Colui che aveva ricevuto un solo talento, mette le mani avanti, manifestando il pensiero che lo ha paralizzato: Da quando mi hai dato il talento, io sapevo che sei un uomo duro, esigente, arbitrario, che fa ciò che vuole, raccogliendo anche dove non ha seminato. Con queste sue parole il servo confessa di essersi fabbricato un’immagine distorta del Signore, un’immagine plasmata dalla sua paura e dalla sua incapacità di avere fiducia nell’altro: egli considera il padrone come qualcuno che gli fa paura, che chiede una scrupolosa osservanza di ciò che ordina, che agisce in modo arbitrario.
Avendo questa immagine in sé, ha scelto di non correre rischi: ha messo al sicuro, sotto terra, il denaro ricevuto, e ora lo restituisce tale e quale. Così rende al padrone ciò che è suo e non ruba, non fa peccato… Ma ecco che il Signore va in collera e gli risponde: Sei un servo malvagio e pigro.
Malvagio perché hai obbedito all’immagine perversa del Signore che ti sei fatta, e così hai vissuto un rapporto di amore servile, di amore “costretto”. Per questo sei stato pigro, inaffidabile, non hai avuto né il cuore né la capacità di operare secondo la fiducia che ti avevo accordato. Non hai fatto neanche lo sforzo di mettere il talento in banca, dove sarebbe stato fruttuoso, dandomi interessi. Non hai avuto cura del mio bene affidato a te.
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Sì, lo sappiamo: è più facile seppellire i doni che Dio ci ha dato, piuttosto che condividerli; è più facile conservare le posizioni, i tesori del passato, che andarne a scoprire di nuovi; è più facile diffidare dell’altro che ci ha fatto del bene, piuttosto che rispondere consapevolmente, nella libertà e per amore. Ecco, dunque la lode per chi rischia e il biasimo per chi si accontenta di ciò che ha, rinchiudendosi nel suo “io minimo”. Questo servo non ha fatto il male; peggio ancora, non ha fatto niente! (Enzo Bianchi)
Per riflettere
Perché a volte nascondi i tuoi talenti? Pigrizia, sfiducia in te stesso, egoismo?
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi