Talvolta qualcosa pur essendo giusto non viene da Dio. La nostra coscienza ci aiuta a distinguere tra quello che è giusto e non è giusto. Le ispirazioni dello Spirito invece ci fanno seguire la volontà di Dio. Dovremmo sempre aspirare a vede il mondo con lo sguardo di Dio e chiamare tutto come lo chiama Dio.
Questa è l’esperienza di Elisabetta e Zaccarìa. Possiamo immaginarci la gioia. Nasce un bambino a una coppia di genitori anziani che lo aspettava da decenni. Un miracolo. L’evento è sulla bocca di tutti, un po’ per la gioia, un po’ per la notizia. Una nascita del genere non passa inosservata. Ed ecco ora tutti si aspettano di udire il nome del bambino. Elisabetta lo dice con coraggio, contro ogni aspettativa: “Si chiamerà Giovanni”. Ma non è giusto, giusto sarebbe chiamarlo Zaccarìa. Nessuno la capisce, né la rispetta. La domanda aveva la risposta già pronta e non era quella che ha fornito Elisabetta.
A volte facciamo le domande ma non vogliamo ascoltare le risposte. Invece Dio ce le dà sempre, a volte possono essere diverse da quelle che ci immaginiamo, non per stravolgere i nostri piani ma per farci partecipi del progetto salvifico. Elisabetta aderisce alla volontà di Dio, usa il futuro per indicare il nome di Giovanni: “Si chiamerà Giovanni”; Zaccarìa invece lo dice al presente: il bambino non ha un altro nome. Siamo stati chiamati da Dio per nome da sempre. “Giovanni è il suo nome”. Zaccarìa lo capì nei mesi del silenzio, quando Dio gli ha fatto guardare il realizzarsi della promessa a cui lui non ha creduto. Quel nome ricorderà a tutte le generazioni che “Dio è misericordioso” anche quando a noi manca la fede.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
Il commento di oggi è proposto da Gabriela Rogowska.