Questo brano di Vangelo, così duro e di difficile comprensione lascia interdetti. L’impietoso giudizio di Gesù colpisce duramente chi non riconosce i testimoni di Dio, chi li perseguita, e soprattutto la generazione che perseguiterà il figlio di Dio. Questo linguaggio duro suscita un immediato rifiuto in coloro ai quali si rivolge: è un naturale istinto di conservazione, ma chiude ogni possibilità di cambiamento.
Quando ciò che la Chiesa o il Vangelo ci propone è duro, e suscita in noi una reazione di rifiuto, occorre decidere se fermarsi alla reazione o essere disponibili a cambiare idea, a indagare cosa vuole comunicarci il Signore.
In questo brano viene sottolineata inoltre l’importanza della parola, e in particolare l’attenzione da tenere su ciò che diciamo di coloro che sono intorno a noi e i giudizi che diamo. La maldicenza, il pettegolezzo o le parole che nascono dall’invidia e dall’orgoglio sono infatti un veleno che impedisce di accostarsi al bene.
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Soprattutto all’interno della comunità sono una grave responsabilità: esse spostano infatti lo sguardo dal motivo per cui si sta insieme, la presenza di Gesù (“dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”), alla parte umana e peccatrice della persona, ovvero quella legata al peccato originale.
Il focus del rapporto tra le persone si sposta così sul livello puramente umano, istintivo, animale, e quante comunità soffrono per questa fatica! L’unico legame che può unire persone diversissime e con caratteri anche incompatibili è lo sguardo rivolto alla salvezza, all’eternità. Non esiste altro modo perché possa crearsi ciò che è umanamente impossibile se non per l’intervento divino.
Per riflettere
Preghiamo perché vengano sanate le divisioni delle nostre comunità, e perché noi per primi teniamo gli occhi fissi su Gesù per diventare strumenti di pace.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi