Questo brano ci invita a compiere tre gesti: praticare la carità, quindi la condivisione con l’altro; praticare la preghiera, quindi il colloquio personale con Dio, e il digiuno.
Tuttavia, questi gesti vanno fatti senza la ricerca dello sguardo dell’altro, senza cercarne l’approvazione. Infatti, il motivo di tali gesti è la ricerca della relazione col Signore che nasce dal bisogno di sentirci accolti da lui, e Dio è l’unico a poterlo fare incondizionatamente perché siamo suoi figli.
Fare come i farisei, agire scrupolosamente secondo la legge ma mantenendo un atteggiamento superficiale nella relazione con Dio, porta invece ad essere schiavi dei gesti e a vivere la relazione col Signore come un peso, un contratto tra una datore di lavoro e un dipendente.
Conoscendo il motivo dei nostri gesti, che risiede ben lontano dall’assenso degli altri, riusciremo invece a godere della libertà della relazione col Signore.
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Liberandoci dal godimento dell’apprezzamento umano, possiamo essere colmi della gratitudine verso Dio. Egli infatti non ci chiama più servi, ma amici. Quindi, l’unica cosa che ci deve interessare è essere consapevoli di essere figli di Dio, e già in questo avremo la nostra ricompensa, per cui sarà spontaneo non voler ricercare altra approvazione nei nostri gesti e piuttosto orientarci nel cercare la relazione col Signore in ogni momento.
Per riflettere
Riesco ad agire senza la ricerca dell’approvazione dell’altro, ma seguendo i miei principi? Ci sentiamo liberi in quanto figli di Dio? Quanto è per noi un peso comportarsi da figli di Dio?
✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 6,1-6.16-18
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi