quella dei discepoli, è la nostra dove tutto ciò che abbiamo ci serve sì, ma per la nostra gloria, cioè per farci male gli uni gli altri, invece che per ricevere e dare la vita. In questo cieco ci identifichiamo per capire che non vediamo. (dalla Lectio 49 di padre Beppe Lavelli e padre Silvano Fausti)
Per riflettere
Alleluia.
Loda il Signore, anima mia:
loderò il Signore per tutta la mia vita,
finché vivo canterò inni al mio Dio.
Non confidate nei potenti,
in un uomo che non può salvare.
Esala lo spirito e ritorna alla terra;
in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni.
(Salmo 145)
AUTORE: Maggiorana e Lorenzo Mastropietro
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi