Ogni uomo nella sua vita desidera capire come funziona il mondo e come evolve la storia. Il bambino piccolo che di ogni cosa chiede “perché?” è l’immagine più fedele della sete di conoscenza dell’umanità. Del resto nell’atto di consegna della creazione ad Adamo ed Eva è scritto di dominare la terra. Dove dominare non significa sfruttare, insudiciare, spremere fino all’ultima goccia, ma comprendere i fenomeni e gli avvenimenti per governarli al meglio.
Lo studio e la ricerca sono modalità di partecipazione all’azione di Dio Creatore, e per questo sono cosa buona. I discepoli di Gesù non sono chiamati a chiudere gli occhi di fronte ai fatti della natura e della storia, ma al contrario, a riflettere su questi fenomeni, a partire dalla ricerca delle loro cause, perché mondo e storia possano svilupparsi nella pace, nel rispetto e nella giustizia.
Quello che non è nella disponibilità dell’uomo è la pretesa di voler vedere dove sta la fine della storia. Nel giardino di Eden Adamo ed Eva non accettarono la loro condizione di creature e pensarono scioccamente di assumere le prerogative di Dio. Gesù esorta i suoi a non cercare chiavi interpretative assolute, a non dare credito a chi spaccia affermazioni o visioni che dovrebbero rivelare il senso del tutto. Anche se la tensione a capire rimane altissima—ed è giusto che sia così—il cristiano sa di camminare nella fede e non ancora in visione.
Le parole di Vasco Rossi “Voglio trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha” non rappresentano esattamente la postura dell’uomo di fonte a Dio. Noi non pretendiamo di trovare il senso di questa storia, ci limitiamo a credere che questa storia un senso ce l’abbia, perché è nelle mani buone di Dio.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
I commenti di questo mese sono curati da Luisa Prodi