Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 23 Giugno 2021

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Ancora Gesù si rivolge ai suoi insegnando loro come relazionarsi con chi incontreranno durante la loro missione, e ad essere “semplici come colombe e prudenti come serpenti”. Profeta è chi viene scelto da Dio e portato via con una missione. Il vero profeta era colui che conosceva il senso nascosto della storia, che sapeva leggere e interpretare ciò che accadeva e sarebbe accaduto, soprattutto il bene che Dio desiderava per il suo popolo. Il suo stile di vita, la fedeltà alla tradizione del passato, il compimento della profezia e il riscontro da parte del popolo erano i segni che caratterizzavano la missione del profeta.

Chi aveva ricevuto la grazia di profetare volgeva sempre lo sguardo in alto e portava i suoi ascoltatori a Dio, e non a se stesso. Egli provava ciò che prova Dio: la sofferenza e la solitudine. Gesù stesso, profeta e salvatore, è ciò che dice, e lo dimostra con tutto il suo essere; è la radice buona del contenuto buono che esprime. Egli comunica verità attraverso la sua vita, in modo che chi lo segue veda con i suoi occhi ciò che il contenuto delle sue parole e dei suoi gesti esprimono. Il buon profeta è colui che, come Giovanni il Battista, si fa simile a Gesù nella mitezza e nella povertà, nella misericordia e nella giustizia.

È colui che si riconosce figlio e servitore di Dio e non padrone della vita altrui. La sua è una vocazione che attraversa difficoltà, fatica, incomprensioni e persecuzioni; ma la protezione di Dio lo accompagna e l’ardore e lo zelo non lo abbandonano. Egli si dà tutto a Dio per essere portatore del suo messaggio agli uomini. La sua parola è autorevole ed efficace perché è parola divina, e la conferma della profezia sarà autenticata dal realizzarsi concretamente di ciò che la profezia esprime. Oggi i frutti della parola di Gesù che trasformano la nostra vita si possono riconoscere quando ci abbandoniamo a lui, che opera attraverso santi sacerdoti e persone umili e straordinarie.

Per riflettere

Il falso profeta è colui che, in modo improprio, attribuisce a se stesso il titolo di profeta. È colui che ha la presunzione di dire in suo nome una cosa che Dio non gli ha comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dei. Quanti falsi profeti si sono susseguiti nella storia, e quanti ancora ne incontriamo oggi! Attraverso la rete multimediale questi personaggi si impongono con pensieri fuorvianti che spesso portano la gente a credere in ciò che affermano per rovinare la loro vita. Altri incitano all’autolesionismo fino al suicidio, soprattutto tra i giovani. Ecco i frutti malati dell’albero cattivo di questi personaggi.

Preghiera finale

Dobbiamo saper riconoscere ciò che lascia dentro di noi un’impronta buona,
perché viene da Dio e vale veramente per il nostro bene.
Se vediamo intorno a noi questi segnali, la Chiesa ci offre,
nel tempo di Quaresima, il dolce rimedio della preghiera, dell’elemosina e del digiuno.
Con la preghiera permettiamo al nostro cuore di scoprire le menzogne
con le quali inganniamo noi stessi.
L’elemosina, che ci libera dall’avidità, dovrebbe diventare per tutti un vero e proprio stile di vita.
Il digiuno infine ci disarma, ci fa crescere, ci sveglia, ci fa più attenti a Dio e al prossimo
e ridesta la volontà di obbedire a Dio, l’unico che sazia la nostra fame.
(Papa Francesco, Messaggio per la Quaresima 2018)


AUTORE: Consiglio Diocesano di Azione Cattolica di Pisa, Beatrice Granaroli
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi