Oggi meditiamo la Parola ricavata dall’evangelista Matteo, incentrata sulla figura di Giuseppe che ricordiamo il 19 marzo. Il custode del Redentore è un personaggio “muto”: non parla mai. Non conosciamo la sua fine, né viene ricordato nei simboli di fede che professiamo nella celebrazione eucaristica. Eppure nei fedeli non è mai venuta meno l’attenzione allo sposo della Vergine Maria.
È ancora ben nota una delle preghiere più conosciute che risale al XVIII secolo. Una delle più recenti è di pochissimi anni fa. Un dottore della Chiesa prima e l’attuale vescovo di Roma oggi ci aiutano a non dimenticare l’uomo in cui Maria ripose la sua fiducia e la sua vita. Non a caso il suo nome è stato recentemente introdotto anche nella preghiera eucaristica.
Giuseppe è un nome che potrebbe essere tradotto con “il Signore aggiunga altri figli”: nome che disegna fin dall’inizio la sua incredibile storia. È un uomo di fede. Il suo silenzio rimanda all’importanza dell’ascolto. “Ascolta Israele” è un comandamento dal quale ricavare la prassi di fede da vivere nella quotidianità. Il suo agire è la conseguenza dell’ascolto della Parola e della chiamata ricevuta dall’angelo. Matteo lo presenta come “giusto”. Lo è perché conosce la legge in vigore (e la conoscevano bene gli avversari di Gesù) ma ad essa contrappone Maria, autentico centro del suo agire (infrangendo la legge). È “giusto” non secondo le regole, ma secondo la sua umanità e fedeltà alla chiamata ricevuta.
- Pubblicità -
All’intervento dell’angelo risponde obbedendo alle sue parole. Come accadrà poi al pubblicano Matteo: entrambi convinti del loro agire, entrambi capaci di ascoltare e poi vivere la chiamata ricevuta.
Giuseppe portò Maria da Nazaret a Betlemme; con lei condivise il dramma di non trovare alloggio e di partecipare al parto. Protesse la sua famiglia fuggendo in Egitto e li fece poi tornare a Nazaret. Un marito e padre premuroso!
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi