Questo brano è molto drammatico e splendido, unico, si trova solo in Matteo e ci offre la sintesi di tutta la sua teologia. Il giudizio di Dio sulla storia dipende da quello che faccio ora verso il più piccolo dei fratelli. Gesù desidera che noi ci riconosciamo nel più piccolo fra tutti, e questo è il centro della fede cristiana.
Il mistero di un Dio-povero come Gesù che sarà affamato, assetato, in croce, nudo, legato, ultimo di tutti. Noi troveremo sempre il Nostro Signore nell’ultimo degli uomini e ciò che facciamo all’ultimo è fatto a Lui e la misura di validità delle nostre azioni è la nostra attenzione verso l’ultimo. Tra l’altro oggi riusciamo a capire che se noi vogliamo salvare l’uomo basta avere attenzione verso l’ultimo.
E salvare davvero l’umanità dell’uomo vuol dire cambiare logica: uscire dalla logica della violenza ed entrare nella logica dell’accoglienza e del dono. Vuol dire cambiare vita, fare di una vita destinata alla morte, alla prepotenza, all’ingiustizia, una vita destinata alla vita, all’amore, alla giustizia. E allora Gesù ci scopre il giudizio futuro per dirci come agire con giudizio ora.
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Gesù si identifica con tutte le forme di povertà, questo è il primo punto. Il secondo è che Lui ci salva in quanto povero. Non siamo noi che aiutiamo i poveri, i poveri aiutano noi: è il povero che mi salva, dando al povero salvo me stesso, perché il povero è Cristo. Il povero è il povero cristo che porta su di sé il male del mondo, il male anche mio.
Dando a lui, io esco dalla logica del male ed entro nella stessa logica di Dio che dà tutto: dare al povero salva me, non lui. Per cui il problema non è togliere la povertà, è molto più radicale: è togliere quell’ ingiustizia, quella brama di ricchezza che crea la povertà. Il valore è la povertà. Il povero, l’ultimo, il carcerato, il malato rappresentano il valore.
È il grande mistero dell’identificazione del Cristo crocifisso con tutti i crocifissi della storia, dove a Lui continua ancora la sua passione per la salvezza del mondo. In un sistema di violenza come è ancora quello attuale essi la subiscono e quindi portano su di sé la nostra violenza, il nostro male. Continuano la storia di Cristo.
Riconoscendo in loro il mio male e soccorendoli, divento io stesso loro fratello e mi salvo diventando loro fratello, come uno che esce dalla logica della violenza e del male ed entra nella logica del dono e dell’amore. Non è per compassione, per pietà che si fa: è per nobiltà. Il Re si identifica ed ama immensamente quell’uomo povero ed ultimo.
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Per riflettere
La nostra vita sia eucaristia per gli altri, amando il prossimo come noi stessi.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi