Gesù ci chiede di vivere con profondità e verità ogni singolo giorno, secondo la sua volontà. Ci chiede la pazienza del servo fedele che con gli occhi rivolti verso il Cielo e i piedi ben piantati in terra, sa che il suo padrone un giorno tornerà.
L’attesa della venuta finale di Cristo, l’attesa di chi ama e desidera che giunga il momento dell’abbraccio, dovrebbe essere il filo conduttore della nostra vita. Dovremmo vivere non dimenticando mai che il cammino su questa terra è tutto improntato a quell’incontro, a quel momento di conclusione e ricapitolazione che rappresenta il fulcro su cui fare leva per ogni nostra azione, ogni nostro pensiero.
Solo nell’attesa vigile e fiduciosa potremo ascoltare il cuore ed esaminare la nostra vita, considerare che abbiamo delle responsabilità verso qualcuno o qualcosa: il Signore ci ha già affidato la sua “casa”, la società, il nostro compagno, i nostri amici, la famiglia.
La nostra vita è viva quando coltiva tesori di speranze e di persone; vive se custodisce un capitale di sogni e di persone amate, per le quali trepidare, tremare e gioire.
Ma ancora di più il nostro tesoro è un Dio che ha fiducia in noi, al punto di affidarci, come custodi diligenti, la grande casa del mondo, con tutte le sue meraviglie dentro.
“A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”, nessuno potrà falsificare il bilancio: chi ha ricevuto dovrà restituire i doni con i loro frutti, mentre chi li ha insabbiati, dovrà rendere conto della mancanza del suo operato.
Il nostro unico tesoro sia il volto di Dio, Dio nostro servitore, Dio Amore, pastore di costellazioni e di cuori, che verrà a chiudere le porte della notte per aprire quelle della luce, ci farà mettere a tavola, e passerà a servirci con le mani colme di doni.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
I commenti di questo mese sono curati da Centro Diocesano per le Vocazioni di Pisa