Medita
L’insegnamento di Gesù che abbiamo meditato ieri è ripreso ed approfondito nel brano di oggi. Al dialogo con il giovane, ricco della Parola ma non perfetto nell’amore verso gli altri, segue ora lo stupore e l’incomprensione dei discepoli.
Il Maestro si serve di una immagine molto nota, che rappresenta la difficoltà di quanti possiedono “ricchezze” perché servi dei loro beni, rifiutando di riconoscersi “poveri” e quindi bisognosi di Dio.
Pietro, ancora una volta, dà voce alla comunità e alla preoccupazione che, probabilmente, serpeggiava tra loro. Dalle parole di Gesù ricavano l’impossibilità di aspirare al Regno. La difficoltà a comprendere il Nazareno si manifesta ancora di più nel racconto delle scelte compiute pur di seguire il Signore. Avevano già dato prova di saper rinunciare a qualcosa o qualcuno: chi a un lavoro, chi alla famiglia, tutti al luogo di appartenenza. “Cosa dunque ne avremo?” sta alla base del disagio vissuto dalla giovane comunità e che attraversa noi tutti: cosa ci guadagniamo? Quale il premio?
Il Risorto, come in molte altre occasioni, invita ad avere una prospettiva diversa da quella che chiede un contraccambio immediato e visibile, concreto e spendibile adesso. Sempre Matteo nel capitolo 25 specificherà che il Figlio dell’uomo giudicherà e dividerà i premiati che staranno alla destra da coloro che avranno rifiutato la proposta dell’Emmanuele e che saranno collocati alla sinistra.
Il Regno è per chi desidera la vera vita che non priva di senso quella umana, ma la riempie di significati e le dà il fine della sua esistenza. Il giovane ricco lo è anche nella conoscenza, ma è triste perché pensa, lui, di avere fatto quanto necessario.
Rischiamo anche noi di essere tra i primi a possedere gli strumenti per accedere al Regno, incapaci di servircene perché non li accettiamo fino in fondo. Ci sono gli ultimi nella ricchezza e nella conoscenza il cui stile di vita però è conforme al Regno. Questa povertà è garanzia di accesso.
Rifletti
A noi piace classificare chi è primo e chi è ultimo. Il Salvatore, però, trasmette una logica assai diversa dalla nostra. Chi di noi avrebbe premiato il ladrone che diventa “buono” solo nell’ultimo istante della sua vita?
Prega
A chi faccio torto se mi tengo ciò che è mio? Dice l’avaro.
Dimmi: che cosa è tuo?
Ti sei appropriato di quello che hai ricevuto perché fosse distribuito.
Chi spoglia un uomo dei suoi vestiti è chiamato ladro;
chi non veste l’ignudo pur potendolo fare, quale altro nome merita?
Il pane che tieni per te è dell’affamato; dell’ignudo il mantello che conservi nell’armadio;
dello scalzo i sandali che ammuffiscono a casa tua;
del bisognoso il denaro che tieni nascosto sottoterra.
(Basilio, Omelia 6, 7).
AUTORE: Claudia Lamberti e Gabriele Bolognini
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
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