Il vangelo di oggi è tratto dal quinto capitolo di Giovanni che sarà meditato in tutta la sua estensione nei prossimi giorni. Nella pericope continua l’incomprensione tra quanti sono radicati sulle letture tratte dal Primo Testamento e vivono applicandole rigidamente e l’interpretazione che ne dà il Maestro quando privilegia sempre la creatura.
Il brano, come lo sarà anche quello di domani, si sofferma (anche) sul “quando” avviene la scena della guarigione di un malato. Non sappiamo se fosse infermo, cieco, zoppo oppure paralitico. Ai Giudei non interessava sapere quale fosse la sua malattia, né sembra fossero nemmeno colpiti dal segno stra-ordinario di una guarigione avvenuta senza ricorso a medicine e a medici.
Gesù di Nazaret, sanando una persona, non ha infranto la legge. Gli viene contestato il “quando”. Giovanni riporta per ben tre volte che il segno compiuto dal Salvatore avvenne di sabato. E questo per i Giudei era gravissimo. Più dell’uomo malato e ora guarito, colpiva il mancato rispetto di shabbat da parte di quella strana persona che sempre più, ai loro occhi, costituiva un pericolo. Al punto che “i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato”.
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Anche in questo brano emerge la distanza tra il comandamento, pur presente nella Parola ricordata allo scriba: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”, e la prassi religiosa. I Giudei arrivano a rimproverare addirittura il malato ora guarito, consapevoli, piuttosto, che era arrivato il momento di colpire il responsabile che con le parole e con i gesti non rispettava la legge.
Né i Giudei né il guarito hanno compreso che il Figlio di Dio era il portatore di una notizia diversa e buona: il Padre ama tutte le sue creature e a tutte rivolge il suo sguardo misericordioso perché desidera che nessuno sia escluso dal Regno.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi