La nascita di un figlio è fonte di gioia, attesa, speranza. Se poi questa nascita avviene in una situazione di impedimento—Elisabetta era detta sterile e Zaccaria avanti in età—, ecco che diventa dono. È la manifestazione visibile della generosità di Dio nei confronti di quella coppia.
Generare implica anche dare il nome, definire la sua identità e la sua appartenenza alla famiglia di origine. Giovanni significa “il Signore fa grazia”, quindi è figlio della vecchiaia e figlio della grazia di Dio.
È il figlio di una fedeltà che a noi può sembrare folle o eroica, ma che per i due genitori era il cammino da percorrere senza rimpianti o pentimenti, senza accuse rivolte a Dio o all’ingiustizia della vita. La mancanza di fede nei progetti di Dio fa diventare muti. Zaccaria era rimasto incapace di parlare perché non aveva creduto all’annuncio dell’angelo.
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Quando noi credenti smarriamo il riferimento alla Parola di Dio e alla vita diventiamo afoni, insignificanti, non mandiamo più nessun messaggio. Eppure il dubitare del vecchio sacerdote non ferma l’azione di Dio. “Che sarà mai questo bambino?” (1, 66).
Questa è una domanda profonda, riguarda i più giovani che non sanno quale direzione prenderà la loro vita: che cosa sarà di me? Quale disegno bello, affascinante, entusiasmante vuole affidarmi il Signore?
Anche chi è adulto non può smettere di continuare a interrogarsi: che cosa sto facendo della mia vita come uomo e come credente? Fermiamoci nel silenzio “del deserto” con Giovanni Battista per trovare l’intelligenza e la forza di preparare una strada al Signore, affinché sia possibile l’incontro tra lui e quanti lo cercano.
Per riflettere
Cosa ti ha maggiormente colpito nel modo in cui Luca descrive i fatti della vita? Come leggo i fatti della mia vita? Come fotografia o come raggi X?
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi